Mohamed Lotfy, attivista e ricercatore di Amnesty International e direttore della Commissione egiziana per i diritti umani, al Fatto Quotidiano aveva raccontato come in Egitto continuino retate e torture, ma questo non avrebbe fermato la sua ricerca di verità sulla morte del giovane ricercatore friuliano.
Prosegue la pressione del governo egiziano sul consulente legale della famiglia Regeni in Egitto cui era stata “inspiegabilmente” arrestata la moglie e liberata dopo oltre sette mesi. Secondo quanto riporta La Repubblica personale della National Security, il servizio segreto civile, ha telefonato a Mohammed Lotfy per ordinargli di riportare ogni notizia che potesse essere utile a capire le mosse della famiglia Regeni. Lotfy, attivista e ricercatore di Amnesty International e direttore della Commissione egiziana per i diritti umani, al Fatto Quotidiano aveva raccontato come in Egitto continuino retate e torture, ma questo non avrebbe fermato la sua ricerca di verità sulla morte del giovane ricercatore friuliano. Secondo quanto riporta Repubblica la chiamata è arrivata dagli stessi uffici, che stando alle indagini della procura di Roma, aveva condotto l’attività di pedinamento e dossieraggio prima che fosse sequestrato, torturato e ucciso.
La Procura di Roma – che indaga su cinque ufficiali dei servizi segreti e della polizia investigativa de Il Cairo – ora sta svolgendo accertamenti anche sulle pressioni ricevute dopo l’esposto presentato dall’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia di Giulio Regeni. La denuncia è stato depositata ieri negli uffici della Digos di Genova e arriverà all’attenzione del pm Sergio Colaiocco nei primi giorni della prossima settimana. Nel documento l’avvocato Ballerini ricostruisce gli eventi delle ultime ore ritenendo “leso il diritto di difesa della famiglia Regeni” e “lo svolgimento dell’attività difensiva nel loro interesse, in particolare in relazione alla situazione processuale, con la recente iscrizione nel registro degli indagati di cinque ufficiali egiziani”.
Allo stato nel registro degli indagati di Roma sono iscritti il generale Sabir Tareq e i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, colonnelli, il maggiore Magdi Sharif e l’agente Mhamoud Najem, agente. Nei loro confronti il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano il reato di concorso in sequestro di persona. Dall’attività di indagine svolta nei mesi scorsi dal Ros e dallo Sco è emerso come abbiano avuto un ruolo nella fine del ricercatore friulano scomparso il 25 gennaio 2016 e trovato morto il 3 febbraio sulla strada che collega la capitale con Alessandria d’Egitto.