Il principio di non ingerenza costituisce un principio fondamentale del diritto internazionale, direttamente collegato a quelli di eguaglianza sovrana e autodeterminazione che rappresentano le basi stesse dell’ordinamento internazionale vigente. Secondo Massimo Iovane, ordinario di diritto internazionale all’università “Federico II” e allievo del grande Benedetto Conforti, si tratta di “uno dei principi più importanti ai fini del mantenimento della convivenza pacifica all’interno della comunità internazionale” (La tutela dei valori fondamentali nel diritto internazionale, Editoriale Scientifica, 2000, p. 67).

Ebbene, questo principio di portata fondamentale viene oggi violato in modo sfacciato e brutale da uno schieramento internazionale capeggiato dal presidente statunitense Donald Trump e composto dagli Stati, sia latinoamericani che europei, che possiamo definire a tutti gli effetti vassalli degli Stati Uniti, compresa l’Italia guidata dal governo “del cambiamento”.

Mi riferisco all’aperto boicottaggio del Venezuela bolivariano che questi Stati hanno intrapreso in occasione dell’insediamento del presidente Nicolas Maduro, avvenuto giovedì 10 gennaio 2019. Come ho avuto modo già di riferire in questo blog sono stato testimone oculare, in quanto osservatore internazionale, delle elezioni svoltesi lo scorso mese di maggio che hanno visto la riconferma di Maduro da parte dei due terzi circa dei votanti, con una partecipazione al voto non inferiore a quella che si registra in molte altre situazioni. Nessuna questione di legittimità democratica può essere quindi sollevata.

Si aggiunga che, paradossalmente, fra i governi che oggi si ergono a giudici della legittimità di Maduro vi sono governi come quello della Colombia, Paese dove si registra praticamente ogni giorno l’assassinio, quasi sempre impunito, di qualche leader sociale o sindacale.

Sono del resto noti i motivi della profonda avversione dell’amministrazione Trump nei confronti del Venezuela. Gli Stati Uniti non tollerano governi che apertamente si dissocino, come hanno fatto quelli venezuelani ieri con Chavez e oggi con Maduro, dalla tradizionale subalternità neocoloniale dei governi latinoamericani nei loro confronti. Si aggiungano gli interessi molto concreti delle multinazionali statunitensi, come la Exxon Mobil, per le risorse petrolifere e di altro genere detenute dal Venezuela. Non a caso la Dichiarazione redatta dai Paesi vassalli degli Stati Uniti riuniti nel cosiddetto Gruppo di Lima, oltre a rappresentare un’ingerenza vietata dal diritto internazionale negli affari interni venezuelani, fa specifico riferimento al territorio conteso tra Venezuela e Guyana, le cui immense risorse petrolifere proprio la Exxon Mobil vorrebbe sfruttare a suo beneficio.

Questi sono i motivi reali della controversia e sono noti a tutti coloro che abbiano un minimo di conoscenza della storia e della situazione internazionale. Peraltro, il Venezuela ha ricevuto la solidarietà attiva e incondizionata di molti Stati, tra i quali grandi potenze come la Cina e la Russia, che hanno elevato severi moniti sulle gravi conseguenze che un’aggressione al Venezuela potrebbe avere. Dopo la ferma reazione del governo bolivariano, vari Stati firmatari della Dichiarazione hanno fatto marcia indietro, specie per quanto riguarda la questione del territorio conteso.

Il rischio di nuove violazioni rimane. Occorre quindi denunciare l’attacco alla sovranità venezuelana, sia perché viola il diritto internazionale, sia perché mette in pericolo la pace e la sicurezza mondiali. Ogni governo sensibile a tematiche di questa importanza dovrebbe prendere posizione in merito. Non è questo il caso del governo italiano “del cambiamento”. Nessuna sorpresa ovviamente, per quanto riguarda Matteo Salvini, grande ammiratore di Trump, o Giuseppe Conte, epigono della tradizione democristiana di fedeltà atlantica senza se o senza ma. Ma dai Cinquestelle, che poco tempo fa organizzavano interessanti convegni a sostegno dell’Alba e dei Brics, si sarebbe potuto aspettare qualcosa di diverso. L’impressione è che anche su questo terreno, come su molti altri, abbiano abbandonato le bandiere sventolate prima delle elezioni e del fosco connubio con Salvini & Co. per confluire nel deprimente trantran di qualsiasi governo italiano dal dopoguerra a oggi.

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