La sentenza del gup Maria Paola Tomaselli rappresenta la prima condanna, in Italia, per un’azienda che non ha saputo garantire la sicurezza dei propri dipendenti. I quattro dipendenti vennero rapiti nel 2015 e due di loro morirono durante uno scontro a fuoco con le forze dell'ordine mentre venivano trasferiti in un nuovo covo. Il rapimento, ha sostenuto la procura, poteva essere evitato se la società avesse attuato le misure di sicurezza
I vertici della Bonatti, azienda per la quale lavoravano i quattro tecnici sequestrati nel 2015 in Libia e due dei quali morti, sono stati condannati a un anno e dieci mesi di carcere. La pena è stata stabilita dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Roma, Maria Paola Tomaselli, che ha parzialmente accolto le richieste del pm Sergio Colaiocco, arriva al termine del processo con rito abbreviato che riguardava tre persone. Una quinta, Giovanni Di Vincenzo, membro del cda è stato rinviato a giudizio e la prima udienza è stata fissata il 28 maggio prossimo. La sentenza riguarda per il presidente Paolo Ghirelli, i membri del cda Dino Martinazzoli e Paolo Cardano, mentre l’ex responsabile Bonatti in Libia, Dennis Morson, ha patteggiato la stessa pena. Inoltre, il giudice ha disposto anche una sanzione di 150mila euro alla società legata alla legge 231 in tema di responsabilità degli enti per aver omesso di predisporre il documento di valutazione dei rischi relativo all’attività all’estero di suoi dipendenti per raggiungere il luogo di lavoro.
Salvatore Failla, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo vennero rapiti il 19 luglio 2015. Gli otto mesi di prigionia si conclusero con la morte dei primi due, in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine, mentre venivano trasportati in un nuovo covo. Calcagno e Pollicardo, rimasti soli nella loro prigione, riuscirono a liberarsi e fuggire. Il rapimento – secondo il pm Colaiocco, responsabile dell’indagine della procura di Roma – poteva essere evitato se la società avesse attuato le misure di sicurezza previste per chi lavora in quell’area. Per questo i manager sono stati condannati per il reato di “cooperazione colposa nel delitto doloso”: la procura chiedeva due anni di carcere per i tre condannati in abbreviato. La sentenza del gup rappresenta la prima condanna, in Italia, per un’azienda che non ha saputo garantire la sicurezza dei propri dipendenti.
Sul fronte delle indagini in Libia, nel marzo dello scorso anno, tre persone sono state arrestate per il rapimento: in manette, con l’accusa di aver organizzato il sequestro con fini terroristici, sono finiti l’autista incaricato del trasporto dei quattro dipendenti dell’azienda, Youssef Aldauody, e due suoi complici, Ahmed Dhawadi e Ahmad Elsharo, ritenuti appartenenti all’Isis. L’autista avrebbe organizzato il sequestro, durante il trasporto dei quattro dalla Tunisia al cantiere libico di Mellitah, coinvolgendo gli altri due e una decina di persone. Secondo gli inquirenti, gli altri responsabili sarebbero morti, in parte nella sparatoria del 2 marzo 2016, in cui vennero uccisi anche i tecnici Salvatore Failla e Fausto Piano, e in parte in azioni successive.