La Lega riparte all’attacco e, dopo aver affossato in Commissione Ambiente al Senato la nomina del presidente del Parco Nazionale del Circeo, riapre un fronte sensibile sul tema dell’ambiente con gli alleati del M5s, quello delle trivellazioni. Nel mirino dei leghisti torna l’emendamento presentato dai 5 Stelle al decreto Semplificazioni che blocca 36 autorizzazioni. A scagliare la prima frecciata è stato in mattinata Matteo Salvini: “Non si può dire no al carbone, no al petrolio, no al metano, no alle trivelle, mica possiamo andare in giro con la candela e accendere i legnetti. Di tutto il resto si può discutere, ma con i soli No non si campa”, ha detto il vicepremier in Sardegna dove è impegnato in un tour elettorale iniziato a Cagliari.
Ad alimentare la partita di ping pong in corso tra le due anime del governo Conte pensa Paolo Arrigoni: “Sulla questione trivelle non abbiamo condiviso sia il metodo che il contenuto degli emendamenti presentati da alcuni senatori del M5s – ha argomentato il membro della Commissione Ambiente del Senato in un’intervista a Radio Radicale – Questi emendamenti erano stati anticipati da alcuni esponenti di governo del Movimento 5 stelle. Visto che non condividiamo questi emendamenti ci siamo permessi di dire agli organi di stampa che li riteniamo profondamente sbagliati“. Per questo “ci aspettiamo la mediazione o un ritiro degli emendamenti presentati”, ha detto Arrigoni. Che oggi ha criticato gli alleati per il metodo scelto nella nomina del generale Andrea Ricciardi alla presidenza del Parco Nazionale del Circeo.
Un invito a riconsiderare le loro posizioni in materia di trivellazioni ai pentastellati è arrivata anche dalle file del governo. Nella fattispecie da Vannia Gava, sottosegretario all’Ambiente, che questa mattina al Senato ha incontrato i rappresentanti di alcune aziende che si occupano dell’approvvigionamento energetico nel mare. “Bloccare questo comparto porterebbe con sé dei gravi problemi di approvvigionamento di energia per un Paese come il nostro che dipende per il 90% dall’estero contro una media europea del 54%”, ha spiegato il sottosegretario. “Fermare questo comparto metterebbe poi in crisi moltissime aziende, con la conseguente perdita di posti di lavoro” – ha aggiunto – Infine revocare autorizzazioni già concesse significherebbe certificare che in Italia è impossibile investire, perché anche autorizzazioni già sancite possono essere messe in discussione da un giorno all’altro”.
L’unica voce che al momento si è levata dal fronte 5 Stelle è quella di Manlio Di Stefano: “Caro Matteo Salvini non servono ‘candele e legnetti’ ma investire come stiamo facendo sulle #rinnovabili per la totale decarbonizzazione del Paese entro il 2025 e la produzione del 20% del mix energetico nazionale entro il 2030 – ha twittato il seottosegretario agli Esteri – L’età della pietra non finì per assenza di pietre”.