Restano, su Netflix, gli stand up comedians statunitensi: lì, il politicamente scorretto va ancora di moda (nonostante Trump) e questa è una cosa che aiuta molto nella costruzione di sketch, one man show, o semplici battute. Qui nel Bel Paese, invece, oltre ai social che arrivano prima, alla realtà che fa ridere più di qualsiasi sceneggiatura, ai comici che hanno perso la verve, ci si è messa pure la mannaia del politicamente corretto ad ogni costo
“Alla televisione oggi non si ride più, io non rido più“. Nemmeno noi, sai Renzo? E non perché i tempi siano così bui da soffocare in gola il riso. Non ridiamo più perché nessuno è più capace di farci ridere, almeno in televisione. E le ragioni sono svariate.
“Renzo” è Arbore (d’altronde era difficile che la citazione fosse di un qualche altro Renzo molto famoso, che ne so, Renzo Tramaglino) e queste parole le ha dette qualche tempo fa durante una lezione all’Università La Sapienza. Da allora non è che sia cambiato granché. Far emozionare o far ridere la gente attraverso la tv è sempre più complicato. Sarà che siamo diventati aridi e che il nostro senso dell’umorismo vacilla? Può darsi. Ma più probabilmente, dietro al fatto che sempre più spesso, di fronte a uno spettacolo comico in tv, si rimane imbarazzati e non si arriva nemmeno a sorridere o a fare una smorfia sghemba, ci sono altre ragioni.
I social, pieni zeppi di battutisti seriali capaci di rendere ogni tentativo di comicità catodica maldestro e poco efficace. E se ai social ci aggiungi che la realtà ha ormai preso derive così grottesche da far ridere lei stessa, solo ad osservarla da cronisti, il giochino è fatto. Un esempio? Le battute sull’attualità politica o le imitazioni di personaggi politici. Il povero comico non fa in tempo a fare l’una o l’altra che su Twitter, la stessa cosa, si è vista prima e meglio. Si è riso di più, e si è pure condiviso senza sforzo con i nostri amici. Certo, la possibilità di fare ironia e satira sull’attualità politica in tivù è sacrosanta e nessuna forma di censura è tollerabile (sempre bene dirlo, non si sa mai).
Ma qui il discorso è diverso. Qui siamo al “io faccio una battuta e tu ridi, poi magari se “gioco di fino”, rifletti anche”. Cosa che in tv non riesce più a nessuno. Roberto Benigni, prima di innamorarsi del Vangelo e dalla Costituzione, faceva ridere. Renzo Arbore e Nino Frassica facevano ridere (Nino qualche sorriso te lo strappa ancora). Cochi e Renato facevano ridere, solo per fare qualche esempio. E oggi? A ben guardare e alla faccia di chi lo snobba, l’unico capace di strappare quasi sempre una risata è Checco Zalone. Sia al cinema che in tv (dove va poco, perché mica è scemo: le cose che stiamo scrivendo le sa). Aggiungiamoci Fiorello, qualche sprazzo di Crozza, una dose (sovrabbondante?) di Virginia Raffaele e una spolverata di Saverio Raimondo. Fine. Stop. Si può perlustrare il fondale della “vecchia guardia” o guardare in superficie alla ricerca di “nuovi comici” senza trovare il benché minimo spunto.
“C’è chi si diverte molto con Made in Sud e Colorado”, mi dice un amico. E c’è da essere contenti per loro: ridere, si sa, fa bene. Un applauso, sul fronte programmi, va fatto a La tv delle Ragazze, che ha riportato un registro comico satirico in tv in modo leggero e molto piacevole. Poi? Basta. Anche a livello di show. Perfino quei “diavoli” della Gialappa’s hanno portato a casa un risultato stiracchiato, e non solo all’auditel ma anche come verve comica. Restano, su Netflix, gli stand up comedians statunitensi: lì, il politicamente scorretto va ancora abbastanza di moda (nonostante Trump) e questa è una cosa che aiuta molto nella costruzione di sketch, one man show, o semplici battute. Qui nel Bel Paese, invece, oltre ai social che arrivano prima, alla realtà che fa ridere più di qualsiasi sceneggiatura, ai comici che hanno perso la verve, ci si è messa pure la mannaia del politicamente corretto ad ogni costo. Di una cosa possiamo essere abbastanza certi: non sarà una risata fatta davanti alla tv, a seppellirci.