Erano considerati imprenditori anti-clan, tanto da aver creato una fondazione che organizza eventi contro la camorra. La Polizia di Stato ha arrestato per concorso esterno in camorra, nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli, tre imprenditori originari di Casapesenna (Caserta), ovvero Armando Diana e i nipoti Antonio e Nicola Diana, quest’ultimi figli di Mario, ucciso 30 anni fa dalla camorra e ritenuto vittima innocente.

Dalle indagini coordinate dalla Dda partenopea e realizzate dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta sarebbe emerso un vero e proprio patto criminale stretto dai Diana con il clan dei Casalesi, in particolare con il boss Michele Zagaria, originario di Casapesenna come i Diana. Il patto avrebbe permesso ai tre imprenditori – finiti ai domiciliari su ordine del gip del Tribunale di Napoli – di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere loro di raggiungere una posizione imprenditoriale privilegiata; in cambio il clan avrebbe ottenuto dai Diana prestazioni di servizi e utilità, quali il cambio di assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione di Zagaria.

In particolare i fratelli Antonio e Nicola gestiscono l’Erreplast, azienda ubicata a Gricignano d’Aversa che ricicla la plastica raccolta con la differenziata. Negli anni i Diana hanno conquistato una posizione di primo piano nel loro settore economico, divenendo veri e propri testimonial della legalità; più volte hanno denunciato l’illegalità diffusa nel Casertano e soprattutto l’ingerenza della camorra nell’imprenditoria.

Nel 2010 Legambiente nominò Antonio Diana ambientalista dell’anno. Nella loro azienda inoltre, i Diana hanno assunto Massimiliano Noviello, figlio di Domenico, imprenditore ucciso nel 2008 dai killer dell’ala stragista dei Casalesi guidata da Giuseppe Setola perché aveva denunciato e fatto arrestare gli estorsori della camorra. La Fondazione creata dai fratelli Diana, e intitolata al padre Mario, assegna ogni anno delle borse di studio a giovani svantaggiati. Una posizione in ambito sociale e culturale oggi messa in discussione dall’indagine della Dda di Napoli; peraltro Antonio Diana è cognato del collaboratore di giustizia Michele Barone, ex fedelissimo proprio di Zagaria. Contestualmente alla notifica delle ordinanza, gli investigatori della Squadra Mobile hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di tutte le società, tuttora attive, riconducibili ai Diana, tra cui società di produzione e lavorazione materiali plastici, società immobiliari, ditte di imballaggi, esercizi commerciali, società di vendita veicoli industriali, società agricole, dislocate nell’agro aversano, nel capoluogo Caserta e nelle città di Napoli e Milano.

AGGIORNAMENTO del 31 maggio 2019

Su decisione della Cassazione del 30 maggio 2019 gli imprenditori sono tornati in libertà

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