Tre anni di carcere per il rampollo della cosca di Archi, periferia nord di Reggio Calabria. Con l’accusa di violenza privata aggravata dal metodo mafioso, è stato condannato Giovanni Tegano, nipote del boss omonimo, ex latitante ed ergastolano, ritenuto uno dei mammasantissima della ‘ndrangheta reggina. Lo ha deciso il gup al termine del processo con il rito abbreviato accogliendo le richieste del sostituto procuratore della Dda Walter Ignazitto.

Protagonista, assieme al gruppo dei cosiddetti “teganini”, di numerose risse nei locali della movida reggina, il venticinquenne Giovanni Tegano è stato condannato per aver pestato un giovane avvocato che aveva osato dirgli di stare attento a come stava parcheggiando la sua auto. “Ma sai chi sono? Io sono Giovanni Tegano”, era stata la sua risposta prima di aggredirlo fuori da un locale nel centro di Reggio Calabria. Un semplice consiglio da parte del giovane avvocato aveva scatenato l’ira di Tegano che, dopo avere inveito nei suoi confronti, spalleggiato da alcuni complici ha utilizzato la chiave dell’autovettura spingendola contro il collo della vittima. Il rampollo della storica famiglia mafiosa si era anche impossessato del cellulare dell’avvocato per impedirgli di chiamare le forze dell’ordine.

Finito ai domiciliari su disposizione del gip nell’agosto scorso, pochi mesi dopo l’arresto Giovanni Tegano è stato accompagnato in carcere per violazione degli obblighi imposti dalla giudice per le indagini preliminari. Doveva stare in casa e non comunicare con nessuno e invece utilizzava tranquillamente il telefono. Dalla sua abitazione, infatti, chiamava e chattava sui social network. Ha atteso quindi il processo in carcere dove, adesso, secondo il gup dovrà scontare tre anni per violenza privata.

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