Franco è morto in un letto di ospedale, dopo l’ennesimo ricovero per una malattia inguaribile ai polmoni. Al suo capezzale non c’era nessuno. L’orario delle visite era finito da un pezzo. Franco, 90 anni, aveva il diritto di morire senza soffrire a casa sua, tra le braccia di sua moglie e dei tre figli. Ma in provincia di Caserta ha avuto la sfortuna di non poter ricevere le ultime cure a domicilio. Mancava il personale sanitario. Lucia, 89 anni, da otto è allettata e nutrita con un tubicino. È affetta da una malattia neurodegenerativa. Lei però ha la fortuna di vivere a Mantova, dove da un anno è seguita da un’equipe specializzata in cure palliative. Viene medicata due volte la settimana e ha un’assistenza di 24 ore su 24 in caso di bisogno. Quando il suo corpo deciderà di andarsene per sempre, lo farà nella sua camera da letto tra le fotografie appese al muro del suo matrimonio e dei suoi nipoti.
Le cure palliative, cioè l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti ai malati che non rispondono più ai trattamenti e al loro nucleo familiare, purtroppo non sono ancora per tutti. E a distanza di quasi nove anni dalle legge 38 che le ha istituite, si conoscono poco. A essere disinformati non sono soltanto i cittadini, ma anche i medici di base che dovrebbero attivare il servizio per il paziente. Capita poi che qualcuno faccia finta di niente. Visto che il paziente fragile è più remunerativo. “La asl riconosce al medico 17 euro lordi per ogni visita a domicilio contro i 3,50 al mese per gli altri assistiti. Se il malato viene inserito in un percorso di cure palliative, il medico di base torna a essere pagato secondo la tariffa ordinaria” spiega Pina Onotri, segretario generale del Sindacato dei medici italiani (Smi). Ma i veri problemi sono altri. Per esempio nel Lazio, dove lavora lei, “quando il medico vuole attivare l’assistenza domiciliare integrativa, anche per i malati terminali, ha le mani legate. Per richiedere il fisioterapista ho bisogno della prescrizione dello specialista, per ordinare i pannoloni serve quella dell’urologo, per un esame cardiologico idem. Ed essendoci liste di attesa anche di sei mesi o un anno va a finire che alla famiglia tocca arrangiarsi. La asl – tira le somme Onotri – da sola non ce la fa a garantire le cure palliative di base, non ha abbastanza personale, e si deve appoggiare ad associazioni esterne”. Critica anche Francesca Bordin, oncologa palliativista all’hospice di Grottaferrata (Roma) e referente regionale della Società italiana cure palliative (Sicp): “Il servizio di assistenza domiciliare non riesce a star dietro a questi malati che hanno bisogni quotidiani, a volte complessi, e sintomi che cambiano velocemente. E il personale non è reperibile sette giorni su sette, 24 ore la giorno. Chi dunque potrebbe essere seguito a casa arriva all’hospice, dedicato ai pazienti più gravi, e si crea un intasamento”.
Quando il medico vuole attivare l’assistenza domiciliare integrativa, anche per i malati terminali, ha le mani legate
I nodi della rete di cure palliative sono l’ospedale e le strutture residenziali (hospice) per i casi più complessi, l’ambulatorio sul territorio e il domicilio. L’accesso a questo servizio nella maggior parte dei casi è ancora limitato ai pazienti con il cancro. “Le asl qui difficilmente autorizzano l’ingresso ai pazienti non oncologici”, precisa la dottoressa. Eppure ne avrebbero diritto tutti i malati fragili, di solito molto anziani, con una o più patologie in stato avanzato da cui non possono più guarire. Oltre alla scarsa informazione e alle risorse ridotte, “c’è una resistenza culturale, le persone hanno difficoltà ad affrontare il tema della morte, e il medico di base fa fatica a dire all’assistito e i ai suoi cari che ormai non c’è più niente da fare – sottolinea Italo Penco, presidente della Sicp -. Più del 40 per cento dei malati oncologici muore in ospedale, magari senza nessuno al proprio fianco, anche se non c’erano più speranze. Perché lì e non nella propria casa? La morte è un momento delicato, che merita rispetto, in cui la persona vorrebbe dire l’ultima parola d’amore a un figlio o ricucire il rapporto con un amico o un parente. Tra l’altro un giorno di ricovero costa tantissimo al Ssn, fino a duemila euro in terapia intensiva, dove molto spesso spira il paziente oncologico. C’è poi un pregiudizio – aggiunge l’esperto -, il fatto di considerare le cure palliative esclusivamente come cure di fine vita. Questo concetto in realtà sta cambiando. Perché oggi la vita si è allungata ma la fragilità è aumentata, e i bisogni clinici, psicologici e assistenziali, in particolare per chi vive da solo, sono più complessi. Le cure palliative servono dunque a migliorare la qualità della vita e ad accompagnare dolcemente la persona alla morte”. Di strada ce n’è ancora tanta da fare: “Negli hospice, per dire, solo il 10 per cento dei malati è non oncologico”, osserva Penco.
Anche quando si parla di cure palliative, regione (e provincia) che vai, servizio che trovi. In Calabria la rete a livello domiciliare è poco sviluppata e in hospice i pazienti sono inviati soprattutto dagli ospedali. “Significa che sul territorio nessuno li intercetta”, spiega Francesco Nigro Imperiale, responsabile dell’hospice San Giuseppe Moscati dell’asp di Cosenza e referente regionale Sicp. Stessa storia in Campania. “A Napoli facciamo fatica ad attivare l’assistenza a domicilio” racconta Giuseppina Tommasielli, medico di base ed ex assessore allo Sport della città partenopea. Il collega di Teano (Caserta) Donato Pulcini alza gli occhi al cielo: “Qui è praticamente inesistente la rete. Noi medici di famiglia tentiamo di supplire ma non abbiamo le competenze specifiche”. In Puglia “le cure palliative sono a macchia di leopardo, non esiste una rete organizzata, tutto è lasciato alla buona volontà delle aziende sanitarie, ciascuna se vuole fa il suo protocollo di intervento – commenta Luca Savino, oncologo palliativista all’hospice di Grumo Appula, nel barese, e referente regionale Sicp -. In Regione è stato da poco istituito un gruppo di lavoro per mettere in piedi il sistema”.
Qui è praticamente inesistente la rete. Noi medici di famiglia tentiamo di supplire ma non abbiamo le competenze specifiche
Al nord si distingue in particolare la Lombardia, con buoni livelli di assistenza su tutto il territorio. “Virtuose anche Emilia Romagna e Trentino” aggiunge il presidente Sicp. Mentre in Piemonte, per fare un altro esempio, la situazione è più disomogenea. “Nell’asl di Asti le cure palliative a domicilio per i pazienti non oncologici non esistono e non avendo alternative questi entrano ed escono dall’ospedale – spiega Valerio Tomaselli, segretario aziendale Anaao dell’Asl astigiana -. Ci vorrebbe un piccolo esercito di infermieri sul territorio ma non ci sono abbastanza soldi”. A Torino le cose vanno meglio. “Sebbene l’80 per cento dell’assistenza domiciliare sia gestita da una fondazione e non dall’azienda sanitaria” precisa Giorgio Visca dell’hospice di Lanzo. “Finalmente – conclude il presidente Sicp – dall’anno accademico 2018/2019 nei corsi di laurea in medicina e infermieristica sono stati introdotti dei crediti formativi obbligatori in cure palliative”.
Diritti
Cure palliative a domicilio, poco personale e molti ostacoli per i “malati fragili”. E tra Nord e Sud resta il divario
Questo insieme di interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti ai malati che non rispondono più ai trattamenti, purtroppo non è ancora per tutti. E a distanza di 9 anni dalle legge 38 che le ha istituite, le cure si conoscono poco, anche tra i medici di base. Capita poi che qualcuno faccia finta di niente visto che il paziente fragile è più remunerativo
Franco è morto in un letto di ospedale, dopo l’ennesimo ricovero per una malattia inguaribile ai polmoni. Al suo capezzale non c’era nessuno. L’orario delle visite era finito da un pezzo. Franco, 90 anni, aveva il diritto di morire senza soffrire a casa sua, tra le braccia di sua moglie e dei tre figli. Ma in provincia di Caserta ha avuto la sfortuna di non poter ricevere le ultime cure a domicilio. Mancava il personale sanitario. Lucia, 89 anni, da otto è allettata e nutrita con un tubicino. È affetta da una malattia neurodegenerativa. Lei però ha la fortuna di vivere a Mantova, dove da un anno è seguita da un’equipe specializzata in cure palliative. Viene medicata due volte la settimana e ha un’assistenza di 24 ore su 24 in caso di bisogno. Quando il suo corpo deciderà di andarsene per sempre, lo farà nella sua camera da letto tra le fotografie appese al muro del suo matrimonio e dei suoi nipoti.
Le cure palliative, cioè l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti ai malati che non rispondono più ai trattamenti e al loro nucleo familiare, purtroppo non sono ancora per tutti. E a distanza di quasi nove anni dalle legge 38 che le ha istituite, si conoscono poco. A essere disinformati non sono soltanto i cittadini, ma anche i medici di base che dovrebbero attivare il servizio per il paziente. Capita poi che qualcuno faccia finta di niente. Visto che il paziente fragile è più remunerativo. “La asl riconosce al medico 17 euro lordi per ogni visita a domicilio contro i 3,50 al mese per gli altri assistiti. Se il malato viene inserito in un percorso di cure palliative, il medico di base torna a essere pagato secondo la tariffa ordinaria” spiega Pina Onotri, segretario generale del Sindacato dei medici italiani (Smi). Ma i veri problemi sono altri. Per esempio nel Lazio, dove lavora lei, “quando il medico vuole attivare l’assistenza domiciliare integrativa, anche per i malati terminali, ha le mani legate. Per richiedere il fisioterapista ho bisogno della prescrizione dello specialista, per ordinare i pannoloni serve quella dell’urologo, per un esame cardiologico idem. Ed essendoci liste di attesa anche di sei mesi o un anno va a finire che alla famiglia tocca arrangiarsi. La asl – tira le somme Onotri – da sola non ce la fa a garantire le cure palliative di base, non ha abbastanza personale, e si deve appoggiare ad associazioni esterne”. Critica anche Francesca Bordin, oncologa palliativista all’hospice di Grottaferrata (Roma) e referente regionale della Società italiana cure palliative (Sicp): “Il servizio di assistenza domiciliare non riesce a star dietro a questi malati che hanno bisogni quotidiani, a volte complessi, e sintomi che cambiano velocemente. E il personale non è reperibile sette giorni su sette, 24 ore la giorno. Chi dunque potrebbe essere seguito a casa arriva all’hospice, dedicato ai pazienti più gravi, e si crea un intasamento”.
I nodi della rete di cure palliative sono l’ospedale e le strutture residenziali (hospice) per i casi più complessi, l’ambulatorio sul territorio e il domicilio. L’accesso a questo servizio nella maggior parte dei casi è ancora limitato ai pazienti con il cancro. “Le asl qui difficilmente autorizzano l’ingresso ai pazienti non oncologici”, precisa la dottoressa. Eppure ne avrebbero diritto tutti i malati fragili, di solito molto anziani, con una o più patologie in stato avanzato da cui non possono più guarire. Oltre alla scarsa informazione e alle risorse ridotte, “c’è una resistenza culturale, le persone hanno difficoltà ad affrontare il tema della morte, e il medico di base fa fatica a dire all’assistito e i ai suoi cari che ormai non c’è più niente da fare – sottolinea Italo Penco, presidente della Sicp -. Più del 40 per cento dei malati oncologici muore in ospedale, magari senza nessuno al proprio fianco, anche se non c’erano più speranze. Perché lì e non nella propria casa? La morte è un momento delicato, che merita rispetto, in cui la persona vorrebbe dire l’ultima parola d’amore a un figlio o ricucire il rapporto con un amico o un parente. Tra l’altro un giorno di ricovero costa tantissimo al Ssn, fino a duemila euro in terapia intensiva, dove molto spesso spira il paziente oncologico. C’è poi un pregiudizio – aggiunge l’esperto -, il fatto di considerare le cure palliative esclusivamente come cure di fine vita. Questo concetto in realtà sta cambiando. Perché oggi la vita si è allungata ma la fragilità è aumentata, e i bisogni clinici, psicologici e assistenziali, in particolare per chi vive da solo, sono più complessi. Le cure palliative servono dunque a migliorare la qualità della vita e ad accompagnare dolcemente la persona alla morte”. Di strada ce n’è ancora tanta da fare: “Negli hospice, per dire, solo il 10 per cento dei malati è non oncologico”, osserva Penco.
Anche quando si parla di cure palliative, regione (e provincia) che vai, servizio che trovi. In Calabria la rete a livello domiciliare è poco sviluppata e in hospice i pazienti sono inviati soprattutto dagli ospedali. “Significa che sul territorio nessuno li intercetta”, spiega Francesco Nigro Imperiale, responsabile dell’hospice San Giuseppe Moscati dell’asp di Cosenza e referente regionale Sicp. Stessa storia in Campania. “A Napoli facciamo fatica ad attivare l’assistenza a domicilio” racconta Giuseppina Tommasielli, medico di base ed ex assessore allo Sport della città partenopea. Il collega di Teano (Caserta) Donato Pulcini alza gli occhi al cielo: “Qui è praticamente inesistente la rete. Noi medici di famiglia tentiamo di supplire ma non abbiamo le competenze specifiche”. In Puglia “le cure palliative sono a macchia di leopardo, non esiste una rete organizzata, tutto è lasciato alla buona volontà delle aziende sanitarie, ciascuna se vuole fa il suo protocollo di intervento – commenta Luca Savino, oncologo palliativista all’hospice di Grumo Appula, nel barese, e referente regionale Sicp -. In Regione è stato da poco istituito un gruppo di lavoro per mettere in piedi il sistema”.
Al nord si distingue in particolare la Lombardia, con buoni livelli di assistenza su tutto il territorio. “Virtuose anche Emilia Romagna e Trentino” aggiunge il presidente Sicp. Mentre in Piemonte, per fare un altro esempio, la situazione è più disomogenea. “Nell’asl di Asti le cure palliative a domicilio per i pazienti non oncologici non esistono e non avendo alternative questi entrano ed escono dall’ospedale – spiega Valerio Tomaselli, segretario aziendale Anaao dell’Asl astigiana -. Ci vorrebbe un piccolo esercito di infermieri sul territorio ma non ci sono abbastanza soldi”. A Torino le cose vanno meglio. “Sebbene l’80 per cento dell’assistenza domiciliare sia gestita da una fondazione e non dall’azienda sanitaria” precisa Giorgio Visca dell’hospice di Lanzo. “Finalmente – conclude il presidente Sicp – dall’anno accademico 2018/2019 nei corsi di laurea in medicina e infermieristica sono stati introdotti dei crediti formativi obbligatori in cure palliative”.
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Ramallah, 18 feb. (Adnkronos) - Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha licenziato il capo dell'amministrazione dei prigionieri palestinesi, Kadura Fares, per essersi opposto all'ordine emesso all'inizio del mese di tagliare gli stipendi ai detenuti nelle carceri israeliane per aver commesso atti di terrorismo.
Secondo l'ordinanza firmata da Abbas, le famiglie dei prigionieri avranno diritto ai benefici secondo gli stessi criteri che si applicano alle altre famiglie che ricevono sussidi dall'Autorità Nazionale Palestinese, e non in base al numero di anni di carcere dei loro familiari.
Roma, 18 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Subito, prima piattaforma di re-commerce in Italia con oltre 26 milioni di utenti unici al mese, conferma con i suoi risultati la curva crescente del mercato della second hand: una modalità di consumo sempre più consapevole e diffusa, consolidata tra le abitudini quotidiane del 60% degli italiani.
“Un anno che conferma la second hand anche come alleato nelle scelte importanti, come quelle legate alla mobilità e all’abitare, ribadendo il ruolo centrale dell’online non solo come vetrina e punto di partenza nella ricerca, ma anche e sempre più come esperienza di acquisto diretta, grazie a dinamiche e-commerce che facilitano ancora di più la scelta di acquistare usato, a distanza e in sicurezza”, commenta Giuseppe Pasceri, ceo di Subito.
Per il terzo anno consecutivo, Subito registra una crescita importante sui principali indicatori. Non solo fatturato ed Ebitda, ma anche le metriche specifiche del marketplace: nel 2024 sono state effettuate 2,8 miliardi di ricerche in piattaforma (+4,3% sul 2023); oltre 1,7 miliardi di visite (+5,5%) provenienti per la gran parte da mobile (88%), app compresa, di cui nel 2024 sono stati effettuati oltre 7 milioni di download. Ogni giorno su Subito sono stati in media 2,6 milioni gli utenti attivi (in crescita del +5,7% vs 2023); la loro attività ha portato ad un totale di circa 52 milioni di annunci pubblicati in piattaforma, di cui circa 141.500 nuovi ogni giorno, che fanno di Subito il luogo perfetto in cui trovare tutto ciò che si cerca, dalle piccole necessità quotidiane alle grandi scelte della vita, come l’auto o la casa.
L’analisi di quanto accaduto nel 2024 su Subito rivela dati ed evidenze interessanti anche rispetto a ciò che gli italiani cercano in fatto di second hand, grazie all’analisi di oltre 1,7 miliardi di visite in 38 categorie. Nella Top10 delle categorie più visitate su Subito, ben 4 posizioni sono occupate dal mondo dei motori. Al 1° posto la categoria auto, in crescita del +5,6%, seguita al 2° da moto&scooter in crescita del +5,4%. Troviamo poi al 9° posto accessori auto e al 10° biciclette, a conferma dell’approccio 360° alla mobilità della piattaforma, ma anche dei bisogni degli utenti.
La 3a categoria per traffico è arredamento e casalinghi, prima tra le categorie di market, ma in top10 troviamo anche giardinaggio e fai-da-te all’8° posto, che guadagna una posizione rispetto al 2023. Tra le prime 15 posizioni troviamo all’11° posto abbigliamento e accessori, in crescita del +7,3%; al 12° collezionismo, che è la categoria che registra nel 2024 la maggiore crescita di traffico e quindi di interesse (+ 19%), anche grazie al boost dato dalle transazioni.
Bene elettrodomestici al 14°, in crescita dell’11%, che rivela come la second hand sia un’alleata anche in occasione di scelte importanti legate all’abitare: non solo complementi d’arredo e piccoli elettrodomestici, ma anche i must-have di chi trasloca, come cucina e divano (tra le 10 parole più cercate in piattaforma nel 2025) e ancora frigorifero, forno, lavatrice. Al 15° posto tra le categorie più visitate troviamo Sports, ambito sul quale Subito ha investito in modo particolare nello scorso anno e che mostra come il mondo pre-loved sia un’opzione valida anche per supportare gli italiani nelle loro passioni sportive, che si tratti di avvicinarsi per la prima volta ad una nuova disciplina ma anche di migliorare e rinnovare la propria attrezzatura professionale.
Crescono del +54,5% le transazioni online, a conferma della fiducia dei consumatori nell’effettuare pagamenti e spedizioni integrati, direttamente in piattaforma, con un’esperienza agile e sempre più e-commerce like. Guardando la classifica delle categorie per numero di transazioni, notiamo che negli ultimi tre anni si è passati da un focus Elettronica ad un podio più generalista, che rispecchia le tendenze della second hand e restituisce una fotografia più variegata. Collezionismo entra prepotente al 1° posto con una delle crescite più alte anno su anno (+77%): un mondo di passioni ed esperienza, articoli vintage (parola chiave di ricerca cresciuta del +20%) e veri e propri oggetti da collezione dal valore importante. abbigliamento e accessori resta stabile al 2° posto, a ulteriore conferma di quanto il fashion sia un settore dove la second hand sia in forte crescita.
Borse, orologi, scarpe e capi importanti sono gli oggetti più transati su Subito, con un valore medio decisamente importante. Informatica e console&videogiochi, rispettivamente al 3° e 4° posto, rappresentano una categoria elettronica che continua ad andare molto bene, mentre accessori moto al 5° ribadisce il focus sul mondo motori a 360°: non solo su Subito è possibile trovare l’auto o la moto dei propri sogni, ma anche tutto ciò che serve per viverla, personalizzarla, ripararla. In top10 le categorie che crescono maggiormente sono giardino & fai-da-te (+116%), seguito da bici (+78%) ed elettrodomestici (+77%), anche grazie ad un servizio di logistica sempre più flessibile e in grado di gestire spedizioni importanti per peso e dimensioni.
“Le performance ottenute nel 2024 e in generale negli ultimi tre anni ci spronano a voler fare sempre meglio, continuando a crescere e a rinforzare il nostro business”, spiega Giuseppe Pasceri. “Nel 2025 vogliamo continuare a concentrarci sul nostro prodotto e sul suo sviluppo, per migliorare l’esperienza utente rendendola sempre più fluida, efficace, sicura e in linea con le esigenze della nostra community, che si tratti di market o di motori, dove vogliamo rafforzare ulteriormente la nostra leadership”, conclude.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - “Pista bob? La cosa fondamentale è che sia sostenibile l’impianto più che il cantiere. Il cantiere della pista da bob a Cortina può sembrare invasiva, ma l'impianto sarà sostenibile. Noi vediamo il cantiere già chiuso e vediamo che anche grazie alla piantumazione di 10 volte degli alberi che sono stati abbattuti. Sono state fatte delle valutazioni sulla possibilità di andare con un piano B anche perchè un anno e qualche mese fa non eravamo sicuri di questa impresa, ma abbiamo deciso di investire su questa infrastruttura che sarà innovativa, con la centrale termica che servirà anche il palazzo del ghiaccio, quindi anche dal punto di vista tecnologico sarà innovativa”. Lo ha detto il ministro per lo sport e per i giovani, Andrea Abodi, nella conferenza alla Stampa Estera parlando dei Giochi di Milano-Cortina e dell'impianto da bob nello specifico di Cortina. “Restare in Italia è stato un atto di cosciente responsabilità. Siamo convinti che l’impianto con la collaborazione italiana e internazionale diventerà una eccellenza e siamo convinti che quello che offriremo al mondo un impianto moderno e competitivo che non avrà nulla da invidiare ad altri impianti dove abbiamo valutato di andare. Siamo convinti che questo investimento sarà redditizio e sostenibile".
Tel Aviv, 18 feb. (Adnkronos/Afp) - Israele avvierà in settimana i negoziati sulla seconda fase dell'accordo di cessate il fuoco di Gaza, che comprenderà uno scambio di ostaggi israeliani con detenuti palestinesi. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, aggiungendo che Israele chiede una completa smilitarizzazione della Striscia.
"Ieri sera abbiamo tenuto una riunione del gabinetto di sicurezza. Abbiamo deciso di avviare i negoziati sulla seconda fase della tregua. Questa avrà luogo in settimana", ha detto Saar in una conferenza stampa a Gerusalemme. Secondo il calendario iniziale, le discussioni avrebbero dovuto iniziare il 3 febbraio.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - “Milano-Cortina è un evento è planetario, gli sport invernali non hanno la stessa popolarità delle discipline estive per evidenti motivi, climatici e geografici, ma ci saranno 3500 atleti, con 2 miliardi di persone collegate, e 1,5 milioni di biglietti venduti. E’ un’Olimpiade diversa che noi chiamiamo olimpiadi dei territori. Dal primo giorno da quando abbiamo venduto il nostro progetto e prodotto ci siamo presentati in un modo non convenzionale, non tradizionale”. Sono le parole del presidente del Coni e della Fondazione Milano-Cortina Giovanni Malagò nel corso della presentazione dei Giochi alla Stampa Estera a Roma “Milano Cortina 2026: i Giochi dell’Italia si presentano al mondo”.
“Il barone De Coubertin ebbe questa idea geniale, non mi sembra oggi ci sia una idea migliore a livello universale per una organizzazione di sport, ma iniziò dall’Antica Grecia, la prima città fu Atene, poi siamo andati avanti con Parigi, ma c’è sempre stata una città. Quando abbiamo vinto contro Stoccolma, c’è stato anche un discorso cruento, di corpo a corpo, per i voti e abbiamo vinto per una incollatura. Noi ci siamo presentati con due città, ma avevamo il Governo, le due regioni, le due province e le due città oltre, al Coni e hanno firmato tutti”, ha spiegato Malagò.
“22mila chilometri di territorio, perché noi siccome non avevamo budget, e lo dico con grande franchezza, con un leitmotiv che continua, per essere votati dalla comunità internazionale, siamo andati a pescare i luoghi dove i concittadini, atleti, tecnici, sponsor, nel mondo, conoscono l’Italia. Si sono andate a scegliere delle primizie per fare questo piatto e ha comportato uno sforzo di gestione particolare, ma molto apprezzato. Questa formula, talmente innovativa e vincente, che guarda caso non troppi mesi fa, la Francia ha seguito in modo pedissequo il nostro masterplan. E’ un modello che verrà replicato in futuro e non escludo possa succedere anche a livello estivo. Siamo anche molto orgogliosi di aver dato valore aggiunto al nostro mondo, c’è grandissima aspettativa. Vogliamo andare avanti nel solco della tradizione italiana. Siamo riconosciuti come gente molto affidabile e vogliamo dare un servizio personalizzato. Ho visto tate olimpiadi ma noi vogliamo personalizzare la bellezza dei luoghi, delle montagne, delle città, dell’aspetto del food and beverage e la caratterizzazione di essere italiani può essere un valore aggiunto”.
Mosca, 18 feb. (Adnkronos/Afp) - La Russia riconosce il “diritto sovrano” dell’Ucraina di aderire all’Unione Europea ma non alla Nato. Lo ha detto il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, precisando che, "per quanto riguarda l'adesione dell'Ucraina all'Ue, questo è un diritto sovrano di qualsiasi Paese. Nessuno ha il diritto di dettare la condotta di un altro Paese",
"La situazione è completamente diversa ha aggiunto - quando si tratta di questioni di sicurezza e di alleanze militari. Il nostro approccio in questo caso è diverso e ben noto".