I venditori (la società romana è controllata dalla famiglia Crociani) hanno richiesto al compratore di posticipare il perfezionamento dell'operazione da prima di Natale 2018 a subito dopo le festività natalizie, poi hanno proposto un ulteriore slittamento. Leonardo, che nel frattempo aveva avuto tutte le autorizzazioni necessarie, ha accettato. Il motivo del rinvio? Due azioni giudiziarie intentate dal figlio di primo letto dell'ex patron di Vitrociset e dal gruppo Mer Mec, che l'8 agosto 2018 con Fincantieri aveva presentato l'offerta d'acquisto dell'azienda attiva nell’informatica e nell’alta tecnologia per la difesa, la sicurezza e lo spazio
Si doveva chiudere prima di Natale. Verrà invece probabilmente archiviata entro quest’anno, anche se non è ancora stata fissata una data. Si allungano così i tempi per l’acquisizione di Vitrociset da parte di Leonardo-Finmeccanica. L’operazione venne decisa a sorpresa il 7 settembre 2018 con una mossa che mise fuori gioco la coppia Fincantieri-Mer Mec. Da quell’inedito scontro fra le due aziende partecipate dal Tesoro sono passati quattro mesi, ma il closing su Vitrociset non è ancora arrivato. Il motivo? Secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, la società romana, controllata dalla famiglia Crociani, ha chiesto a Leonardo di posticipare il perfezionamento dell’operazione che normalmente si sarebbe dovuta concludere prima di Natale 2018. Il motivo del rinvio? Due richieste di misure cautelari avanzate da Claudio Crociani, figlio di primo letto dell’ex patron di Vitrociset, e dal gruppo Mer Mec, che l’8 agosto del 2018, insieme a Fincantieri, aveva presentato l’offerta d’acquisto dell’azienda attiva nell’informatica e nell’alta tecnologia per la difesa, la sicurezza e lo spazio.
Nel dettaglio, Claudio Crociani ha domandato il sequestro conservativo delle quote di Vitrociset perché a suo dire la matrigna – ovvero Edoarda Vesselovsky, seconda moglie di Camillo Crociani – lo avrebbe escluso dai beneficiari dei proventi della vendita. Di quanti soldi si parla? Le cifre dell’operazione non sono ufficialmente note, ma secondo Il Sole 24 Ore si tratterebbe di una somma tra i 50 e i 60 milioni milioni di euro, a cui vanno aggiunti altri 60 milioni di debiti (in crescita?). Oltre all’azione di Crociani, separatamente anche il gruppo pugliese controllato da Vito Pertosa ha presentato a sua volta una richiesta di sequestro conservativo delle quote societarie di Ciset (che controlla Vitrociset), con richiesta danni in autotutela, per mancata ottemperanza del contratto nella parte relativa ai tempi previsti per il closing. Un’azione, quella di Mer Mec, indirizzata al venditore e non a Leonardo-Finmeccanica, con cui i rapporti erano e rimangono di civile convivenza nonostante lo sgambetto di settembre.
L’intera vicenda e lo slittamento dei tempi d’acquisizione di certo non fa piacere, ma non sembra preoccupare più di tanto Leonardo. Anche perché, secondo fonti vicine al dossier, le ragioni di Mer Mec sarebbero tutte da dimostrare, mentre la questione Crociani atterrebbe solo a beghe interne alla famiglia che difficilmente potrebbero inficiare il passaggio di mano di Vitrociset. Fatti privati, insomma. L’unica conseguenza reale delle due misure cautelari resterebbe quindi lo slittamento del closing. Tuttavia l’intera faccenda ha fatto emergere anche un altro punto dolente: la rapidità con cui Leonardo è entrata in partita a luglio non ha certo facilitato chiarimenti con la controparte venditrice. Ma del resto il gruppo presieduto da Gianni De Gennaro non aveva altra scelta per evitare che Vitrociset finisse nelle mani della coppia Fincantieri–Mer Mec rafforzando un potenziale concorrente nazionale: se l’azienda presieduta da Bono fosse riuscita a conquistare Vitrociset, Fincantieri avrebbe infatti allargato il suo perimetro d’azione nel segmento della difesa in cui Leonardo è senza dubbio dominante. “Stiamo creando una divisione ingegneristica dedicata alle tecnologie di difesa a supporto della logistica per servire al meglio le necessità” spiegò Bono il 31 luglio scorso a Genova, in occasione della cerimonia del taglio della lamiera della prima delle dieci navi ordinate dal Qatar. Un progetto per il quale Bono si sarebbe avvalso dei consigli del l’ex manager Finmeccanica, Pierluigi Guarguaglini, e che evidentemente non avrebbe reso la vita facile all’azienda presieduta da De Gennaro.
Di qui, secondo i retroscena di quei giorni, la volontà di De Gennaro di sollecitare il board di Leonardo all’esercizio del diritto di prelazione su Vitrociset nell’ultimo giorno utile prima del passaggio, poi sfumato, al tandem Fincantieri-Mer Mec. Tanto più che l’acquisizione dell’azienda romana rappresenta una buona opportunità per rafforzare Leonardo nel core business dei Servizi, in particolare della Logistica, del Simulation & Training e delle Operazioni Spaziali. Per non parlare del potenziamento nel segmento Space Surveillance and Tracking e del consolidamento della filiera nazionale nel settore dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, aumentandone la competitività con prospettive di mercato significative. Peraltro, nonostante lo sgambetto in zona Cesarini, all’epoca, Leonardo non ha mai chiuso del tutto le porte a un ingresso di Fincantieri in Vitrociset promettendo che avrebbe valutato in futuro“i più opportuni assetti societari, anche contemplando la possibilità di ingresso di altri attori, in grado di contribuire al miglior posizionamento di Vitrociset nei business di riferimento” come si legge nella nota relativa all’acquisizione dell’azienda romana.
Quanto ai Crociani, invece, l’intera questione dello slittamento della cessione è solo l’ennesimo episodio di una saga familiare ben nota alle cronache finanziarie italiane: negli ultimi anni il nome della loro Vitrociset è comparso più volte sulle pagine dei giornali. E non solo per la faida scatenatasi tra gli eredi di Camillo Crociani, ex presidente e ad di Finmeccanica morto nel 1980 in Messico dove era andato a vivere dopo il coinvolgimento nello scandalo Lockheed, per cui fu condannato a due anni di reclusione. A dicembre 2016, fu proprio Il Fatto Quotidiano a raccontare dell’interessamento per Vitrociset da parte della cordata formata da Pietro Biscu (manager della Asd di Pomezia, fallita a settembre scorso), Chicco Testa e Luigi Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi, nonché imprenditore nel settore degli outlet arrestato a giugno scorso per false fatture e recentemente coinvolto (è stato inibito per un anno dall’attività imprenditoriale) nell’inchiesta della Procura di Lecce che il 14 gennaio scorso ha portato all’arresto per corruzione di un giudice e di un pm. Infine, il nome dell’azienda romana è tornato alla ribalta delle cronache finanziarie con la sfida fra Fincantieri e Leonardo con cui Vitrociset si prepara a voltare pagina. Il futuro è tutto da scrivere. Ma partirà da un bilancio in rallentamento: secondo quanto riportato dal sito StartMag.it, Vitrociset ha chiuso il 2017 con un utile da 43mila euro contro i 445mila del 2016. In calo anche il valore della produzione: 146 milioni di euro nel 2017, 149 milioni del 2016. Stabili i costi a 145 milioni. Da registrare, invece, un aumento dei debiti: i 152 milioni del 2016 sono diventati 165 nel 2017, con la crescita trainata dalle pendenze verso i fornitori (75 milioni contro i 67 del 2016).
ha collaborato Fiorina Capozzi