Il presidente della Corte d’Assise, Michele Leoni, ha chiesto ai difensori dell'imputato Cavallini, Alessandro Pellegrini e Gabriele Bordoni, di riformulare in maniera più dettagliata la richiesta di acquisizione di tutti gli atti della strage coperti dal segreto di Stato
La Corte d’Assise di Bologna che sta processando l’ex Nar Gilberto Cavallini, per concorso nella strage del 2 agosto 1980, ha deciso di acquisire le due memorie presentate dagli avvocati di parte civile, Andrea Speranzoni e Nicola Brigida. La procura aveva espresso parere negativo perché i magistrati avevano definito “bizzarie giuridiche” alcune considerazioni presenti nelle memorie, sostenendo che esulavano dall’oggetto del processo. Nelle carte si chiedeva alla Procura di fare ulteriori accertamenti investigativi su diverse tematiche, tra cui un centinaio di tesserini dei carabinieri rinvenuti nel covo di via Monte Asolone a Torino, uno dei quali venne sequestrato a Cavallini, e il riferimento ad Adalberto Titta, legato al servizio segreto soprannominato ‘Anello’ o ‘Noto servizio’.
In aula gli investigatori della Digos e del Ros, Antonio Marotta e Goffredo Rossi, hanno fornito alcuni chiarimenti, soprattutto in merito a Titta, che nella sentenza di primo grado sulla strage del 1988 viene citato solo in una pagina, perché Pietro Musumeci, ex capo del Sismi, lo indica come collaboratore esterno del servizio segreto che lo avrebbe accompagnato in carcere per parlare con Raffaele Cutolo. A parte questo, secondo Rossi e Marotta “non è stato rilevato nulla” che possa essere messo in relazione con la strage e “non sono stati trovati riferimenti processuali che certificano l’esistenza della struttura Anello”. La Corte, inoltre, ha disposto che nella prossima udienza, in cui era prevista la testimonianza di Cavallini, saranno ascoltati invece dei testi che inizialmente non erano previsti: si tratta di Achille Sbrojavacca, fratello dell’ex compagna di Cavallini, dei magistrati Domenico Labozzetta e Michele Vitale, e del giornalista Gianni Barbacetto. La testimonianza di Barbacetto verterà sull’intervista fatta dal giornalista nel suo libro Il grande vecchio al magistrato trevisano Giancarlo Stiz (il primo ad indagare sulla pista nera per la strage di piazza Fontana), che all’epoca secondo alcuni neofascisti, come Sergio Calore e Vettore Presilio, doveva subire un attentato anche per mano di Fioravanti.
Infine il presidente della Corte d’Assise, Michele Leoni, ha chiesto ai difensori di Cavallini, Alessandro Pellegrini e Gabriele Bordoni, di riformulare in maniera più dettagliata la richiesta di acquisizione di tutti gli atti della strage coperti dal segreto di Stato, concedendo loro 15 giorni. Sulla questione i legali di parte civile si erano rimessi alla decisione della Corte, sostenendo che “la difesa vede al centro della sua richiesta la pista palestinese, già esaurita e sviscerata”. Nell’istanza di Bordoni e Pellegrini si chiedeva anche di acquisire il fascicolo “già secretato – ma disponibile per il decorso dei trent’anni di legge – avente ad oggetto la scomparsa ed uccisione dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo“. I due si trovavano in Libano nel settembre del 1980 e sparirono misteriosamente: l’inchiesta venne affidata al capo del Sismi di Beirut, Stefano Giovannone. Il presidente Leoni ha ricordato che “il segreto di Stato è escluso per il reato di strage”, ritenendo quindi che si “debba operare con una ordinanza di acquisizione documenti presso i servizi segreti” senza rivolgersi quindi alla Presidenza del Consiglio. Leoni ha anche suggerito alla difesa di valutare la nomina di un perito per studiare gli atti: “Vedremo cosa risponderanno i servizi su questo, e se interverrà la presidenza del Consiglio“.