“Una persona alla volta, un sorriso alla volta. È così che si cambia il mondo”: questa frase, che campeggia sulla copertina del libro Bianco come Dio (Rizzoli, 2018), non può far altro che rimanermi impressa nella mente. È solo la prima di tante che si incontrano in questo romanzo, semplice ma straordinario, scritto da Nicolò Govoni, un ragazzo cremonese di 25 anni che sta facendo della sua vita, e di quella delle persone che lo circondano, un piccolo, grande capolavoro. Il libro è il racconto di come la sua esistenza, all’età di 20 anni, sia cambiata per sempre facendo una scelta: rassegnarsi a vivere una quotidianità che non sente propria, ma immerso nelle comodità, oppure rimboccarsi le maniche e provare a migliorare le cose?
Nicolò sceglie la seconda e, nel 2013, investe un piccolo capitale per partire con un’organizzazione internazionale alla volta di un villaggio rurale dell’India, come volontario nell’orfanotrofio di Dayavu Boy’s Home. Qui trova qualcosa che in Italia non aveva mai incontrato: a colpire nel segno sono il sorriso dei bambini, la profondità dei loro sguardi, ma soprattutto il loro bisogno di stabilità. Nel corso dei mesi di permanenza previsti dal programma, però, si rende conto che qualcosa non quadra: lui è animato da buone intenzioni, ma gli viene detto di insegnare inglese ai bambini, pur non avendolo mai fatto prima in vita sua. Nessuno lo supervisiona, nessuno gli fa un minimo di training su come comportarsi, in certi momenti si sente quasi riverito per la sua condizione di volontario dalla pelle bianca. Un giorno chiede a Joshua, il responsabile della struttura, quanto denaro arrivi all’orfanotrofio dall’organizzazione e la risposta lo fa rimanere di sasso: solo tre euro al giorno, a fronte di sostanziosi contributi versati da chi parte. Nicolò capisce ben presto di essere caduto nella trappola del volonturismo: un turismo travestito da volontariato, vero e proprio business attivato da certe organizzazioni che fanno leva sul desiderio delle persone di dare un proprio contributo al mondo.
“Si tratta di un’esperienza più o meno a pagamento volta a gratificare dal punto di vista pratico o emotivo il volontario, invece dei beneficiari, anzi alle volte proprio a loro spese, perché senza formazione, né supervisione, puoi inconsapevolmente fare danni”, mi spiega Nicolò quando gli chiedo di raccontarmi meglio questo fenomeno. “Ci si difende sia avendo chiara l’idea di cosa si possa fare, sia selezionando con cura l’organizzazione con cui partire: bisogna farsi delle domande quando ti chiedono soldi per attività per le quali in Italia non dovresti versare nulla, se non fanno selezione preventiva e se propongono di svolgere nel Terzo Mondo attività che in Italia non potresti legalmente svolgere. Ad esempio, qui un laureando in Medicina non potrebbe mai effettuare un cesareo su una donna, perché non è ancora un medico: perché invece potrebbe farlo in Africa? Le donne nere valgono forse meno?”.
Con questa nuova consapevolezza, dopo un breve rientro in Italia, Nicolò decide di tornare autonomamente a Dayavu Home, ma questa volta per restare: in 4 anni, riesce a far costruire un nuovo dormitorio, evitare la chiusura della struttura e avviare un fondo per l’educazione, mandando i più piccoli a scuola e i più grandi all’università. Il volto dell’orfanotrofio cambia, così come le vite dei ragazzi. Quando nel 2017 giunge il momento di cambiare destinazione, solo un sogno è rimasto incompiuto, ovvero la costruzione di una piccola, ma ricca biblioteca: ecco perché il ricavato delle vendite di Bianco come Dio sarà interamente devoluto a questo progetto.
Sull’educazione Nicolò punta tutto, anche oggi che la sua personale missione è radicata in uno degli angoli più disperati d’Europa: l’isola di Samos, in Grecia, un lembo di terra che affaccia sulla Turchia. Qui, il diritto all’istruzione viene negato ai bambini rifugiati: le scuole pubbliche sono a loro chiuse, è assente ogni tentativo di integrazione e si respira un clima molto ostile da parte degli abitanti. “A Samos il campo è completamente illegale: ci sono 4.400 profughi stipati in uno spazio che ne può ospitare solo 650 e le condizioni igienico-sanitarie sono disperate. C’è una doccia ogni 200 persone, i servizi igienici sono in parte danneggiati, si vive in mezzo a ratti e serpenti, le malattie si diffondono velocemente e ci sono solo due medici in tutto il campo. In queste condizioni, vivono anche 1500 bambini circa, più o meno il 30% degli abitanti del campo”.
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Campo di Samos – ph. Nicoletta Novara
A maggio 2018, Nicolò e altre due volontarie, Sarah Ruzek e Giulia Cicoli, fondano allora l’onlus italo-greca Still I Rise: la mission è offrire educazione e protezione ai minori rifugiati attraverso la costruzione di una scuola. Il tam tam sulla seguitissima pagina Facebook di Nicolò è incessante e permette di raccogliere i fondi necessari per affittare, ristrutturare e aprire nel giro di tre mesi lo spazio che oggi ospita Mazì, la prima scuola per bambini e adolescenti rifugiati dell’isola. Il team è formato da 12 persone, tra staff e volontari, principalmente italiani.
“Siamo completamente indipendenti: non prendiamo fondi dai governi, né dall’Unione europea o dall’Onu, ma ci sosteniamo grazie alle donazioni delle persone che ci seguono su internet. Al momento abbiamo 170 studenti dagli 11 ai 17 anni, iscritti in sei diverse sezioni; in totale, da agosto 2018 a oggi sono stati con noi 700 ragazzi. Siamo aperti dieci ore al giorno, durante le quali ogni studente ha sei ore di lezione, e serviamo a tutti colazione e pranzo; a fine giornata, i bambini si occupano della scuola e mettono a posto. Per loro questo è un vero e proprio porto sicuro, un cavalcavia sopra il campo, affinché non gli entri dentro: la mattina sono già fuori dall’ingresso prima che la scuola apra e la sera restano fino alla chiusura, perché non vogliono tornare nel campo. Nelle due ore di veglia che trascorrono lì, quindi dalle 19 alle 21, devono difendersi e picchiare: c’è tanta violenza e anche solo quelle due ore sono dannose per la loro psiche”.
A Samos, infatti, il sovraffollamento e le pessime condizioni di vita rendono incandescente la convivenza tra i profughi. Le situazioni più critiche si registrano durante la distribuzione del cibo, che avviene tre volte al giorno e costringe a file interminabili di quattro/cinque ore per ogni pasto: la violenza scoppia tra le persone in coda, con momenti di tensione e paura. “Se l’estremismo è qualcosa che si può nutrire, non viene nutrito in Turchia o in Siria, ma in questi campi, che stanno rovinando le persone e fanno abituare i bambini alla violenza: come europei, stiamo lavorando davvero contro i nostri interessi e tutto questo è ancora più grave se si pensa che l’Unione Europea stanzia ingenti fondi per questi posti».
Anche la condizione dei minori non accompagnati è tragica. Nicolò mi spiega che ce ne sono 300, stipati in container rotti, senza luce, senza acqua corrente, senza porte: sono spazi che strutturalmente potrebbero ospitare solo 8 bambini ciascuno; in realtà, ogni notte in 30 dormono lì, per terra, con le loro coperte per difendersi dal freddo e dalla forte umidità dell’isola. “Dovrebbero godere di maggiore protezione, invece li lasciano marcire. L’esempio più eclatante è quanto è accaduto pochi giorni fa a un bambino afghano di 10 anni e a suo fratello di 16, inseparabili e non accompagnati dai genitori: la madre era stata uccisa lungo la tratta pericolosissima dell’Afghanistan e il padre era incapace di muoversi. Dopo quattro mesi di permanenza nel campo, i servizi sociali ellenici hanno trovato posto in una casa famiglia per il più piccolo e non per il più grande, di fatto separandoli senza alcuna garanzia futura di farli riunire. È stato veramente tragico e scioccante, per loro, ma anche per noi”.
L’episodio è stato la scintilla per un’altra iniziativa di Still I Rise, ovvero quella di dotare la scuola di un supporto legale per difendere i diritti dei bambini rifugiati in casi così estremi. Ma non è stata l’unica conseguenza: lo shock che ha provato Nicolò nei confronti della vicenda lo ha portato proprio in questi giorni a decidere di iniziare a lavorare al suo nuovo libro. “Ci sono parti della vita di questi bambini che, come scuola, non potremo mai raggiungere ed è arrivato il momento di raccontare nero su bianco la realtà di Samos, in modo più longevo di un post su Facebook“, mi spiega. “Nei limiti dei miei mezzi, è l’unico modo in cui io possa sperare di infliggere un colpo abbastanza forte da creare, forse, un cambiamento”.
Vanessa Cappella
Giornalista
Mondo - 20 Gennaio 2019
Tra l’India e la Grecia, la missione di Nicolò per i diritti dei bambini
“Una persona alla volta, un sorriso alla volta. È così che si cambia il mondo”: questa frase, che campeggia sulla copertina del libro Bianco come Dio (Rizzoli, 2018), non può far altro che rimanermi impressa nella mente. È solo la prima di tante che si incontrano in questo romanzo, semplice ma straordinario, scritto da Nicolò Govoni, un ragazzo cremonese di 25 anni che sta facendo della sua vita, e di quella delle persone che lo circondano, un piccolo, grande capolavoro. Il libro è il racconto di come la sua esistenza, all’età di 20 anni, sia cambiata per sempre facendo una scelta: rassegnarsi a vivere una quotidianità che non sente propria, ma immerso nelle comodità, oppure rimboccarsi le maniche e provare a migliorare le cose?
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Acquista su AmazonNicolò sceglie la seconda e, nel 2013, investe un piccolo capitale per partire con un’organizzazione internazionale alla volta di un villaggio rurale dell’India, come volontario nell’orfanotrofio di Dayavu Boy’s Home. Qui trova qualcosa che in Italia non aveva mai incontrato: a colpire nel segno sono il sorriso dei bambini, la profondità dei loro sguardi, ma soprattutto il loro bisogno di stabilità. Nel corso dei mesi di permanenza previsti dal programma, però, si rende conto che qualcosa non quadra: lui è animato da buone intenzioni, ma gli viene detto di insegnare inglese ai bambini, pur non avendolo mai fatto prima in vita sua. Nessuno lo supervisiona, nessuno gli fa un minimo di training su come comportarsi, in certi momenti si sente quasi riverito per la sua condizione di volontario dalla pelle bianca. Un giorno chiede a Joshua, il responsabile della struttura, quanto denaro arrivi all’orfanotrofio dall’organizzazione e la risposta lo fa rimanere di sasso: solo tre euro al giorno, a fronte di sostanziosi contributi versati da chi parte. Nicolò capisce ben presto di essere caduto nella trappola del volonturismo: un turismo travestito da volontariato, vero e proprio business attivato da certe organizzazioni che fanno leva sul desiderio delle persone di dare un proprio contributo al mondo.
“Si tratta di un’esperienza più o meno a pagamento volta a gratificare dal punto di vista pratico o emotivo il volontario, invece dei beneficiari, anzi alle volte proprio a loro spese, perché senza formazione, né supervisione, puoi inconsapevolmente fare danni”, mi spiega Nicolò quando gli chiedo di raccontarmi meglio questo fenomeno. “Ci si difende sia avendo chiara l’idea di cosa si possa fare, sia selezionando con cura l’organizzazione con cui partire: bisogna farsi delle domande quando ti chiedono soldi per attività per le quali in Italia non dovresti versare nulla, se non fanno selezione preventiva e se propongono di svolgere nel Terzo Mondo attività che in Italia non potresti legalmente svolgere. Ad esempio, qui un laureando in Medicina non potrebbe mai effettuare un cesareo su una donna, perché non è ancora un medico: perché invece potrebbe farlo in Africa? Le donne nere valgono forse meno?”.
Con questa nuova consapevolezza, dopo un breve rientro in Italia, Nicolò decide di tornare autonomamente a Dayavu Home, ma questa volta per restare: in 4 anni, riesce a far costruire un nuovo dormitorio, evitare la chiusura della struttura e avviare un fondo per l’educazione, mandando i più piccoli a scuola e i più grandi all’università. Il volto dell’orfanotrofio cambia, così come le vite dei ragazzi. Quando nel 2017 giunge il momento di cambiare destinazione, solo un sogno è rimasto incompiuto, ovvero la costruzione di una piccola, ma ricca biblioteca: ecco perché il ricavato delle vendite di Bianco come Dio sarà interamente devoluto a questo progetto.
Sull’educazione Nicolò punta tutto, anche oggi che la sua personale missione è radicata in uno degli angoli più disperati d’Europa: l’isola di Samos, in Grecia, un lembo di terra che affaccia sulla Turchia. Qui, il diritto all’istruzione viene negato ai bambini rifugiati: le scuole pubbliche sono a loro chiuse, è assente ogni tentativo di integrazione e si respira un clima molto ostile da parte degli abitanti. “A Samos il campo è completamente illegale: ci sono 4.400 profughi stipati in uno spazio che ne può ospitare solo 650 e le condizioni igienico-sanitarie sono disperate. C’è una doccia ogni 200 persone, i servizi igienici sono in parte danneggiati, si vive in mezzo a ratti e serpenti, le malattie si diffondono velocemente e ci sono solo due medici in tutto il campo. In queste condizioni, vivono anche 1500 bambini circa, più o meno il 30% degli abitanti del campo”.
1 /5 Campo di Samos – ph. Nicoletta Novara
A maggio 2018, Nicolò e altre due volontarie, Sarah Ruzek e Giulia Cicoli, fondano allora l’onlus italo-greca Still I Rise: la mission è offrire educazione e protezione ai minori rifugiati attraverso la costruzione di una scuola. Il tam tam sulla seguitissima pagina Facebook di Nicolò è incessante e permette di raccogliere i fondi necessari per affittare, ristrutturare e aprire nel giro di tre mesi lo spazio che oggi ospita Mazì, la prima scuola per bambini e adolescenti rifugiati dell’isola. Il team è formato da 12 persone, tra staff e volontari, principalmente italiani.
“Siamo completamente indipendenti: non prendiamo fondi dai governi, né dall’Unione europea o dall’Onu, ma ci sosteniamo grazie alle donazioni delle persone che ci seguono su internet. Al momento abbiamo 170 studenti dagli 11 ai 17 anni, iscritti in sei diverse sezioni; in totale, da agosto 2018 a oggi sono stati con noi 700 ragazzi. Siamo aperti dieci ore al giorno, durante le quali ogni studente ha sei ore di lezione, e serviamo a tutti colazione e pranzo; a fine giornata, i bambini si occupano della scuola e mettono a posto. Per loro questo è un vero e proprio porto sicuro, un cavalcavia sopra il campo, affinché non gli entri dentro: la mattina sono già fuori dall’ingresso prima che la scuola apra e la sera restano fino alla chiusura, perché non vogliono tornare nel campo. Nelle due ore di veglia che trascorrono lì, quindi dalle 19 alle 21, devono difendersi e picchiare: c’è tanta violenza e anche solo quelle due ore sono dannose per la loro psiche”.
A Samos, infatti, il sovraffollamento e le pessime condizioni di vita rendono incandescente la convivenza tra i profughi. Le situazioni più critiche si registrano durante la distribuzione del cibo, che avviene tre volte al giorno e costringe a file interminabili di quattro/cinque ore per ogni pasto: la violenza scoppia tra le persone in coda, con momenti di tensione e paura. “Se l’estremismo è qualcosa che si può nutrire, non viene nutrito in Turchia o in Siria, ma in questi campi, che stanno rovinando le persone e fanno abituare i bambini alla violenza: come europei, stiamo lavorando davvero contro i nostri interessi e tutto questo è ancora più grave se si pensa che l’Unione Europea stanzia ingenti fondi per questi posti».
Anche la condizione dei minori non accompagnati è tragica. Nicolò mi spiega che ce ne sono 300, stipati in container rotti, senza luce, senza acqua corrente, senza porte: sono spazi che strutturalmente potrebbero ospitare solo 8 bambini ciascuno; in realtà, ogni notte in 30 dormono lì, per terra, con le loro coperte per difendersi dal freddo e dalla forte umidità dell’isola. “Dovrebbero godere di maggiore protezione, invece li lasciano marcire. L’esempio più eclatante è quanto è accaduto pochi giorni fa a un bambino afghano di 10 anni e a suo fratello di 16, inseparabili e non accompagnati dai genitori: la madre era stata uccisa lungo la tratta pericolosissima dell’Afghanistan e il padre era incapace di muoversi. Dopo quattro mesi di permanenza nel campo, i servizi sociali ellenici hanno trovato posto in una casa famiglia per il più piccolo e non per il più grande, di fatto separandoli senza alcuna garanzia futura di farli riunire. È stato veramente tragico e scioccante, per loro, ma anche per noi”.
L’episodio è stato la scintilla per un’altra iniziativa di Still I Rise, ovvero quella di dotare la scuola di un supporto legale per difendere i diritti dei bambini rifugiati in casi così estremi. Ma non è stata l’unica conseguenza: lo shock che ha provato Nicolò nei confronti della vicenda lo ha portato proprio in questi giorni a decidere di iniziare a lavorare al suo nuovo libro. “Ci sono parti della vita di questi bambini che, come scuola, non potremo mai raggiungere ed è arrivato il momento di raccontare nero su bianco la realtà di Samos, in modo più longevo di un post su Facebook“, mi spiega. “Nei limiti dei miei mezzi, è l’unico modo in cui io possa sperare di infliggere un colpo abbastanza forte da creare, forse, un cambiamento”.
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Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Le persone vogliono sentirsi sicure nelle loro città, nelle loro case. Ma l'approccio della destra è sbagliato perchè non basta rafforzare i presidi delle forze dell'ordine, che neanche fanno perchè non ci mettono soldi e mandano poliziotti a fare la guardia ai centri migranti vuoti in Albania, servono presidi sociali e educativi e anche la questione del cambiamenti climatico è una questione di sicurezza". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Milano, 22 gen. (Adnkronos) - "Come ogni anno, Samsung presenta il nuovo flagship: Samsung Galaxy S25. Lo scorso anno, con Galaxy S24, abbiamo introdotto per la prima volta l’intelligenza artificiale sugli smartphone e quest’anno, con la nuova serie, facciamo un ulteriore balzo in avanti, riuscendo a dare all’intelligenza artificiale una connotazione ancora più fluida, semplice e, direi, conversazionale”. Lo spiega ai microfoni dell’Adnkronos Nicolò Bellorini Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia, in occasione di Samsung Galaxy Unpacked 2025, l’evento con cui l’azienda sudcoreana presenta la nuova serie di smartphone Samsung Galaxy.
Questa rivoluzione nel mondo degli smartphone AI è resa possibile da diverse innovazioni, la multimodalità in primis, come sottolinea Bellorini: “Samsung Galaxy S25 è in grado di capire perfettamente il contesto nel quale avvengono le richieste, perché comprende voce, video, suoni, testi, file Pdf e qualunque altra cosa. La seconda innovazione importante è la potenza degli agenti AI, che consente a S25 di performare task complessi, che possono andare anche da un’app all’altra”.
I più recenti top di gamma di Samsung portano infatti le capacità di Galaxy AI a un livello superiore, con un’elaborazione AI avanzata direttamente sul dispositivo, migliorando ulteriormente il comparto fotografico leader del settore Galaxy grazie a ProVisual Engine di nuova generazione e offrendo prestazioni eccezionali grazie al processore Qualcomm Snapdragon 8 Elite per Galaxy.
La nuova serie Galaxy S25 stabilisce così un nuovo standard per l’AI mobile, garantendo l’esperienza mobile più naturale e consapevole mai raggiunta, e rappresenta il primo passo nella visione di Samsung di cambiare il modo in cui gli utenti interagiscono con i loro smartphone e con il mondo che li circonda.
“Come l’anno scorso, sono tre i modelli disponibili, Galaxy S25 Ultra, Galaxy S25+ e Galaxy S25, con vari tagli di memoria - conclude il Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia - da 128Gb fino 1Tb, tutti con 12Gb di Ram”.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Quale è la visione del governo Meloni di fronti ai cambiamenti climatici? E' semplice, basta fare così". Lo dice Elly Schlein tappandosi gli occhi all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato. "Come facevamo da bambini, quando c'era qualcosa che ci faceva paura. Ma il prezzo della non conversione, del non affrontare i cambiamenti climatici è molto più costoso che farlo".
"Quanta competitività perdono le aziende italiane rispetto" ad altri Paesi dove si investe in rinnovabili? Ma "il governo non se ne occupa. Questi sono invece gli obiettivi che ci stiamo dando in vista della Cop 30" in Brasile.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La Lega di Matteo Salvini non perde tempo e scavalca a destra Giorgia Meloni, sempre più legata all'internazionale nera, annunciando la decisione di aprire il dibattito per dire stop all'adesione dell'Italia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Questa posizione, ispirata all'analogo passo compiuto ieri da Donald Trump, rappresenterebbe un grave segnale di isolamento dell'Italia a livello internazionale e dai principali organismi impegnati nella tutela della salute globale". Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs.
"L'Oms non è solo un'istituzione scientifica di riferimento, ma un baluardo nella lotta contro pandemie, malattie croniche e disuguaglianze sanitarie in Africa e nei Paesi più poveri. Quando, a metà del XIX secolo, la peste, il colera e la febbre gialla hanno scatenato ondate mortali in un mondo appena industrializzato e interconnesso, l’adozione di un approccio globale alla salute è diventata un imperativo. Medici, scienziati, presidenti e primi ministri convocarono con urgenza la Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi nel 1851, un precursore di quella che oggi è la più grande del suo genere: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nota come Oms. In mezzo alle crisi, ai conflitti, alla continua minaccia di epidemie e ai cambiamenti climatici, l’Oms ha reagito: dalle guerre a Gaza, in Sudan e in Ucraina fino a garantire l’arrivo di vaccini e forniture mediche salvavita in aree remote o pericolose, svolgendo un ruolo fondamentale di indirizzo nel rispondere all'emergenza Covid-19".
"La Lega dimostra ancora una volta un approccio irresponsabile, che antepone logiche ideologiche e sovraniste al benessere dei cittadini. Interrompere la nostra adesione all'Oms significa rinunciare a strumenti essenziali di coordinamento globale, scambio di conoscenze e accesso a risorse indispensabili per affrontare emergenze sanitarie. Andrebbero ignorati: ma siccome governano il Paese è bene sapere cosa pensano di questa folle proposta il Ministro della salute Schillaci, la premier Giorgia Meloni e la maggioranza di destra che sostiene il suo governo" conclude Bonelli.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - L'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale ('Icsc') torna per la seconda volta sul mercato delle emissioni Esg portando a termine con straordinario successo il collocamento di un prestito obbligazionario Social unsecured senior preferred dedicato al supporto di investimenti ad elevato impatto nei settori Sport e Cultura, riservato agli investitori istituzionali.
L’operazione ha registrato ordini complessivi per circa 2 miliardi di euro, pari a oltre 6 volte l’offerta iniziale. L’emissione ha visto la partecipazione di un’ampia platea di sottoscrittori nazionali ed esteri per il 45%, in particolare Germania/Austria (24%), a dimostrazione del crescente interesse degli investitori per il settore delle infrastrutture sociali in Italia.
Il prestito obbligazionario, con scadenza a cinque anni e cedola a tasso fisso annua del 3,50%, costituisce la prima emissione a valere sul programma Emtn (Euro Medium Term Note) da 1 miliardo di euro pubblicato il 19 dicembre 2024, la seconda per Icsc dopo l’emissione stand alone del 2022. Il rating del Social Bond è stimato in linea con quelli assegnati alla Banca dalle agenzie S&P e DBRS, rispettivamente pari a BBB- (Stable) e BBB (Positive).
I proventi dell’emissione saranno utilizzati per sostenere investimenti ad elevato impatto sociale nei settori Sport e Cultura, in linea con la missione dell’Istituto e gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
“L’emissione del nuovo Social Bond riflette il crescente impegno di Icsc sul fronte della finanza sostenibile, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei settori Sport e Cultura. La straordinaria domanda da parte degli investitori istituzionali conferma la fiducia dei mercati nei confronti di Icsc, riconoscendone la consolidata capacità di mobilitare capitali a lungo termine secondo principi di sostenibilità, responsabilità e inclusione sociale, equità intergenerazionale. Lo Sport e la Cultura rappresentano in misura crescente asset class in grado di generare significative opportunità di investimento a impatto, creando valore economico e sociale, reale e duraturo per il Paese", ha commentato l’Amministratore Delegato Antonella Baldino.
Il bond, ammesso alla negoziazione presso il mercato regolamentato della Borsa del Lussemburgo, è stato emesso a valere sul Social Bond Framework di Icsc, pubblicato nel luglio 2022, che ha ottenuto una favorevole Second Party Opinion rilasciata da Iss Corporate Solutions, confermando l’allineamento agli Icma Principles e la robustezza degli Eligibility Criteria.
Imi-Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Santander e Morgan Stanley hanno agito in qualità di Joint Lead Managers del collocamento.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Mi ha molto colpito la fila di multimiliardari" all'Inauguration Day. "E' un'idea di società opposta alla nostra, una società in cui sono i ricchi a scrivere le leggi per tutti gli altri e a scegliere i giudici che le facciano rispettare. E anche da queste parti non ce la passiamo troppo bene". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La politica sta facendo abbastanza sul cambiamento climatico? No. E noi come prima forza di opposizione del Paese abbiamo una responsabilità di un governo che nega l'emergenza e ci riporta indietro. Mentre occorre rendere transizione ecologica conveniente ma le politiche di questo Paese non hanno mai accompagnato questa innovazione". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
"Troppe esitazioni e ritardi. Confidiamo nella leadership di Lula che ha organizzato la prossima Cop a Belem, nel cuore dell'Amazzonia" dopo "l'esito insoddisfacente della Cop 20 a Baku. Dobbiamo evitare che tra le tante ricadute nefaste dell'elezione di Trump ci sia un massiccio disimpegno degli Stati Uniti" nelle politiche per il clima. "Abbiamo sentito il suo discorso di insediamento grondante di slogan della campagna elettorale. Il pianeta non si può permettere 5 anni di Trump con queste premesse. E' vero è stato democraticamente eletto, ma c'è chi non ha potuto votare: la nuove generazioni che ci chiederanno il conto".
"A questo nuovo indirizzo dell'amministrazione americana è necessaria una risposta altrettanto forte dell'Europa, è necessario un protagonismo dell'Ue ma non è l'aria che tira a Bruxelles e questo come Pd ci preoccupa moltissimo".