Tutto è partito da Trissino, dove si trova lo stabilimento della Miteni, che è finita sotto inchiesta, e il disastro ambientale, con gravi danni alla salute, riguarda potenzialmente 350mila persone. “Pfas in the water” è un video girato dalle donne che da anni si battono per la salute dei loro figli
Una famigliola felice, con tre bambini vivaci, in braccio ai loro genitori, attorno a un tavolo. Il papà si rivolge a uno dei ministri dell’ambiente europei. “Per i miei figli ho scelto il miglior pediatra, le migliori scuole e la migliore alimentazione. E intanto do da bere loro acqua avvelenata”. Un’altra mamma, un’altra bimba, un messaggio a un altro ministro: “È stato violato il nostro corpo, la nostra salute, la nostra falda. Manca la fiducia verso chi ci doveva proteggere”. E ancora, un altro padre di famiglia: “Ho coltivato con amore e in modo naturale i miei ortaggi. Purtroppo l’acqua del mio pozzo è piena di Pfas e ho avvelenato la mia famiglia”. Lo hanno intitolato “Pfas in the water”, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche, utilizzate nell’industria, che hanno inquinato in modo gravissimo la falda che scorre sotto il territorio di buona parte del Veneto. Tutto è partito da Trissino, dove si trova lo stabilimento della Miteni, che è finita sotto inchiesta, e il disastro ambientale, con gravi danni alla salute, riguarda potenzialmente 350mila persone che vivono nelle province di Vicenza, Padova e Verona. “Pfas in the water” è un video girato dalle “mamme No-Pfas” che da anni si battono per la salute dei loro figli. È un appello interpretato da trenta famiglie e rivolto personalmente, con nome e cognome, a tutti i ministri dell’ambiente dell’Unione Europea. È stato illustrato alla Camera dei Deputati durante un incontro che l’associazione ha avuto con il ministro all’ambiente italiano, Sergio Costa.
È una sequenza agghiacciante di accuse “Mio figlio soffre di ipertiroidismo e ha solo otto anni”. “I Pfas passano attraverso la placenta e si trasmettono attraverso il latte”. “Nostro figlio di 41 anni da vent’anni non vive più nella zona contaminata eppure nel suo sangue ci sono ancora i Pfas”. “Troppi bambini sono morti nel grembo materno”. “Rischio di essere sterile e ho solo 18 anni”. L’incontro ha affrontato la strategia del governo italiano su questo tema, da sostenere anche nei confronti della Comunità Europea, che non sembra propensa ad introdurre il divieto assoluto di utilizzo dei Pfas, “sia a catena corta che a catena lunga, che per tutti gli altri interferenti endocrini”. A sostegno di questa richiesta sono stati illustrati gli studi scientifici che dimostrano gli effetti sull’organismo, tumori, aborti spontanei, disfunzioni alla tiroide, alterazione dello sviluppo sessuale. Ed è stato spiegato come l’acqua contaminata della falda ricada anche sul ciclo alimentare, ovvero su agricoltori e allevatori che la usano per le loro attività.
“Pur apprezzando l’impegno, la schiettezza e la disponibilità del ministro – dichiarano le mamme – torniamo a casa non completamente soddisfatte, a causa delle lungaggini burocratiche che rallentano la soluzione del problema. Infatti, il ministro ha spiegato che a livello europeo la questione dei limiti zero Pfas non è facile da raggiungere, perché non tutti i paesi Ue sono sensibili a questo tema. L’Italia sta cercando di costituire una ‘minoranza di blocco’, alleandosi con altri paesi UE per avere peso nella votazione. Ma questo non è facile”. Le mamme impegnate in prima linea contro i Pfas hanno ricordato quello che nel 2003 diceva l’allora ministro della sanità, Umberto Veronesi: “Quando si tratta di salute, dobbiamo essere integralisti”. E hanno concluso: “Questo chiediamo, anche ai politici: siate integralisti poiché l’acqua è un bene primario”.