Il mondo sta vivendo una delle trasformazioni più radicali della sua storia. È in atto, e si è quasi compiuta, la devastazione e il saccheggio dei centri sacri della società così come era conosciuta nei sistemi che si sono succeduti nel corso del tempo. Per sacro debbono intendersi quei valori indiscutibili e inattaccabili che hanno rappresentato la struttura della forma Stato e del vivere comune. Il sacro si è mantenuto vivo e forte perché i suoi fortini sono stati protetti e sono risultati inviolabili. Il modello ha retto fino a quando il linguaggio, inteso come sistema simbolico attraverso cui la società organizza gli elementi che la compongono, ha mantenuto la medesima struttura valoriale e comunicativa.

D’improvviso è tutto cambiato: il linguaggio ha invertito la sua marcia e il sacro è stato disancorato dai suoi porti sicuri. Il sistema della rete e dei social network ha ribaltato, in tempi brevissimi, ogni forma di rapporto comunicativo e cognitivo. Nel primo Novecento il “Dio è morto” di Nietzsche aveva aperto la strada al “mondo liquido” e al postmoderno. Poi è nato, d’incanto, il nuovo linguaggio collettivo; dapprima ha trovato terreno fertile nel cannoneggiamento nietzschiano dei valori, poi ha saputo aprire la strada a nuovi sistemi di riferimento del sacro.

Paradossalmente, il nuovo si è affacciato in forma ludica attraverso le reti sociali, ma l’ontologia di questo altro dal passato è stato la prima espressione della futura mente collettiva. Le piattaforme di oggi di condivisione e formazione della conoscenza “dal basso in altro” sono ancora una forma ingenua di ciò che sarà il cognitivo del domani ma esse hanno già inciso così profondamente nella struttura del sistema simbolico di ragionamento, da assurgere a vere e proprie forme di mente estesa. Hanno cambiato il cervello dell’uomo rendendolo incompatibile con ogni forma di imposizione del vero da parte di qualsivoglia autorità.

La neo-struttura cognitiva, mettendo in congedo il sistema fondato su pochi detentori del verbo, ha catapultato l’umanità occidentale in un modello in cui, già in questa fase pionieristica, tutti partecipano al “banchetto delle idee”. È stata così inaugurata la nuova forma di società: la pancrazia collettiva. Giustizia, politica e fede, tradizionali caposaldi dello Stato di Diritto, hanno visto sgretolarsi i loro fortini, colpiti e distrutti dalle artiglierie dell’ultrapotenza del mondo collettivo.

L’Italia è il Paese guida di questa rivoluzione totale. Infatti, parte del suo mondo politico, attraverso l’esperimento del M5s, ha saputo intercettare il passaggio dalla società liquida alla nuova pancrazia, offrendo una struttura e dunque una nuova casa del sacro al rumore sociale. Il mondo della giustizia e della fede hanno subìto la stessa distruzione del sacro subìta dalla politica ma, non avendo geneticamente la fluidità che può permettersi quest’ultima, hanno ricevuto una trasformazione all’apparenza meno drastica ma, nella realtà, non meno penetrante. I valori della giustizia e della fede sono diventati infatti la merce più succulenta della pancrazia, subendo una torsione altrettanto rivoluzionaria. La giustizia, sorpassata la sua versione mediatica, ha convertito le sue componenti classiche (accusati, vittime, magistrati, avvocati e questioni di diritto) in merci del nuovo sistema pancratico. Il reato e i suoi protagonisti sono divenuti griffe di marca e prodotti pop da vendere come merci perché capaci di attrarre il gusto per il proibito al pari di quello per la facile moralità.

Anche la terza componente, tipica di ogni società, la fede, ha subìto la medesima metamorfosi. La distruzione dei baluardi classici del sacro ha favorito la proliferazione apolide, in versione personalistica e “all you can eat”, di ogni credo. La pancrazia è così assurta a nuova casa del sacro e del pensiero collettivo. Nessuno potrà più giudicare con snobismo intellettuale alla nuova struttura che raccoglie il rumore sociale dei tanti e che ha sradicato lo scettro del “magister” agli obsoleti sacerdoti dell’ “ipse dixit”. In un’intervista recente, il leader 5Stelle Di Battista, ha affermato, in maniera icastica, che “la gente del Movimento 5 Stelle è il datore di lavoro degli eletti”.

Tutto ciò presto invaderà il mondo. La riprova che pancrazia sia un destino inevitabile la si ha osservando come, chiunque non abbia adottato forme di pancrazia che facciano scaturire le idee dalla moltitudine del pensiero collettivo, sia finito a margine del dibattito politico, a prescindere dalle tesi sostenute. Quello di cui c’è bisogno, specialmente in Italia dove la pancrazia è realtà, è che le idee diverse, nuove e di opposizione si organizzino secondo il sistema imposto dal nuovo linguaggio, abbandonando il paradigma desueto dell’ipse dixit. È assai pericolosa questa cecità diffusa. Il rischio è che il M5s resti l’unica forza capace di comprendere il sistema cognitivo di oggi, così facendosi monopolista della comunicazione efficace, trasformando la pancrazia nella tirannide dell’unica voce. La democrazia classica è oramai asfittica e la pancrazia a più voci è l’unico sistema possibile, la sola nuova casa del sacro per il futuro.

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