La procura non ha perdonato niente, neanche la presunta truffa di due dipendenti per ottenere buoni pasto per un valore di 780 euro circa. Un episodio che, di fronte agli altri, è minimo. Ma c’è anche questa ipotesi di reato nell’avviso di conclusione dell’inchiesta sulla gestione del Salone del libro di Torino, negli ultimi anni della presidenza di Rolando Picchioni e poi quella di Giovanna Milella. Ventinove sono gli indagati tra i quali spicca il nome dell’ex sindaco Piero Fassino, indagato per tre episodi di turbativa d’asta, dell’assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi e del responsabile dei beni culturali di Intesa San Paolo, Michele Coppola, ex assessore della giunta Cota.

L’inchiesta è nata nel 2015 seguendo l’ipotesi di peculato contestata all’ex presidente della kermesse dell’editoria: secondo la procura di Torino (pm Gianfranco Colace) nell’arco di cinque anni Picchioni avrebbe speso circa 850mila euro “per finalità personali e comunque estranee alle finalità” della Fondazione per il libro. Gli approfondimenti condotti dai carabinieri della polizia giudiziaria hanno rivelato che Picchioni, ex deputato Dc con un trascorso di sottosegretario alla Cultura tra il 1978 e il 1981, aveva una gestione abbastanza allegra della fondazione pubblica. Lo dimostrerebbero, ad esempio, le gare d’appalto bandite per l’organizzazione delle edizioni 2015 e 2016, ma anche i bilanci.

Secondo l’accusa, non c’era verso che il Salone del libro venisse organizzato in spazi diversi dal Lingotto, l’ex fabbrica Fiat diventata polo fieristico. Era diventato impossibile per i concorrenti partecipare alle gare pubbliche. L’edizione del 2015, ad esempio, già oggetto di un procedimento (che portò ad alcuni arresti nell’estate 2016), era stata affidata direttamente alla filiale italiana del colosso Gl Events, che gestisce il Lingotto Fiere. Tutto ciò è stato fatto “con la fittizia motivazione dell’urgenza, così evitando di effettuare le procedure di evidenza pubblica”, ma anche con “collusioni e altri mezzi fraudolenti” e per questo la procura contesta la turbativa d’asta all’ex presidente, a Fassino, all’assessore Parigi, all’ex consigliere Roberto Moisio, al dg di Gl Events Italia Regis Faure e al direttore commerciale del Lingotto Roberto Fantino. A questi nomi si aggiunge quello del successore di Picchioni, Giovanna Milella, per il bando per il triennio 2016-2018: nel 2015 era stato stipulato un contratto triennale d’affitto del Lingotto per 1,16 milioni di euro l’anno e poi nel bando di gara per l’organizzazione materiale della rassegna erano state inserite una serie di clausole a favore di Gl Events Italia. Nonostante le dimissioni di Picchioni, avvenute nel maggio 2015 dopo l’avviso di garanzia per peculato, il 30 ottobre successivo aveva chiesto a Moisio e all’ex capo della comunicazione della Fondazione Nicola Gallino notizie sulle domande presentate. Per questo i tre sono indagati anche di rivelazione di segreto d’ufficio.

Tra le gare truccate, secondo la procura c’è anche quella per la scelta di un nuovo socio fondatore che doveva subentrare col compito di dare ossigeno alla Fondazione per il libro in crisi economica. L’ex sindaco Fassino aveva condotto una trattativa per portare Intesa San Paolo e dopo, insieme all’ex assessore Coppola (diventato direttore dei beni culturali del gruppo) e Milella, aveva affidato un incarico a due avvocati affinché predisponessero due bandi che “di fatto recepivano gli accordi già avvenuti tra Intesa San Paolo e Fondazione ed escludevano altri soggetti potenzialmente interessati”. Un grosso capitolo dell’indagine è stata dedicata a sei bilanci che per gli inquirenti sono taroccati (dal 2010 al 2015) con l’iscrizione, tra gli attivi, del valore gonfiato del marchio del Salone del libro, valutato in 1,8 milioni di euro. In questo modo, con la complicità del collegio dei revisori e altri, i debiti della Fondazione venivano “nascosti”. “Chiunque mi conosca, sa bene che ho sempre esercitato ogni incarico istituzionale affidatomi con rigoroso rispetto delle leggi e scrupolosa tutela dell’interesse pubblico. E senza alcun interesse personale”, ha affermato Fassino (assistito dall’avvocato Carlo Federico Grosso) che ha voluto sottolineare un aspetto: “L’amministrazione comunale ha operato insieme alle altre istituzioni con l’unico obiettivo di salvaguardare la più prestigiosa iniziativa italiana del libro e di perseguire il bene di Torino”.

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