Nel nostro precedente post, abbiamo mostrato che col maxiemendamento alla manovra finanziaria il governo M5s-Lega rinuncia a una seria lotta contro l’azzardo e punta invece a usare i giocatori d’azzardo per fare cassa. Un aspetto importante del maxiemendamento riguarda la questione del payout, cioè del tasso di restituzione delle vincite. In Italia il payout delle slot machine (Awp e Vlt) è fissato per legge: questo significa che per ogni euro inserito nelle macchinette infernali, in media è restituita al giocatore una certa quantità di centesimi. Distinguiamo qui due casi:
1. Le Awp sono le “slot da bar” che fanno la parte del leone nel depredare lavoratori e ceto medio-basso. Il payout, che era al 74% ancora pochi anni fa, è stato abbassato al 70% e con questa manovra emendata scende addirittura al 68%. Si tratta di un livello veramente molto basso: vuol dire che per ogni euro inserito il giocatore d’azzardo perde mediamente 32 centesimi. Si potrebbe pensare che riducendo il payout si finirà per giocare di meno e perdere di meno, perché le slot diventeranno troppo voraci per attirare i giocatori. La relazione tecnica allegata al maxiemendamento prova a dare una risposta a questo dubbio e conclude che per via della maggiore voracità il giocato diminuirà di pochissimo, mentre aumenteranno i guadagni dello Stato grazie al contestuale aumento del Preu.
Tuttavia, non è il giocato che conta dal punto di vista del danno sociale arrecato dalle slot: quel che conta sono le perdite. Se il signor Mario Rossi gioca 100 volte alle slot lasciandoci 30 euro oppure se gioca 98 volte lasciandocene 31, cosa è peggio? Ovviamente, è peggio il secondo caso, perché il signor Rossi ha perso più soldi. Le cifre non sono scelte casualmente, perché sono più o meno rappresentative di ciò che dobbiamo aspettarci secondo i tecnici ministeriali, con una riduzione del 2% del payout.
I tecnici, infatti, sostengono che ogni punto di riduzione del payout comporti una diminuzione di circa un punto del giocato: il risultato netto dei due effetti contrapposti è, matematicamente, un aumento delle perdite, che continueranno a superare i 7 miliardi annui. Sono 7 miliardi e mezzo sottratti ai giocatori d’azzardo in cambio di nulla, visto che le slot machine non creano intrattenimento o divertimento, ma alienazione sociale e l’illusione di una vincita che non arriva mai.
2. Le Vlt sono le videolottery (simili alle comuni slot) più “avanzate” che si trovano nelle sale slot, dove si fanno giocate più alte. Per le Vlt la riduzione del payout minimo all’84% non avrà effetti immediati, in quanto l’attuale payout di mercato è superiore all’87%: si tratta di una tecnologia che si sta ancora imponendo (aiutata non poco dalla politica) e che quindi assegna ai giocatori perdite minori di quanto la legge consentirebbe. Tuttavia la relazione tecnica, prevedendo un adeguamento del mercato all’aumento delle tasse nel corso dei primi mesi del 2019, stima anche in questo caso effetti modesti nella riduzione del giocato, ampiamente compensati dall’aumento delle perdite.
In effetti, siccome stiamo parlando di un settore in crescita, la relazione tecnica mette nero su bianco le aspettative dello Stato per una raccolta di 23,8 miliardi annui nel 2019, che sarebbe superiore a quella del 2017 e solo leggermente inferiore a quella del 2018. Ciò significa circa altri tre miliardi di euro che ogni anno si trasferiscono dalle nostre tasche alla pancia ingorda delle macchinette mangiasoldi.
La diminuzione del payout minimo di legge lascia ai signori dell’azzardo un ampio margine per inghiottire cifre ancora superiori. Non è detto che ciò avvenga, perché il meccanismo di creazione della dipendenza (schiavitù) dall’azzardo richiede di dosare con astuzia le vincite e le perdite. Consideriamo infatti che, in un regime fiscale completamente diverso e in un contesto liberista molto concorrenziale, le slot machine dei casinò di Las Vegas arrivano a payout superiori al 95%. Tenendo incollato allo schermo il cliente per giorni di fila e spesso ubriacandolo con drink gratuiti, basta anche un po’ meno del 100% per permettere al banco di svuotare le tasche del giocatore compulsivo.
Per quanto riguarda le scommesse, le lotterie e l’azzardo online, infine, la maggior tassazione si trasmetterà ai giocatori d’azzardo in modo fluido, non essendoci vincoli stringenti di payout. La relazione tecnica si compiace del fatto che “il trend è in aumento” per quanto riguarda l’introito fiscale del cosiddetto gioco online; confida che l’aumento di entrate di 15 milioni di euro già ottenuto nel 2018 grazie all’espansione del settore diventerà un aumento di 50 milioni grazie al fatto che “nel 2019 almeno altri 35 concessionari si aggiungeranno alla rete legale”. Cifre aggiuntive simili saranno ricavate anche dalle scommesse (+30 milioni) e dalle lotterie istantanee (+22 milioni).
Aver messo a bilancio queste cifre significa solo una cosa: il governo Conte non intende sbarazzarsi del gioco d’azzardo di massa, né intende combatterlo in modo serio e radicale. A noi invece continua a sembrare una priorità sociale.