Hanno criticato in molti, negli ultimi giorni, su diverse testate giornalistiche e sui social, prima l’accoglienza di Cesare Battisti all’aeroporto di Ciampino, da parte di Matteo Salvini e di Alfonso Bonafede, poi il video postato da quest’ultimo su Facebook, un cortometraggio con uno stile, un commento musicale e un montaggio tipici del più trito marketing emozionale, quello da cui oggi persino i bambini riescono a prendere le distanze. Si è parlato di spettacolarizzazione indebita, di strumentalizzazione dell’evento a fini propagandistici e di cattivo gusto, dimenticando che in politica la spettacolarizzazione di cattivo gusto c’era anche prima di questo governo, c’è anche all’estero (molto), e spesso è additata come una colpa proprio da chi solo in quel momento non la mette in scena, ma è pronto a farlo alla prima occasione.

Tutto normale, allora? Certo che no, perché in questo caso ci sono aggravanti di rilievo. Innanzitutto le critiche più pesanti sono arrivate dall’Unione delle Camere Penali Italiane (qui la rassegna stampa) e dalla Camera Penale di Roma, che presenterà un esposto per violazione dell’articolo 114 del Codice di procedura penale e dell’articolo 42 bis dell’ordinamento penitenziario. Che l’avvocato (civilista) Bonafede sia attaccato da associazioni di avvocati (penalisti) è indubbiamente un’aggravante.

Ma la cosa peggiore, per la comunicazione a più voci di questo governo – che per diversi mesi ha funzionato molto bene – è che sia lo show a Ciampino sia il cortometraggio “emotional” sembrano il segnale più grave di un crescendo di errori, da parte di Salvini innanzitutto, ma anche di Di Maio, Bonafede, Toninelli e tutta la compagnia. Un crescendo che – pericolosamente per loro – ricorda un po’ troppo quello di Matteo Renzi: forte, sempre più forte, fortissimo, fino all’ubriacatura di consensi, ma in modo sempre autoreferenziale, senza la capacità di fermarsi per ascoltare le critiche, senza mai fare attenzione ai segnali di disagio e preoccupazione da parte dei propri stessi elettori. Fino allo schianto finale.

Cosa vuol dire forte, sempre più forte, fortissimo? Per Renzi erano le apparizioni continue in tv, la sovraesposizione, i servizi nei magazine di gossip (vi ricordate Renzi su Chi con il carrellone della spesa?), le battutine a effetto, il continuo “io-io-io”, l’etichettare come “gufi” quelli che lo criticavano. Invece era lui a non vedere la realtà. Ebbene, Salvini, Di Maio, Bonafede & Co non sono ancora a questo punto, ma se continuano così rischiano di arrivarci.

Qualche esempio? Ho già scritto dei continui buongiorno e buonanotte di Salvini, sempre accompagnati da foto con piatti di pasta, dolcetti grassi, prelibatezze locali. Per un po’ quel cibo pop ha funzionato: mangio come voi, significava. Ma ora è troppo, ha stancato, basta. Soprattutto perché in Italia ci sono 5 milioni di poveri assoluti che mangiano poco e niente, magari alle mense di carità (quando riescono), e 9 milioni di poveri relativi, che fanno la spesa al discount dove le marche fotografate da Salvini non ci sono proprio.

Un errore analogo è stato il video di Capodanno, quello in cui Di Maio e Di Battista ci facevano gli auguri, con un sorriso esagerato, dalla montagna, con le piste da sci alle spalle, in un’atmosfera da vecchio cinepanettone: dite tanto di voler rappresentare gli italiani più disagiati, i più poveri, quelli che stanno male, e vi fate ritrarre in un luogo che per i poveri, i disagiati, quelli che stanno male è del tutto inaccessibile?

E poi guardiamo i continui cambiamanti di divisa di Salvini. L’intenzione è, ancora una volta, dire sono come voi, indicare vicinanza alla categoria: la polizia, i vigili del fuoco, la polizia penitenziaria (in questo caso anche Bonafede ci è cascato). Uno ogni tanto ci può stare. Ma farlo in continuazione implica usare le divise come abiti da cambiare a seconda della festa, e quindi svilirle, togliere loro pregnanza simbolica. Non a caso alcuni rappresentanti delle varie categorie hanno già espresso il loro disagio.

Ebbene, gli errori capitano a tutti, chi non fa non sbaglia (lo ripetono gli stessi Salvini, Di Maio & Co). Ma la capacità di imparare dagli errori e di capire cosa c’è di vero nelle critiche, la capacità di trasformare le critiche in suggerimenti preziosi per correggersi, migliorarsi, per non ripetere più lo stesso sbaglio, sono fondamentali nella comunicazione come nella vita. È questa capacità che mancò a Renzi e lo portò a schiantarsi. È la stessa mancanza che comincio a vedere in Salvini, Di Maio, Bonafede & Co.

Insomma, i vari «Me ne frego» di Salvini, più che rivolti all’Europa e ai potentati contro cui di volta in volta si scaglia, sembrano sempre più spesso rivolti al suo stesso elettorato. E più che ricordarmi un lontano passato fascista, a me ricordano il passato recente dei “me ne frego” impliciti e silenziosi di Renzi, che non pronunciava le precise parole ma si comportava come se le avesse dette e lo faceva ripetutamente, senza mai fermarsi a riflettere. Fino a schiantarsi.

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