Secondo la ricostruzione del Sole 24Ore, l'annuncio è stato dato lunedì durante il punto fatto al Mise da Infratel, il Comitato di indirizzo e monitoraggio, sul piano approvato nel 2015. Priorità anche al venture capital e al Fondo nazionale innovazione, guidato dalla Cassa deposito e prestiti
Seicento nuovi cantieri entro giugno 2019 e un totale di 3100 pose per la fibra entro fine anno. Questa la previsione del ministero dello Sviluppo economico sul piano banda ultralarga (Bul), approvato nel 2015, che ha già visto l’avvio di 1200 cantieri. Secondo il punto fatto lunedì dal Comitato di indirizzo e monitoraggio Infratel, soggetto concessionario del Bul, l’accelerazione digitale sarà ancora più decisiva nel 2020.
Tanti i temi usciti dalla riunione alla quale ha partecipato anche Marco Bussone, presidente dell’Uncem, l’Unione nazionale Comuni Comunità enti montani. Bussone ha discusso con il Comitato eventuali iniziative per permettere ai paesi di montagna di superare il digital divide, favorendo così lo sviluppo di servizi di nuova generazione. Anche a questo è finalizzato il progetto WiFi Italia, da 53 milioni, per dotare ogni comune svantaggiato di almeno una postazione di wifi pubblico. Il programma coinvolgerà in tutto 3090 comuni, 140 delle aree colpite dal terremoto del 2016 e altri 2950 sotto i 2000 abitanti, e partirà a fine gennaio con la pubblicazione del primo bando.
Oltre a fare il punto sui progetti già avviati, Infratel sta valutando anche la possibilità di far partire ulteriori due interventi, uno rivolto alle aree grigie del Paese, quelle cioè dove è presente un unico operatore, e l’altro finalizzato ai voucher per introdurre manager specializzati nelle piccole e medie imprese, finanziato dalla manovra con una dotazione di 75 milioni di euro in tre anni.
Allo studio anche i decreti attuativi per il venture capital con l’obiettivo di farne un mercato competitivo. L’urgenza, come riportato dal Sole24ore, è quella di far decollare il Fondo nazionale innovazione, guidato dalla Cassa depositi e prestiti (90 milioni nel triennio), ma anche lo sblocco dei Pir (Piani individuali di risparmio) che hanno l’obbligo di investire il 5% in azioni o fondi di venture capital e che sono rimasti fermi in attesa di nuove regole.