Una “truffa”, tutta “fuffa mediatica e controproducente”. Una “patacca”. In una parola: da abolire il prima possibile. Le opposizioni, capitanate da esponenti del Partito democratico, hanno avuto questa idea per contrastare il reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle: raccogliere le firme per cancellare la legge. Poco importa se ancora non è entrata in vigore, loro sono già pronti a mobilitarsi: raccolte firme, banchetti e campagne civiche. Tutto finalizzato, di fatto, a un referendum contro i poveri. Perché il problema, per i promotori, non sono le modalità di attuazione, i paletti, i limiti. Ma proprio il reddito in sé.
Il primo ad avere l’idea è stato l’ex sottosegretario agli Affari europei del Pd Sandro Gozi: il grande europeista che rivendica di essere vicino ad Emmanuel Macron, anche ora che il presidente francese è assediato dai gilet gialli. E anzi, dalle colonne del Foglio, ha lanciato l’idea della campagna per un referendum abrogativo. “E’ l’occasione per una grande mobilitazione civica”, è la sua spiegazione. “Sono disposto a metterci subito la faccia contro questo obbrobrio”. Sul carro dei sognatori è salito subito Vittorio Feltri, che sulle pagine di Libero ha lanciato un appello ai berluscones (parole sue) perché si mobilitino contro “la sceneggiata napoletana“. Poco dopo si sono unite l’azzurra Mara Carfagna, che l’ha definita “un’idea da non sottovalutare”, e addirittura la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, teorica della destra sociale, che ha praticamente già iniziato la raccolta firme. Il Partito democratico, in ogni caso, fa il timido: c’è stata sì la spinta di Gozi, ma non tutti hanno ancora avuto il coraggio (o la lucidità) di appoggiarlo pubblicamente. Forse voleva andare in suo aiuto l’ex ministra Maria Elena Boschi quando su Twitter ha evocato direttamente il successo de lo Stato Sociale allo scorso Sanremo e ha attaccato il reddito dei grillini, dicendo che ora l’inno sarà “Una vita in vacanza”. Non l’hanno presa bene quelli della band bolognese, ma neppure molti degli elettori in rete.
Le parole di Gozi hanno sorpreso molti dentro il Partito democratico. Anche perché il primo embrione dell’annunciato reddito di cittadinanza l’avevano studiata loro quando erano al governo. Il famoso Rei, reddito di inclusione, era più o meno questo: un tentativo di riprendere il terreno perso a sinistra rilanciando con una misura simile e che, al tempo, sognava di essere innovativa. Forse l’ex sottosegretario nemmeno era d’accordo ai tempi, sta di fatto che ora ha deciso di guidare la battaglia per cancellare la riforma M5s. “Anche se la legge ancora non c’è, è giunto il momento di dar vita al comitato promotore per un referendum che abroghi il reddito di cittadinanza, e io sono disposto a metterci subito la faccia”, ha detto Gozi nei giorni scorsi, facendo seguito al suo intervento su il Foglio. “La battaglia per cancellare immediatamente questo reddito di cittadinanza”, è la motivazione del democratico, “coincide con quella di chi afferma che bisogna andare avanti, investire nelle infrastrutture, credere nelle proprie capacità sia a livello personale sia come popolo. Insomma, è la battaglia di chi crede che il lavoro si crei con lo sviluppo, e non con i sussidi”. Anzi, per Gozi, l’idea migliore sarebbe quella di partire “dalla piazza di Torino, dove si manifesta per il sì alla Tav”. Perché le due campagne, sempre secondo Gozi, sarebbero strettamente collegate. Quindi ha chiuso la sua argomentazione con una precisazione: “Questo referendum non sarà per opporsi a chi sostiene che serva una misura di sostegno al reddito, d’inclusione sociale e di accompagnamento al lavoro. No: si tratta di un referendum fatto contro questo reddito di cittadinanza, questo obbrobrio partorito dal governo grilloleghista. Un referendum non contro il principio sacrosanto di aiutare gli ultimi, di accompagnare le persone nella ricerca di un lavoro dignitoso, ma un referendum contro una misura pensata male e scritta peggio, una mancia indegna che non garantisce lavoro e che anzi incentiva il nero”.
Noi, cara @meb, preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione.
Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra. https://t.co/SQ48BmDToc— Lo Stato Sociale (@lostatosociale) January 18, 2019
I colleghi del Pd intanto non sono rimasti a guardare. Se è pur vero che nessuno ha ancora avuto il coraggio di unirsi nella campagna per la raccolta firme per fare il referendum contro i poveri, la maggior parte ha comunque scelto di condannare la riforma come “una truffa su tutta la linea”. “E’ una patacca, infarcita di paletti per ridurre la platea degli utilizzatori, che sarà pagata a caro prezzo da tutti con aumento delle tasse e dell’Iva”, ha detto il senatore Andrea Marcucci su Twitter al grido di “Paga il popolo”. Ma l’azzardo più grosso di tutti l’ha fatto Meb, come si fa chiamare su Twitter Maria Elena Boschi: “Dice Di Maio”, ha scritto subito dopo la conferenza stampa dei due vicepremier, “che col reddito di cittadinanza da oggi cambia lo Stato Sociale. La colonna sonora infatti diventa ‘Una vita in vacanza’”. La citazione è più o meno chiara a tutti: tira in ballo la band bolognese Lo Stato Sociale e uno dei loro più grandi successi. Tanto che il gruppo ha scelto di replicarle, sempre in rete: “Noi preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione. Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra”. Un attacco, ma pur sempre basato sulla cronaca. Perché Meb è stata davvero a cena con Salvini and company per parlare di giustizia.
Eppure a cercare di lanciare un segnale al Pd, ci hanno provato l’ex ministro Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi del Centro Studi Previdenza di Lavoro e Welfare: “A Quota 100 e al Reddito di cittadinanza non dobbiamo opporci: si tratta di due misure inventate dal Pd per difendere i più deboli. La prima, introdotta nel 2007 dal Governo Prodi; la seconda, da Renzi. La domanda che dovremmo porci è come mai le nostre bandiere sono scivolate nelle mani dei gialloverdi”, hanno dichiarato. Ma a queste frasi, nessuno dei democratici ha preferito replicare.
Dal fronte berlusconiano prendono tempo. Hanno ascoltato l’appello di Feltri, ma sanno che l’iniziativa, cioè fare campagna per un referendum contro i poveri, potrebbe avere qualche effetto negativo. “Un bel referendum sul tema in questione garantirebbe un successo clamoroso a Forza Italia tale da rinvigorirla, rendendola di nuovo protagonista della vita pubblica nazionale”, ha scritto Feltri. Mara Carfagna, già vicepresidente della Camera che studia da leader, ha detto che ci sta, ma ha preferito starsene dietro le quinte per vedere chi va avanti per primo. “È sacrosanto il principio secondo cui lo Stato ha il dovere di combattere la povertà, aiutare i più deboli e sostenere chi ha perso il posto di lavoro”, ha detto per mettere le mani avanti. “Ma è devastante che un governo metta in campo misure come il reddito di cittadinanza che favoriscono evidentemente il lavoro nero, derubando non soltanto chi paga le tasse, ma colpendo anche i lavoratori onesti con l’inevitabile alterazione del mercato del lavoro e dei salari. Per non parlare della vergogna dei disabili che saranno discriminati rispetto agli altri: solo una parte potrà accedere alla stessa cifra destinata a chi non lavora. Per queste ragioni nessuno dovrebbe sottovalutare l’idea di una raccolta di firme e di un referendum contro questo reddito di cittadinanza”.
Non ha dubbi invece Fratelli d’Italia. A Giorgia Meloni non è sembrato vero e ha già lanciato la sua personale campagna di banchetti e piazze. “Fdi è pronta a costituire i comitati per la raccolta delle firme”, ha detto in una lettera a Libero. “Per Fratelli d’Italia lo Stato ha il dovere morale di aiutare chi non può, per ragioni oggettive, lavorare: i bambini (la nostra proposta storica si chiama reddito d’infanzia), gli invalidi (raddoppiando l’assegno di invalidità) e gli anziani (alzando le pensioni minime e anticipando la pensione sociale agli over 60 privi di reddito). Per tutti gli altri, invece, il compito dello Stato è favorire il lavoro, creando i presupposti per la crescita e mettendo chi può assumere in condizione di farlo”. E ha quindi chiuso: “Perché la povertà si sconfigge solo creando ricchezza”. Intanto, mentre si creano le condizioni per aiutare i poveri, la proposta è di abrogare il reddito di cittadinanza e toglierlo ai poveri.