Le debolezze e le criticità del sistema bancario italiano sono tali che basta davvero poco per farle emergere. Lo si è visto bene nei mesi scorsi, quando l’impennata dello spread ha messo a dura prova la tenuta di alcuni istituti di credito e ha provocato le prime avvisaglie di una stretta sui nuovi finanziamenti a imprese e famiglie: la ragione va ricercata nel fatto che le banche italiane hanno in portafoglio troppi titoli di Stato italiani. Quando il prezzo dei Btp scende, anche il patrimonio delle banche si riduce e ciò limita la possibilità di erogare nuovi crediti. Per gli istituti meno patrimonializzati, poi, la crescita dello spread ha rischiato di erodere il patrimonio spingendolo al di sotto dei minimi regolamentari e di obbligare quindi queste banche, tra cui il Monte dei Paschi di Siena, a lanciare aumenti di capitale in un momento di mercato difficilissimo.
Dopo mesi di silenzio e di riflettori puntati su altro (reddito di cittadinanza, flat tax, questione immigrazione), il governo è stato costretto in fretta e furia a prendere in mano l’esplosivo dossier banche. Ha dovuto farlo innanzitutto per evitare la deflagrazione di Carige, con tutto ciò che avrebbe comportato per l’economia ligure e non solo: l’istituto genovese ha poco meno di 4.500 dipendenti, circa 530 sportelli ed è presente in ben 13 regioni. Le soluzioni tampone però non bastano a scongiurare una nuova crisi bancaria e il tempo è tiranno sia perché entro giugno il governo deve sciogliere le riserve e dire chiaramente alla Commissione Ue come intende uscire dal capitale di Mps, sia perché più l’economia rallenta più il rischio di nuove crisi si fa concreto e reale. In questa situazione, e dati anche i problemi strutturali del sistema bancario italiano, il governo sembra spingere verso il consolidamento del settore, attraverso delle aggregazioni mirate. Lo ha detto chiaramente il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Stefano Buffagni, sottolineando come questo sia un momento “nel quale si possa ragionare per andare nella direzione di aggregazione tra istituti per rendere più solido il nostro sistema. Credo che il pubblico debba fare una regia, facendo in modo che certi manager mettano da parte i loro egoismi personali per difendere le poltrone e si lavori in un’ottica di sistema”. L’obiettivo? Far nascere “un terzo polo importante all’interno del sistema Italia” che si affianchi ai colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Così si apre il risiko e sul tavolo vi sono diverse ipotesi e non pochi problemi da superare, il primo fra i quali lo ha indicato lo stesso Buffagni facendo riferimento alla governance delle banche e alla questione delle poltrone che in tanti casi ha contribuito a frenare o a far saltare ogni possibilità di intesa tra istituti. Un’altra questione riguarda il ruolo di regia del governo, ruolo che oltre certi limiti diviene improprio e prefigura un controllo politico sulle banche che tanti disastri ha causato in passato. Chissà poi se si resisterà alla tentazione di sistemare tutto in fretta nascondendo la polvere sotto il tappeto: nei giorni scorsi, tra le ipotesi di sistemazione di Carige si era ventilata l’idea di un matrimonio con Monte dei Paschi. Un’ipotesi che desta più di una perplessità. Carige, per quanto commissariata, al momento è ancora una banca privata e un’aggregazione con Mps (istituto di ben maggiori dimensioni, con oltre 23mila dipendenti e presente in tutta Italia) lascerebbe intendere un salvataggio per mano pubblica dell’istituto genovese, salvataggio che difficilmente potrebbe avere il via libera di Bruxelles e di Francoforte per almeno due ragioni: la prima è che lo Stato, titolare di una partecipazione del 68% nel capitale dell’istituto senese, si è impegnato formalmente a uscire dall’azionariato e se anche venisse concessa una proroga di qualche mese o anno, quasi certamente non verrebbe consentito di allargare il perimetro di Mps sotto l’ala pubblica.
L’altra ragione è puramente industriale oltre che di buon senso: la banca senese ha a sua volta la necessità di finire sotto l’ala di un gruppo di maggiori dimensioni, più efficiente e redditizio. Lo dimostrano la quotazione in Borsa e le difficoltà che Mps sta incontrando nel rispettare il suo piano di rilancio, difficoltà evidenziate dalla Bce nella sua lettera di dicembre. Impensabile in queste condizioni che Mps faccia da polo aggregante. Per l’istituto genovese (e per Mps), dunque, andranno trovate altre soluzioni. Su Carige le indiscrezioni si sprecano, così come le smentite ufficiali, ma l’ipotesi più probabile è che possa essere assorbita da Unicredit sempre che il governo sia disposto a garantire condizioni e garanzie simili a quelle che Intesa Sanpaolo spuntò per rilevare la parte “buona” delle due ex popolari venete. Ma il governo gialloverde sarà disposto a fare simili concessioni a una banca? Il rischio è che si perdano altri mesi di tempo, che la crisi di Carige – che viene da lontano – si avviti sempre più e che alla fine si arrivi poi alla soluzione, ma costi sociali ed economici maggiori per imprese e famiglie. Staremo a vedere.
Il caso Mps è ancora più spinoso di quello di Carige, sia per ragioni “politiche” (era la banca “rossa” per eccellenza), sia per ragioni economiche e sociali: nonostante il ridimensionamento dovuto alla pesantissima crisi finanziaria, Mps è ancora “grande” per numero di dipendenti, di clienti privati e di aziende, anche del territorio. In questi anni nessuno si è fatto avanti per rilevarla e anche oggi – nonostante la pulizia dei bilanci, la ricapitalizzazione preventiva con i soldi pubblici e la cessione di un grande quantità di crediti in sofferenza – l’appeal della banca senese è pressoché nullo per gli investitori a causa dei tanti problemi e della bassa redditività. Messa così, è difficile intravvedere una via d’uscita per lo Stato azionista e la scadenza di giugno (quando il governo dovrà dire a Bruxelles come intende uscirne) si fa di giorno in giorno più impellente. Tuttavia – non si sa ancora con quale consistenza e credibilità – inizia a farsi strada negli ambienti finanziari una “folle idea”: quella di accasare il Monte con una realtà più piccola ma più sana e che gode del supporto, in qualità di primo azionista, di un grande gruppo finanziario. Si tratta di Bper e del gruppo Unipol, che da tempo sta studiando il conferimento della propria banca – la disastrata Unipol Banca, il cui risanamento è costato una fortuna in questi anni al gruppo assicurativo – alla controllata Bper. In quest’ipotesi tutto tornerebbe – compreso il fatto che quelli che nell’ormai lontano 2005 “volevano una banca” finalmente ce l’avrebbero – ma battute a parte, le difficoltà di realizzazione di un’operazione di sistema che coinvolga questi o altri attori non sono banali e gli ostacoli, anche di carattere politico, potrebbero risultare insormontabili.
Comunque sia, il dossier banche è ora sul tavolo e già nelle prossime settimane si riuscirà a capire come si muoverà il governo. La speranza è che questa volta si parli di meno e si faccia di più, approfittando del fatto che la situazione è seria ma (non ancora) grave.
Lobby
Mps, entro giugno il governo deve decidere. L’ipotesi terzo polo e la “folle idea” del matrimonio con Unipol Banca
L'esecutivo sembra spingere verso il consolidamento del settore attraverso aggregazioni mirate. Come ha detto chiaramente il sottosegretario alla presidenza del consiglio Stefano Buffagni. C'è poi la suggestione (che lascia perplessi) di un'unione con Carige, mentre inizia a farsi strada negli ambienti finanziari uno scenario che coinvolgerebbe il gruppo finanziario bolognese
Le debolezze e le criticità del sistema bancario italiano sono tali che basta davvero poco per farle emergere. Lo si è visto bene nei mesi scorsi, quando l’impennata dello spread ha messo a dura prova la tenuta di alcuni istituti di credito e ha provocato le prime avvisaglie di una stretta sui nuovi finanziamenti a imprese e famiglie: la ragione va ricercata nel fatto che le banche italiane hanno in portafoglio troppi titoli di Stato italiani. Quando il prezzo dei Btp scende, anche il patrimonio delle banche si riduce e ciò limita la possibilità di erogare nuovi crediti. Per gli istituti meno patrimonializzati, poi, la crescita dello spread ha rischiato di erodere il patrimonio spingendolo al di sotto dei minimi regolamentari e di obbligare quindi queste banche, tra cui il Monte dei Paschi di Siena, a lanciare aumenti di capitale in un momento di mercato difficilissimo.
Dopo mesi di silenzio e di riflettori puntati su altro (reddito di cittadinanza, flat tax, questione immigrazione), il governo è stato costretto in fretta e furia a prendere in mano l’esplosivo dossier banche. Ha dovuto farlo innanzitutto per evitare la deflagrazione di Carige, con tutto ciò che avrebbe comportato per l’economia ligure e non solo: l’istituto genovese ha poco meno di 4.500 dipendenti, circa 530 sportelli ed è presente in ben 13 regioni. Le soluzioni tampone però non bastano a scongiurare una nuova crisi bancaria e il tempo è tiranno sia perché entro giugno il governo deve sciogliere le riserve e dire chiaramente alla Commissione Ue come intende uscire dal capitale di Mps, sia perché più l’economia rallenta più il rischio di nuove crisi si fa concreto e reale. In questa situazione, e dati anche i problemi strutturali del sistema bancario italiano, il governo sembra spingere verso il consolidamento del settore, attraverso delle aggregazioni mirate. Lo ha detto chiaramente il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Stefano Buffagni, sottolineando come questo sia un momento “nel quale si possa ragionare per andare nella direzione di aggregazione tra istituti per rendere più solido il nostro sistema. Credo che il pubblico debba fare una regia, facendo in modo che certi manager mettano da parte i loro egoismi personali per difendere le poltrone e si lavori in un’ottica di sistema”. L’obiettivo? Far nascere “un terzo polo importante all’interno del sistema Italia” che si affianchi ai colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Così si apre il risiko e sul tavolo vi sono diverse ipotesi e non pochi problemi da superare, il primo fra i quali lo ha indicato lo stesso Buffagni facendo riferimento alla governance delle banche e alla questione delle poltrone che in tanti casi ha contribuito a frenare o a far saltare ogni possibilità di intesa tra istituti. Un’altra questione riguarda il ruolo di regia del governo, ruolo che oltre certi limiti diviene improprio e prefigura un controllo politico sulle banche che tanti disastri ha causato in passato. Chissà poi se si resisterà alla tentazione di sistemare tutto in fretta nascondendo la polvere sotto il tappeto: nei giorni scorsi, tra le ipotesi di sistemazione di Carige si era ventilata l’idea di un matrimonio con Monte dei Paschi. Un’ipotesi che desta più di una perplessità. Carige, per quanto commissariata, al momento è ancora una banca privata e un’aggregazione con Mps (istituto di ben maggiori dimensioni, con oltre 23mila dipendenti e presente in tutta Italia) lascerebbe intendere un salvataggio per mano pubblica dell’istituto genovese, salvataggio che difficilmente potrebbe avere il via libera di Bruxelles e di Francoforte per almeno due ragioni: la prima è che lo Stato, titolare di una partecipazione del 68% nel capitale dell’istituto senese, si è impegnato formalmente a uscire dall’azionariato e se anche venisse concessa una proroga di qualche mese o anno, quasi certamente non verrebbe consentito di allargare il perimetro di Mps sotto l’ala pubblica.
L’altra ragione è puramente industriale oltre che di buon senso: la banca senese ha a sua volta la necessità di finire sotto l’ala di un gruppo di maggiori dimensioni, più efficiente e redditizio. Lo dimostrano la quotazione in Borsa e le difficoltà che Mps sta incontrando nel rispettare il suo piano di rilancio, difficoltà evidenziate dalla Bce nella sua lettera di dicembre. Impensabile in queste condizioni che Mps faccia da polo aggregante. Per l’istituto genovese (e per Mps), dunque, andranno trovate altre soluzioni. Su Carige le indiscrezioni si sprecano, così come le smentite ufficiali, ma l’ipotesi più probabile è che possa essere assorbita da Unicredit sempre che il governo sia disposto a garantire condizioni e garanzie simili a quelle che Intesa Sanpaolo spuntò per rilevare la parte “buona” delle due ex popolari venete. Ma il governo gialloverde sarà disposto a fare simili concessioni a una banca? Il rischio è che si perdano altri mesi di tempo, che la crisi di Carige – che viene da lontano – si avviti sempre più e che alla fine si arrivi poi alla soluzione, ma costi sociali ed economici maggiori per imprese e famiglie. Staremo a vedere.
Il caso Mps è ancora più spinoso di quello di Carige, sia per ragioni “politiche” (era la banca “rossa” per eccellenza), sia per ragioni economiche e sociali: nonostante il ridimensionamento dovuto alla pesantissima crisi finanziaria, Mps è ancora “grande” per numero di dipendenti, di clienti privati e di aziende, anche del territorio. In questi anni nessuno si è fatto avanti per rilevarla e anche oggi – nonostante la pulizia dei bilanci, la ricapitalizzazione preventiva con i soldi pubblici e la cessione di un grande quantità di crediti in sofferenza – l’appeal della banca senese è pressoché nullo per gli investitori a causa dei tanti problemi e della bassa redditività. Messa così, è difficile intravvedere una via d’uscita per lo Stato azionista e la scadenza di giugno (quando il governo dovrà dire a Bruxelles come intende uscirne) si fa di giorno in giorno più impellente. Tuttavia – non si sa ancora con quale consistenza e credibilità – inizia a farsi strada negli ambienti finanziari una “folle idea”: quella di accasare il Monte con una realtà più piccola ma più sana e che gode del supporto, in qualità di primo azionista, di un grande gruppo finanziario. Si tratta di Bper e del gruppo Unipol, che da tempo sta studiando il conferimento della propria banca – la disastrata Unipol Banca, il cui risanamento è costato una fortuna in questi anni al gruppo assicurativo – alla controllata Bper. In quest’ipotesi tutto tornerebbe – compreso il fatto che quelli che nell’ormai lontano 2005 “volevano una banca” finalmente ce l’avrebbero – ma battute a parte, le difficoltà di realizzazione di un’operazione di sistema che coinvolga questi o altri attori non sono banali e gli ostacoli, anche di carattere politico, potrebbero risultare insormontabili.
Comunque sia, il dossier banche è ora sul tavolo e già nelle prossime settimane si riuscirà a capire come si muoverà il governo. La speranza è che questa volta si parli di meno e si faccia di più, approfittando del fatto che la situazione è seria ma (non ancora) grave.
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Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Gli Emirati Arabi Uniti sono desiderosi di migliorare la cooperazione con il vostro Paese amico, al fine di sostenere la pace e la stabilità in Medio Oriente e nel mondo, soprattutto perché i due Paesi hanno orientamenti comuni in questo senso". Lo ha affermato il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"Sono fiducioso -ha aggiunto- che i risultati di questa visita avranno un grande impatto nel far progredire le nostre relazioni in vari campi, alla luce della volontà comune di continuare a lavorare per sviluppare queste relazioni a beneficio dei due Paesi e dei due popoli".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "I nostri Paesi condividono, accanto a una analoga sensibilità per i temi della pace e della cooperazione, una naturale vocazione agli scambi commerciali e apertura agli investimenti. Sono lieto di constatare che la collaborazione bilaterale negli ultimi anni si è notevolmente intensificata. Sono numerose le imprese italiane che operano negli Emirati Arabi Uniti e con esse è in crescita anche la comunità di italiani che nel Suo Paese vive nell’accogliente realtà emiratina". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Lo sviluppo di idee e investimenti in Italia è benvenuto -ha aggiunto il Capo dello Stato- e queste prospettive saranno opportunamente approfondite nel forum imprenditoriale che si svolgerà domani. Accanto ai settori tradizionali, troveranno certamente posto quelli d’avanguardia e maggiormente proiettati al futuro. Le sfide internazionali passano dalla capacità di affrontare e progettare la transizione energetica che ci vede già collaborare ad ambiziose iniziative, nel quadro della sempre più avvertita consapevolezza che questo sia indispensabile per garantire alle prossime generazioni un futuro che, per essere prospero, dovrà essere sostenibile".
"Abbiamo, con questa consapevolezza, collaborato con il suo Paese -ha ricordato il Presidente della Repubblica- per il raggiungimento dell’accordo sul clima, sancito dalla Cop28 di Dubai che, per la prima volta, richiama esplicitamente la necessità di avviare una transizione dai combustibili fossili".
"Quella tra Emirati Arabi Uniti e Italia è una agenda ricca di opportunità. Penso allo sviluppo del continente africano, che ha tante implicazioni anche per la sua stabilità e per la vita della comunità internazionale. Penso al tema dello spazio. A quello dell’intelligenza artificiale".
"Abu Dhabi e Roma -ha concluso Mattarella- avvertono la responsabilità di contribuire, in una fase così confusa e convulsa della vita internazionale, a fare prevalere una visione incentrata sul valore del dialogo, su uno sviluppo equilibrato e sulla tenace costruzione di relazioni positive fra gli Stati".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Il Mediterraneo e la regione del Medio Oriente vivono oggi un periodo di più accentuata instabilità e di profonde sofferenze. In questi tempi difficili, Emirati Arabi Uniti e Repubblica italiana hanno lavorato insieme per promuovere la pace. Abbiamo condannato con fermezza il disumano e vile attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas –che rinnova atrocità con il crudele spettacolo nella consegna degli ostaggi sopravvissuti e dei corpi di quelli uccisi- e abbiamo esercitato in questi mesi ogni sforzo perché le violenze del conflitto che vi ha fatto seguito -che hanno afflitto gravemente i civili- avessero fine. Oggi l’impegno non può che essere diretto a evitare una ripresa dei combattimenti, a tenere aperto il filo dei colloqui faticosamente costruito in questi mesi, a rimuovere i sedimenti di rancore". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Il ritorno alle ostilità -ha proseguito il Capo dello Stato- non è foriero né di sicurezza futura per Israele, né, tantomeno, di soluzioni per il popolo palestinese, che versa, a Gaza, in condizioni drammatiche. Con ostinazione va ripetuto che il perseguimento della prospettiva due popoli-due Stati resta l’unica in grado di garantire una pace condivisa e sostenibile. Con grande apprezzamento desidero sottolineare lo straordinario aiuto umanitario degli Emirati Arabi Uniti in favore della popolazione di Gaza. È un impegno -quello per salvare vite umane, prestare soccorso ai feriti- che ci ha visto, ancora una volta, lavorare con orgoglio fianco a fianco".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Alla vigilia della gara di campionato con il Monza e dopo il passaggio agli ottavi in Europa League, la Roma ha annunciato che "Niccolò Pisilli ha rinnovato il proprio contratto con il Club fino al 30 giugno 2029".
"Classe 2004, il centrocampista -fiore all’occhiello del settore giovanile giallorosso- è diventato rapidamente un punto di forza della Prima Squadra collezionando 34 presenze complessive (e 4 gol segnati) tra Serie A, Europa League e Coppa Italia", spiega la Roma.
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Le Associazioni dei pazienti "hanno collaborato alla stesura del policy paper di Ovarian Cancer Commitment (Occ) che si articola in sei punti: come Associazione nazionale che sostiene i portatori di mutazione dei geni Brca e le loro famiglie, due di questi ci stanno particolarmente a cuore e sono il riconoscimento dei Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) per le donne ad alto rischio cancro all’ovaio in tutte le Regioni e l’estensione dell’esenzione D99 per le persone portatrici di tumore ovarico in tutte le Regioni. Allo stato attuale soltanto 8 regioni su 20 hanno approvato il Pdta, e soltanto 10 hanno approvato l’esenzione, quindi vuol dire che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B ancora oggi nel 2025". Così Ornella Campanella presidente aBRCAdabra in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è chiuso oggi a Roma.
Per Campanella è importante anche "il riconoscimento della chirurgia di riduzione del rischio all’interno di Lea che ad oggi non c’è – spiega - nonostante si sia ampiamente dimostrata come l’unica strategia in grado di prevenire il cancro all’ovaio nelle donne a rischio in quanto portatrici di mutazione dei geni Brca".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Igino Rugiero, ex Commissario Straordinario dell’Unione Italiana Tiro a Segno (Uits) nel 2019, è uno dei tre candidati alla presidenza dell’ente pubblico e Federazione Sportiva, insieme all’ex presidente Costantino Vespasiano e all’ex atleta Valentina Turisini. Con una lunga carriera militare alle spalle svolta per molto tempo presso le più alte Istituzioni dello Stato, e con profonda passione e conoscenza delle dinamiche interne della Uits, Rugiero si presenta con un programma ambizioso e una visione chiara per il futuro dell’organizzazione che, nel caso fosse eletto, siano al servizio delle Sezioni Tsn e dello Sport e non il contrario.
Rugiero ha intrapreso un tour in tutte le regioni italiane per incontrare gli elettori, non solo per presentare il suo programma, ma anche per farsi conoscere personalmente. “Sto girando praticamente in tutte le regioni e dove non mi è possibile andare cerco di contattare personalmente i presidenti delle Sezioni di Tiro a Segno Nazionale per mettere in condizione, democraticamente, gli elettori di conoscermi non soltanto dal punto di vista programmatico che espongo ovunque io vada, ma anche perchè ritengo che il contatto reale e il guardarsi negli occhi mentre ci si confronta sia un valore aggiunto che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, nelle scelte dei singoli elettori”, ha dichiarato Rugiero all’Adnkronos.
"Questo approccio mira a rispondere alle molte domande e curiosità dei Presidenti e a spiegare loro le ragioni delle spiacevoli situazioni createsi negli ultimi mesi che avevano messo in dubbio non solo la possibilità di andare ad elezioni, ma in particolare avevano destabilizzato le Sezioni di Tsn che si erano viste cadere addosso all’improvviso, senza essere mai state informate dalla Presidenza, la possibilità della approvazione di un emendamento, fortunatamente ora svanita, che avrebbe praticamente distrutto e messo in discussione la sopravvivenza di moltissime delle stesse Sezioni su tutto il territorio nazionale".
Il candidato alla presidenza sottolinea poi l’importanza di un cambiamento politico per migliorare la gestione dell’ente. “L’obiettivo di oggi, indipendentemente dalle tante cose che dovremmo iniziare a fare tutti insieme domani, è ricucire i necessari rapporti con gli Enti Vigilanti e le Istituzioni dello Stato che si sono persi nel tempo a causa di una gestione superficiale ed approssimativa molto fumosa e poco concreta”, ha affermato, riferendosi alla ultima Governance dell’Ente Pubblico e Federazione Sportiva. Rugiero ritiene che “mai come oggi la Uits ha la possibilità di guardare al futuro con ottimismo e visione pragmatica di risoluzione dei tanti temi da affrontare che da troppi anni ormai si porta avanti, il prossimo 15 e 16 marzo ad Ostia, gli elettori chiamati per scegliere il prossimo Presidente Nazionale ed il nuovo Consiglio della Uits avranno la grande opportunità di “cambiare” e di iniziare un nuovo percorso di rinascita che possa ridare alla Uits la dignità ed il riconoscimento istituzionale e sportivo che merita. Le Istituzioni tutte e lo Sport ce lo hanno praticamente chiesto facendocelo capire con i fatti, a noi tutti noti”.
Una delle sfide principali che Rugiero intenderebbe affrontare è quella di finalmente riaprire realmente, e non solo a parole, la collaborazione con il Genio Infrastrutture dell’Esercito per riportare armonia tra le parti e tracciare un percorso di confronto per risolvere le problematiche che purtroppo negli ultimi anni hanno messo in difficoltà molte Sezioni Tsn provocandone addirittura in alcuni casi la chiusura. Il suo programma prevede un percorso di risanamento e rinnovamento anche dell’aspetto sportivo a lui molto caro che riparta dalla promozione dello Sport del Tiro a Segno verso le scuole, verso i giovani e quindi verso le loro famiglie per far capire che questo è uno sport inclusivo, efficace e socialmente importante.
“Bisogna contrastare le percezioni negative legate a episodi di cronaca, bisogna far capire alle famiglie che il nostro è uno sport che può offrire ai giovani, e quindi ai loro figli, un contesto formativo e sicuro ed allo stesso tempo lontano dall’eccesso di distrazioni tecnologiche”. Con una visione chiara e un programma dettagliato, Igino Rugiero si propone come un candidato determinato a guidare l’Unione Italiana Tiro a Segno verso un futuro di rinnovamento e crescita, “Da soli si fallisce, uniti si vince”, il suo motto.
Roma, 23 feb. (Adnkronos Salute) - "La ricerca sta andando avanti spedita soprattutto dal punto di vista genetico e quindi tutta la tematica dei test molecolari è fondamentale. Oggi parliamo e sollecitiamo la rimborsabilità del test Hrd ma c’è già chi sta facendo delle proposte per la rimborsabilità non più riferita al singolo gene, come avvenuto per il Brca, ma a pannelli multigenici, che permettono di analizzare da 30 fino a 500 pannelli di geni. È una nuova prospettiva con cui guardare alle mutazioni e alla complementarietà tra test genomici e genetici e alla loro indispensabilità. L’accesso equo a test molecolari che permettono di definire la terapia su misura di ogni paziente e la possibilità di essere curate nei centri di riferimento di alta specialità, che eseguono un elevato numero di interventi chirurgici all’ovaio, non sono ancora una realtà in Italia". Lo ha detto Nicoletta Cerana presidente Acto Italia Alleanza Contro il Tumore Ovarico ETS in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è concluso oggi a Roma.