Al lavoro 12 ore, paghe da fame e condizioni disumane, il tutto con la complicità di chi avrebbe dovuto vigilare e del segretario della Fai Cisl che permetteva di lucrare sulle quote di iscrizione al sindacato. Così la rete colpita oggi dal blitz della polizia reclutava i lavoratori nei centri di accoglienza ed era riuscita a monopolizzare il mercato anche a Roma, Frosinone e Viterbo: "Abbiamo creato un impero"
Sfruttavano anche la complicità di un ispettore del lavoro, Nicola Spognardi, e soprattutto del segretario della Fai Cisl, Marco Vaccaro, che permetteva al sindacato di lucrare sulle quote di iscrizione e sulle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione. Mentre erano due donne, Daniela Cerroni e Chiara Battisti, a occuparsi di reclutare i braccianti tra coloro che erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale nei centri di accoglienza straordinaria. Così funzionava la rete di sfruttamento del lavoro colpita questa mattina dal blitz della polizia a Latina che ha portato anche all’arresto di Luigi Battisti e Luca Di Pietro (guarda il video), come emerge dall’ordinanza restrittiva emessa dal gip del Tribunale di Latina, Gaetano Negro, su richiesta del procuratore Lasperanza e del sostituto Spinelli.
Un’organizzazione capace, grazie alla connivenza di chi avrebbe dovuto vigilare sulla legalità del mondo del lavoro, di monopolizzare l’intero settore del lavoro agricolo non solo a Latina, ma anche nelle province di Roma, Frosinone e Viterbo. “Abbiamo creato un impero“, rivendicava l’arrestata Cerroni, mentre il sindacalista Vaccaro scriveva a un suo collega: “A babbo natale ho chiesto 4mila disoccupazioni“. I sei arrestati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all’estorsione, all’autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari. Oltre ai destinatari della misura cautelare, ci sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale.
LO SFRUTTAMENTO
Per mezzo di una società cooperativa denominata Agri Amici, con sede a Sezze, i sei arrestati sfruttavano stranieri centrafricani e rumeni raccolti nei Cas, distribuendo la loro manodopera a centinaia di azienda agricole. In totale circa 400 migranti erano coinvolti nella rete del caporalato: erano pagati la metà rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, “4,5 euro l’ora“, come si legge nell’ordinanza. E costretti a lavorare 12 ore al giorno, ubbidendo a regole disumane senza la garanzia dei più elementari diritti. Tra gli obblighi a cui i braccianti erano sottoposti c’era appunto anche l’iscrizione al sindacato, dietro la minaccia del licenziamento. Uno stratagemma per far sì che la sigla “percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione“. Secondo quanto emerge dall’ordinanza, i braccianti venivano obbligati a firmare buste paga su cui erano riportati un numero di giorni lavorativi pari a un terzo rispetto a quelli effettivamente lavorati.
L’INDAGINE: COME È NATA
L’indagine cominciata già a fine 2017 ha portato allo scoperto il meccanismo dell’organizzazione. I migranti venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza. Proprio così la rete è stata scoperta, a seguito dei interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell’ambito dell’operazione ad alto impatto denominata “Freedom“, finalizzata appunto al contrasto del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro. Tali controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città, nelle primissime ore della mattinata, di folti gruppi di stranieri in attesa di pulmini per essere trasportati nei campi. Le indagini di natura patrimoniale hanno portato al sequestro di cinque abitazioni, tre depositi, tre appezzamenti di terreno, nove auto, 36 tra furgoni e camion, una società cooperativa, quattro quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.
LE INTERCETTAZIONI
“Luigi è convinto che l’impero lo ha creato lui…no lo abbiamo creato insieme“. Il 3 dicembre 2017 Daniela Cerroni, arrestata nell’operazione di oggi, non sapeva di essere intercettato mentre parlava con un altro arrestato, Luigi Battisti, e rivendicava il suo ruolo nel funzionamento del sistema. Nell’ordinanza ci sono anche degli sms, tra cui quelli del segretario generale provinciale della Fai Cisl Marco Vaccaro: “A babbo natale ho chiesto 4000 disoccupazioni e un gatto”, ha scritto il sindacalista, finito in manette nell’ambito dell’operazione odierna. Il messaggio era indirizzato a un altro segretario dello stesso sindacato, in prossimità delle festività natalizie. Gli stranieri sfruttati venivano infatti costretti a iscriversi alla Fai Cisl. In questo modo il sindacato percepiva non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate a ottenere le indennità di disoccupazione.
LE REAZIONI
“Siamo sconcertati dalla notizia del coinvolgimento di un nostro sindacalista tra gli arresti avvenuti oggi a Latina per caporalato. Attendiamo riscontri e chiediamo si faccia luce al più presto prima di giudicare il caso e le persone coinvolte, ma la Federazione ha già attivato tutte le misure statutarie a propria tutela, a cominciare dalla sospensione da ogni carica del sindacalista coinvolto, pur continuando ad auspicarne la sua totale estraneità ai fatti”, scrive sulla pagina Facebook della Fai Cisl il segretario generale Onofrio Rota. “Siamo pronti a valutare ogni azione penale e civile per tutelare con la massima severità la Fai Cisl e il nostro operato”, conclude Rota.
Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, vuole sottolineare invece come “il nuovo corso dell’Ispettorato del Lavoro va avanti e butta fuori le mele marce“. “Continua senza sosta la lotta al Caporalato – dichiara il vicepremier – l’ispettorato ha coadiuvato la procura per portare alla luce un sistema di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all’estorsione, all’autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari”. Per l’altro vicepremier, Matteo Salvini, “un’immigrazione senza regole porta a sfruttamento. Conto che questa brillante operazione sia la prima di una lunga serie, così da stroncare un business che prospera grazie all’immigrazione clandestina e che arricchisce chi la sfrutta”.