Da quasi 60 giorni Hakeem al-Araibi langue in una cella della Thailandia in attesa della decisione sulla domanda di estradizione presentata dal suo Paese.
In quel paese, il Bahrein, al-Araibi era titolare nella nazionale di calcio. Da quel Paese, nel 2014, è fuggito per evitare di finire in carcere con l’accusa di aver devastato una stazione di polizia.
Per dare un’idea di come si svolgono i processi in Bahrein, nel momento in cui avrebbe compiuto il reato, al-Araibi era impegnato in una partita all’estero (trasmessa pure in televisione! Quale prova migliore della sua innocenza?).
In Australia, dove è stato riconosciuto rifugiato, al-Araibi ha mantenuto la sua passione ed è stato ingaggiato da una squadra di Melbourne, il Pascoe Vale FC. Lì si è anche sposato. Con la moglie, ha deciso di trascorrere la luna di miele sulle isole thailandesi. E all’arrivo, il 27 novembre, è scattato l’arresto per via di un mandato di cattura dell’Interpol, sollecitato dal governo del Bahrein.
Calling out to all Football fans home and abroad , clubs and for all those who want to help contribute bringing Hakeem home. @GVSuns @FCWerribeeCity @FFA @smfc @FV_365 @FIFAcom
Hakeem Al-Araibi is close to being extradited. #SaveHakeem
Fundraiser: https://t.co/IrJ6WxMcnO … pic.twitter.com/BnK0mTCrrC
— Pascoe Vale FC (@pvfc_official) 8 dicembre 2018
Entro il 1° febbraio la Thailandia deve decidere cosa fare. Solo poche settimane fa una vicenda simile, quella della ragazza saudita Rahaf Mohammed al-Qunun, si è risolta per il meglio grazie a una mobilitazione mondiale.
Mancano pochi giorni. Ma possono essere decisivi per salvare al-Araibi dal carcere e lasciarlo libero, com’è suo diritto, di tornare nel Paese che gli ha dato asilo. Appelli sono stati lanciati dal sindacato internazionale dei calciatori e da Amnesty International.