È una scelta difficile per l’Italia, dove il 95% del biodiesel è prodotto con olio di palma, ma l’Europa va in questa direzione: l’olio di palma dovrà scomparire dai biocarburanti entro il 2030. A dire il vero, la nuova legge sull’energia verde (direttiva 2018/844), approvata il 30 maggio 2018 dal Parlamento Europeo dopo due anni di complessi negoziati, impone alle compagnie petrolifere l’obbligo di dichiarare la presenza di olio di palma e fissa un limite massimo di sussidi ai biocarburanti prodotti dalle colture alimentari. L’accordo raggiunto tra Commissione, Consiglio europeo e Parlamento, nell’ambito del programma di incremento dell’uso di energia prodotta da fonti rinnovabili e dopo un lungo braccio di ferro, prevede l’eliminazione graduale delle colture ‘ad alto rischio’ di deforestazione (anche se il Parlamento aveva proposto lo stop entro il 2021). Un accordo che non piace per nulla ai Paesi del Sud-Est asiatico direttamente interessati, ossia Indonesia e Malesia (insieme producono oltre l′80 percento dell’olio di palma mondiale) e che avevano già minacciato ritorsioni. Reazioni a parte, l’ultima parola spetta alla Commissione Europea che deve emanare un regolamento d’attuazione entro il primo trimestre 2019, prima delle elezioni europee, per poi poter essere approvato entro la fine del 2019. Meno di tre mesi di tempo per mettere nero su bianco le misure che dovrebbero rendere concreto questo passaggio.
L’OMS SULLE LOBBY – Nel frattempo, però, il dibattito resta aperto. Nei giorni scorsi l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un’analisi condotta da un gruppo di scienziati nella quale si accusa l’industria dell’olio di palma di adottare pratiche simili a quelle messe in atto dalle lobby del tabacco e dell’alcool per influenzare la ricerca scientifica. L’obiettivo sarebbe quello di contestare regole più stringenti e confondere le acque su quelli che sono i rischi legati alla coltivazione e all’uso dell’olio di palma.
LA BATTAGLIA CONTRO LA DEFORESTAZIONE – Agli inizi di dicembre, un gruppo di attivisti di Greenpeace si è incatenato davanti allo stabilimento della multinazionale Mondelēz, che nella sede di Capriata d’Orba (Alessandria) produce snack contenenti olio di palma per il mercato italiano. Sempre a fine 2018, mentre attraccava nel porto di Rotterdam, una nave cisterna carica di prodotti di Wilmar, il più grande fornitore globale di olio di palma (che controlla il 40% circa del commercio globale), è stata oggetto di un’azione non violenta da parte di Greenpeace. Poche settimane dopo, in seguito ad anni di manifestazioni, pressioni, dossier, Wilmar International ha annunciato che entro la fine del 2019 mapperà tutti i terreni appartenenti ai propri fornitori per monitorare quanto accade nelle piantagioni, anche attraverso l’uso di satelliti ad alta risoluzione. Se un fornitore dovesse essere collegato a operazioni che danneggiano o distruggono la foresta, Wilmar sospenderà immediatamente le relazioni commerciali con questo operatore.
LA CAMPAGNA #SAVEPONGO – Ma se negli ultimi anni l’uso dell’olio di palma negli alimenti e nelle sostanze chimiche sta diminuendo, quello usato per il biodiesel è invece quadruplicato. L’Unione Europa prevede dei sussidi su questa pratica e definisce questi carburanti ‘green’. “I biodiesel a base di olio di palma – denuncia Legambiente – di sostenibile e verde hanno ben poco e contribuiscono, indirettamente, alla deforestazione e alla messa in pericolo della fauna selvatica”. Proprio per fare pressing sulla Commissione Europea è partita la campagna ‘#SavePongo’, lanciata da una coalizione di ong ambientaliste di tutta europa e promossa in Italia da Legambiente per chiedere la messa al bando dei carburanti prodotti con olio di palma “che provocano la distruzione delle foreste pluviali e – denunciano le associazioni – l’estinzione degli Orango. Questi primati non hanno più di che nutrirsi e, quando si avvicinano ai frutti delle palme, vengono uccisi”. Ogni giorno ne muoiono 25 a causa della deforestazione e dell’espansione delle piantagioni. Contestualmente alla campagna è partita anche la petizione #NotInMyTank su sumofus.org con l’invito a firmala entro il 21 gennaio, giorno in cui ci sarà la prima manifestazione europea organizzata dalle associazioni.
LA SITUAZIONE IN ITALIA – Se la Norvegia ha anticipato tutti e, a dicembre 2018, il Parlamento ha deciso di vietare in tutto il Paese l’utilizzo dell’olio di palma come biocarburante già a partire dal 2020 (si tratta del primo Paese al mondo che fa questo passo), per altre realtà non è così semplice. L’Italia è tra queste. Secondo i dati di Transport&Environment, nel nostro Paese il 95% del biodiesel è stato prodotto nel 2017 con olio di palma. Siamo, inoltre, il secondo maggiore produttore di biodiesel da olio di palma in tutta Europa: nel 2017, insieme a Spagna e Paesi Bassi, l’Italia ha raffinato l’83% di questo olio vegetale. Eppure, secondo un sondaggio Ipsos, l’87% degli italiani non sa di mettere questa materia prima nei propri serbatoi quando va a fare rifornimento. Legambiente ha lanciato un appello al ministro per l’Ambiente Sergio Costa e al ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio, affinché prevedano una drastica riduzione delle importazioni di olio di palma per usi energetici nel prossimo Piano Nazionale Clima ed Energia. “Già oggi – ha sottolineato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – si possono produrre biocarburanti avanzati che sostituiscono l’olio di palma, riciclando scarti in un’ottica di economia circolare, come l’olio di frittura che già costituisce una valida e competitiva alternativa”.
UN OLIO DI PALMA SOSTENIBILE – Da tempo si parla anche della possibilità di produrre olio di palma sostenibile attraverso una certificazione da ottenere seguendo criteri di conformità. Una strada che, secondo alcune ong, non risolverebbe il problema. C’è anche un’altra questione, messa in luce in un recente rapporto dell’International Union for the Conservation of Nature (Iucn), secondo il quale è vero che la distruzione della foresta pluviale per fare spazio alle piantagioni di olio di palma minaccia più di 190 specie in Indonesia e Malesia ma, allo stesso tempo, vietare questo tipo di produzione sostituendo le piantagioni con quelle di soia, mais e colza e ricavare così altri tipi di oli vegetali, porterebbe a un consumo di suolo nove volte superiore. Nel 2004 è nato il Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil), che riunisce coltivatori, raffinatori, industria manifatturiera, distributori e banche. Dal 2013 è attiva anche la certificazione Palm oil innovation group (Poig), supportata tra gli altri dal Wwf, Greenpeace e altre grandi aziende già certificate dal Rspo. Gli obiettivi sono quelli di preservare determinate foreste, ma anche garantire la tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera.
Ambiente & Veleni
Olio di palma tra diesel e deforestazione: petizione per eliminare i sussidi. Ma i big del settore minacciano ritorsioni
Dovrà scomparire dai biocarburanti entro il 2030, anche se il Parlamento europeo aveva proposto lo stop entro il 2021. Un accordo che non piace per nulla ai Paesi del Sud-Est asiatico direttamente interessati, ossia Indonesia e Malesia. Ma le accuse di distruggere la vegetazione e rendere impossibile la vita della fauna selvatica ha messo sul piede di guerra gli ambientalisti
È una scelta difficile per l’Italia, dove il 95% del biodiesel è prodotto con olio di palma, ma l’Europa va in questa direzione: l’olio di palma dovrà scomparire dai biocarburanti entro il 2030. A dire il vero, la nuova legge sull’energia verde (direttiva 2018/844), approvata il 30 maggio 2018 dal Parlamento Europeo dopo due anni di complessi negoziati, impone alle compagnie petrolifere l’obbligo di dichiarare la presenza di olio di palma e fissa un limite massimo di sussidi ai biocarburanti prodotti dalle colture alimentari. L’accordo raggiunto tra Commissione, Consiglio europeo e Parlamento, nell’ambito del programma di incremento dell’uso di energia prodotta da fonti rinnovabili e dopo un lungo braccio di ferro, prevede l’eliminazione graduale delle colture ‘ad alto rischio’ di deforestazione (anche se il Parlamento aveva proposto lo stop entro il 2021). Un accordo che non piace per nulla ai Paesi del Sud-Est asiatico direttamente interessati, ossia Indonesia e Malesia (insieme producono oltre l′80 percento dell’olio di palma mondiale) e che avevano già minacciato ritorsioni. Reazioni a parte, l’ultima parola spetta alla Commissione Europea che deve emanare un regolamento d’attuazione entro il primo trimestre 2019, prima delle elezioni europee, per poi poter essere approvato entro la fine del 2019. Meno di tre mesi di tempo per mettere nero su bianco le misure che dovrebbero rendere concreto questo passaggio.
L’OMS SULLE LOBBY – Nel frattempo, però, il dibattito resta aperto. Nei giorni scorsi l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un’analisi condotta da un gruppo di scienziati nella quale si accusa l’industria dell’olio di palma di adottare pratiche simili a quelle messe in atto dalle lobby del tabacco e dell’alcool per influenzare la ricerca scientifica. L’obiettivo sarebbe quello di contestare regole più stringenti e confondere le acque su quelli che sono i rischi legati alla coltivazione e all’uso dell’olio di palma.
LA BATTAGLIA CONTRO LA DEFORESTAZIONE – Agli inizi di dicembre, un gruppo di attivisti di Greenpeace si è incatenato davanti allo stabilimento della multinazionale Mondelēz, che nella sede di Capriata d’Orba (Alessandria) produce snack contenenti olio di palma per il mercato italiano. Sempre a fine 2018, mentre attraccava nel porto di Rotterdam, una nave cisterna carica di prodotti di Wilmar, il più grande fornitore globale di olio di palma (che controlla il 40% circa del commercio globale), è stata oggetto di un’azione non violenta da parte di Greenpeace. Poche settimane dopo, in seguito ad anni di manifestazioni, pressioni, dossier, Wilmar International ha annunciato che entro la fine del 2019 mapperà tutti i terreni appartenenti ai propri fornitori per monitorare quanto accade nelle piantagioni, anche attraverso l’uso di satelliti ad alta risoluzione. Se un fornitore dovesse essere collegato a operazioni che danneggiano o distruggono la foresta, Wilmar sospenderà immediatamente le relazioni commerciali con questo operatore.
LA CAMPAGNA #SAVEPONGO – Ma se negli ultimi anni l’uso dell’olio di palma negli alimenti e nelle sostanze chimiche sta diminuendo, quello usato per il biodiesel è invece quadruplicato. L’Unione Europa prevede dei sussidi su questa pratica e definisce questi carburanti ‘green’. “I biodiesel a base di olio di palma – denuncia Legambiente – di sostenibile e verde hanno ben poco e contribuiscono, indirettamente, alla deforestazione e alla messa in pericolo della fauna selvatica”. Proprio per fare pressing sulla Commissione Europea è partita la campagna ‘#SavePongo’, lanciata da una coalizione di ong ambientaliste di tutta europa e promossa in Italia da Legambiente per chiedere la messa al bando dei carburanti prodotti con olio di palma “che provocano la distruzione delle foreste pluviali e – denunciano le associazioni – l’estinzione degli Orango. Questi primati non hanno più di che nutrirsi e, quando si avvicinano ai frutti delle palme, vengono uccisi”. Ogni giorno ne muoiono 25 a causa della deforestazione e dell’espansione delle piantagioni. Contestualmente alla campagna è partita anche la petizione #NotInMyTank su sumofus.org con l’invito a firmala entro il 21 gennaio, giorno in cui ci sarà la prima manifestazione europea organizzata dalle associazioni.
LA SITUAZIONE IN ITALIA – Se la Norvegia ha anticipato tutti e, a dicembre 2018, il Parlamento ha deciso di vietare in tutto il Paese l’utilizzo dell’olio di palma come biocarburante già a partire dal 2020 (si tratta del primo Paese al mondo che fa questo passo), per altre realtà non è così semplice. L’Italia è tra queste. Secondo i dati di Transport&Environment, nel nostro Paese il 95% del biodiesel è stato prodotto nel 2017 con olio di palma. Siamo, inoltre, il secondo maggiore produttore di biodiesel da olio di palma in tutta Europa: nel 2017, insieme a Spagna e Paesi Bassi, l’Italia ha raffinato l’83% di questo olio vegetale. Eppure, secondo un sondaggio Ipsos, l’87% degli italiani non sa di mettere questa materia prima nei propri serbatoi quando va a fare rifornimento. Legambiente ha lanciato un appello al ministro per l’Ambiente Sergio Costa e al ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio, affinché prevedano una drastica riduzione delle importazioni di olio di palma per usi energetici nel prossimo Piano Nazionale Clima ed Energia. “Già oggi – ha sottolineato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – si possono produrre biocarburanti avanzati che sostituiscono l’olio di palma, riciclando scarti in un’ottica di economia circolare, come l’olio di frittura che già costituisce una valida e competitiva alternativa”.
UN OLIO DI PALMA SOSTENIBILE – Da tempo si parla anche della possibilità di produrre olio di palma sostenibile attraverso una certificazione da ottenere seguendo criteri di conformità. Una strada che, secondo alcune ong, non risolverebbe il problema. C’è anche un’altra questione, messa in luce in un recente rapporto dell’International Union for the Conservation of Nature (Iucn), secondo il quale è vero che la distruzione della foresta pluviale per fare spazio alle piantagioni di olio di palma minaccia più di 190 specie in Indonesia e Malesia ma, allo stesso tempo, vietare questo tipo di produzione sostituendo le piantagioni con quelle di soia, mais e colza e ricavare così altri tipi di oli vegetali, porterebbe a un consumo di suolo nove volte superiore. Nel 2004 è nato il Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil), che riunisce coltivatori, raffinatori, industria manifatturiera, distributori e banche. Dal 2013 è attiva anche la certificazione Palm oil innovation group (Poig), supportata tra gli altri dal Wwf, Greenpeace e altre grandi aziende già certificate dal Rspo. Gli obiettivi sono quelli di preservare determinate foreste, ma anche garantire la tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera.
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".