Soldi, diamanti, Rolex, viaggi a Dubai, auto e pure la ristrutturazione di una casa. Per questo i due magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi, con l’intermediazione di alcuni avvocati, aggiustavano i processi a carico di facoltosi imprenditori baresi e toscani, tra cui Luigi Dagostino, re degli outlet ed ex socio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. È il “programma criminoso” emerso dall’inchiesta coordinata dai pm Leonardo Leone de Castris e Roberta Licci che conta in totale 18 indagati. I due magistrati sono ora in carcere, arrestati su richiesta della procura di Lecce che ha ricostruito i flussi di denaro: Savasta avrebbe intascato quasi mezzo milione di euro, Nardi un qualcosa come 1.300.000 euro. Associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso sono le accuse di cui rispondono. I fatti contestati vanno dal 2014 al 2018, ma per i pm ce ne sono altri documentati fino a dieci anni fa, ormai prescritti. I due magistrati erano in servizio a Trani in quel periodo. Ora Savasta è giudice del Tribunale di Roma, mentre Nardi è pm a Roma ed in precedenza gip a Trani e magistrato all’ispettorato del ministero della Giustizia. Per loro il gip Giovanni Gallo ha disposto la misura cautelare più restrittiva, per un motivo ben preciso: era in corso un “gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio”, ha spiegato il procuratore capo De Castris.
Il ruolo di Dagostino – Nell’inchiesta, con un ruolo più marginale, è coinvolto anche l’imprenditore Dagostino, socio di Tiziano Renzi e della moglie nella società Party Srl, chiusa dopo due anni a causa – dissero in una nota i diretti interessati – “di una campagna di stampa avversa”. Dagostino era stato arrestato nel giugno scorso a Firenze e la Procura toscana ha poi trasferito una parte del fascicolo a Lecce, competente sui magistrati del distretto di Corte d’Appello di Bari: l’imprenditore, di origini barlettane, era stato indagato a Trani da Savasta per false fatturazioni relative alle sue imprese.. L’allora pm, secondo l’accusa dei magistrati salentini, lo avrebbe favorito evitando di fare “i dovuti approfondimenti sul suo conto” in cambio di denaro: tangenti, scrive il gip nell’ordinanza, da 20mila e 25mila euro. Per Dagostino, per cui i pm avevano chiesto i domiciliari, è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dell’attività imprenditoriale e di esercizio degli uffici direttivi per un anno.
I capi d’imputazione – Oltre ai due magistrati, è stato arrestato e condotto in carcere anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, in servizio al commissariato di Corato (Bari). Sono stati interdetti dalla professione per un anno invece gli avvocati Simona Cuomo, del Foro di Bari, e Ruggiero Sfrecola, del Foro di Trani. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo rispondono di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Gli altri indagati, 14 in totale esclusi i già citati, sono accusati, a vario titolo, di millantato credito, calunnia e corruzione in atti giudiziari. In particolare Dagostino e Sfrecola sono accusati di corruzione in atti giudiziari.
L’origine dell’inchiesta – L’intera inchiesta ha avuto origine da una serie di attentati dinamitardi avvenuti nel 2015 a Canosa di Puglia, ai danni di un discount, finito nel mirino del clan Piarulli-Ferraro di Cerignola. Così si è scoperchiato il vaso di Pandora da cui è emerso quello che appare come un “programma criminoso indeterminato nel tempo che, attraverso il costante ricorso alla corruzione di pubblici ufficiali, assicurava favori nei confronti di facoltosi imprenditori”. I due magistrati “avrebbero garantito positivi esiti processuali” nelle vicende giudiziarie in cui erano coinvolti gli imprenditori, “in cambio di ingenti somme di denaro e in alcuni casi di altre utilità tra cui anche gioielli e pietre preziose”.
Viaggi, rolex e diamanti – Il magistrato Nardi in particolare, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, ha ricevuto dell’imprenditore indagato Flavio D’Introno un viaggio a Dubai da 10mila euro, quindi la ristrutturazione di una casa a Roma costata, tra pavimentazione e pitturazione, circa 120/130mila euro. Il tutto, ricostruiscono i pm, “sia quale prezzo della propria mediazione che con il pretesto di dover comprare il favore dei giudici” in un processo presso il Tribunale di Trani in cui D’Introno era imputato e al termine del quale venne comunque condannato. Nardi ricevette poi da D’Introno anche somme di denaro e un orologio Rolex Daytona, per cercare di aggiustare il successivo processo d’Appello. Da ultimo, due diamanti da un carato ciascuno dal valore di 27mila euro per intervenire sul giudizio di Cassazione dopo che la Corte di secondo grado di Bari aveva comunque condannato D’Introno a cinque anni e nove mesi.
Le “tangenti” di Dagostino – Come emerge sempre dall’ordinanza, le indagini hanno provato una serie di versamenti di denaro effettuati, ad esempio, da Dagostino all’avvocato Ruggiero Sfrecola, somme “(almeno in gran parte) dirette a remunerare i favori effettuati dal Savasta nell’interesse” dell’imprenditore: 20mila euro in contanti l’8 maggio 2015; altri 25mila euro tredici giorni dopo; ulteriori 4.500 e 3.500 euro tra gennaio e febbraio 2016. “Proprio nei giorni (precedenti o successivi) a quelli in cui il Dagostino” consegnava all’avvocato Sfrecola le somme – annotano i magistrati – “il pm Savasta compiva le attività in favore di Dagostino”.
I sequestri – Il gip Giovanni Gallo ha anche disposto il sequestro preventivo nei confronti degli indagati di beni che superano complessivamente i due milioni di euro di valore. In particolare, al magistrato Michele Nardi sono stati sequestrati beni per 672mila euro tra cui un orologio Daytona Rolex d’oro e diamanti, all’altro magistrato Antonio Savasta sono stati sequestrati beni per quasi 490mila euro. Altri 436mila sono stati sequestrati rispettivamente al poliziotto Vincenzo Di Chiaro e all’avvocata barese Simona Cuomo. All’imprenditore fiorentino Dagostino e all’avvocato Ruggiero Sfrecola altri 53mila euro.
Hanno collaborato Rosanna Volpe e Daniele Fiori