Quando la condanna per concorso esterno con la ‘ndrangheta, inflitta all’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, è diventata definitiva “si è mosso un mondo” che ha punti di contatto con la rete che avrebbe favorito la latitanza di Marcello Dell’Utri. Proprio per scoprire quel “mondo” e cosa si nasconde dietro, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha chiesto un’integrazione istruttoria nel processo Breakfast che vede imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola per aver favorito la latitanza dell’ex deputato e soprattutto per il tentativo di farlo trasferire da Dubai in Libano.
L’udienza di lunedì 14 gennaio, tenuta nell’aula bunker della città dello Stretto, è stata dedicata alle richieste del pubblico ministero che, adesso, dovranno essere valutate dal Tribunale. In particolare, il pm ha chiesto al giudice Natina Pratticò di sentire alcuni collaboratori di giustizia come Pasquale Nucera, Giuseppe Lombardo (solo omonimo del pm e conosciuto con il soprannome “Cavallino”, ndr) e Cosimo Virgilio.
A dicembre, la Dda aveva già modificato il capo di imputazione di Scajola e di Chiara Rizzo (la moglie di Matacena), accusandoli di aver agevolato “l’attività di un’associazione per delinquere segreta” collegata alla ‘ndrangheta da un rapporto “di interrelazione biunivoca, destinata ad estendere le potenzialità operative del sodalizio di tipo mafioso in campo nazionale ed internazionale”. Scajola, oggi sindaco di Imperia, era presente in aula mentre il procuratore aggiunto ha spiegato quello che già era emerso nell’informativa “Stato parallelo”, depositata nei mesi scorsi agli atti del processo.
“Il pubblico ministero – sono le parole del procuratore Lombardo – ha in mano una serie di elementi come il collaboratore di giustizia Nucera Pasquale che a un certo punto introduce un tema devastante. Ascoltato dai colleghi di Palermo, il collaboratore Nucera illustra quello che è stato il disegno criminoso portato avanti da ‘ndrangheta e Cosa nostra nel periodo delle stragi continentali. Lo fa indicando un summit di ‘ndrangheta avvenuto il 28 settembre 1991 a Polsi. A questo summit hanno partecipato tutti i soggetti di vertice dell’epoca a partire dai fratelli Tegano, Santo Araniti, i Mazzaferro di Taurianova, i Mazzaferro di Gioiosa Jonica, Marcello Pesce, i Versace di Polistena, i Versace di Africo, Antonino Molé, due dei Piromalli, Antonino Mammoliti e altri”.
Un incontro riservato non solo i padrini dell’onorata società calabrese. Ma anche alla politica. “Nucera – aggiunge infatti il pm – su quanto ha affermato è stato già dichiarato attendibile varie volte e riscontrato soprattutto su un passaggio e cioè la presenza di Antonino Mammoliti di Castellace il quale avrebbe partecipato a questo summit di ‘ndrangheta unitamente all’onorevole Matacena”. Da qui le ragioni di un approfondimento che, secondo la Procura, è imprescindibile se si vuole fare piena luce su alcune vicende che interessano non solo la Calabria.
“Questo dato iniziale, ha rilevanza in questo processo oppure no? – si domanda il procuratore aggiunto – Ha rilevanza in questo processo nella misura in cui siamo chiamati a capire per quale ragione, nel momento in cui la sentenza a carico di Matacena Amedeo passa in giudicato, alcune persone si muovono per agevolarne la latitanza? La ‘ndrangheta è una struttura verticistica al cui livello più alto è posta una cupola”.
Qui entrano in gioco le dichiarazioni di un altro pentito, un tempo uomo di fiducia del boss di Archi Pasquale Condello, alias il “Supremo”, latitante per più di 20 anni e arrestato dal Ros il 18 febbraio 2008. “Per averlo appreso da Pasquale Condello, – ricorda il pm – il pentito Giuseppe Lombardo detto ‘il Cavallino’ dice che di quella cupola farebbe parte Amedeo Matacena, proprio per il suo ruolo politico”. Passano gli anni e quando Matacena finisce nei guai perché condannato in uno stralcio del processo “Olimpia”, stando alle risultanze investigative della Dia, è successo qualcosa che gli ha garantito di restare libero. “Perché ci si è mossi in un certo modo a favore di Matacena? E soprattutto perché vengono fuori una serie di parallelismi tra Matacena e Dell’Utri che non è uno dei tanti?”, sono sempre le domande che il procuratore Lombardo pone al Tribunale nella richiesta di un’ulteriore istruttoria dibattimentale.
A proposito del fondatore di Forza Italia, “si è avvalso legittimamente della facoltà di non rispondere. Come ha fatto legittimamente Vincenzo Speziali che ho già indicato come soggetto di grande rilievo per capire cosa è successo”. Le indagini della Dia, infatti, lasciano una serie di interrogativi anche sulle famose “cene romane” a casa di Giuseppe Pizza dove avrebbe partecipato anche il leader delle falangi libanesi Amin Gemayel, parente acquisito di Vincenzo Speziali. Per la Procura occorre capire “in quale modo qualcuno ha cercato di fare intervenire Amin Gemayel”.
“Purtroppo – si rammarica il procuratore Lombardo – ancora non siamo riusciti a sentirlo”. Farlo avrebbe consentito di scoprire “se si è mosso un mondo, ruotante attorno a Pizza Giuseppe che, anche lui, non è un perfetto sconosciuto ma che ha rivestito dei ruoli politici in un governo Berlusconi e che, a un certo punto diventa il legittimo detentore del simbolo della Democrazia cristiana”.
Associazione segreta, ma anche massoneria. “Ci sono dei soggetti – sostiene il pm riportando le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Cosimo Virgilio – che a verbale dicono: ‘L’onorevole Scajola è collegato a determinati ambienti’. Tutto da dimostrare ma a questo serve il processo. Dobbiamo capire se nel momento in cui la sentenza a carico di Matacena Amedeo diventa definitiva, un certo mondo si è mosso. Ma nessuno contesta l’appartenenza a quel mondo degli odierni imputati. Infatti si contesta l’agevolazione di quel determinato mondo. Cosimo Virgilio in questo nuovo verbale di interrogatorio, spiega una serie di circostanze e soprattutto indica elementi utili riferibili ai fratelli Massimo e Giuseppe Pizza e agli ambienti massonici da lui frequentati”.
Il riferimento è al verbale in cui il pentito dice al pm: “Guardate che all’interno di quel mondo io ho visto anche l’onorevole Scajola”. “Cosimo Virgilio – conclude il procuratore aggiunto di Reggio Calabria – ce lo spiega quale può essere l’interesse a proteggere un latitante come Matacena. A me lo ha spiegato. Ritengo che comprendere quale possa essere questo interesse, serva a capire determinate condotte in quale contesto sono maturate”. Il processo è stato rinviato al 28 gennaio quando il Tribunale scioglierà la riserva e deciderà se, nel processo a carico di Scajola, sia “determinante” capire i contorni di quest’associazione segreta.