Sono una quarantina tra la Francia, il Nicaragua, l’Argentina, la Svizzera, persino il Giappone. L’arresto in Bolivia di Cesare Battisti fa tornare d’attualità un dossier rimasto per anni sulle scrivanie degli investigatori italiani: quello dei terroristi rossi e neri ancora latitanti. “Sono sicuro che le forze dell’ordine, con i servizi d’intelligence, potranno riassicurare alle galere altre decine di delinquenti, vigliacchi e assassini che sono in giro per il mondo a godersi la vita”, ha detto il vicepremier Matteo Salvini dopo l’arrivo in Italia dell’ex esponente del Pac.
In realtà molti dei latitanti all’estero hanno ormai acquisito cittadinanza straniera e quindi non sono più estradabili. Altri, invece, hanno trascorso talmente tanto tempo da latitanti che hanno incassato la prescrizione. È il caso di Oreste Scalzone, che aveva una condanna a 16 anni ma si è rifugiato in Francia ed è tornato libero dal 2007. La Francia è il Paese che per anni è stata l’Eldorato dei ricercati politici: almeno 400 persone condannate in Italia per crimini eversivi hanno trovato rifugio Oltralpe. Merito della cosiddetta dottrina Mitterand: secondo il presidente francese le leggi anti terrorismo approvate in Italia tra il gli anni ’70 e gli anni ’80 non erano condivisibili. “La Francia valuterà la possibilità di non estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili”, se i Paesi che chiedono l’estradizione hanno un “sistema giudiziario che non corrisponde all’idea che Parigi ha delle libertà”, era il ragionamento dell’ex inquilino dell’Eliseo. È in questo modo che proprio Battisti aveva trovato rifugio in Francia fino al 2004: poi, però, aveva fatto perdere le sue tracce, quando aveva capito che per lui si stava avvicinando l’estradizione per la condanna all’ergastolo. Era quindi riapparso a Rio de Janeiro, in Brasile, dove era stato arrestato nel 2007: detenuto fino al 2011, aveva poi ottenuto clemenza dall’ex presidente Lula. Fino all’arresto in Bolivia di domenica.