Nel dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in Italia si ricorda che l’auto privata che continua a essere di gran lunga il mezzo più utilizzato: se ne contano 38 milioni. Un paradosso se si pensa che un italiano su tre vorrebbe stare meno al volante
Un anno da codice rosso per la qualità dell’aria: irrespirabile sia d’inverno sia d’estate. Con l’auto privata che continua a essere di gran lunga il mezzo più utilizzato: se ne contano 38 milioni e soddisfano il 65,3% degli spostamenti. Un paradosso se si pensa che un italiano su tre vorrebbe stare meno al volante. Eppure l’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione (con una media di circa 65 auto ogni cento abitanti). Valori enormi se confrontati con quelli di alcune capitali europee: a Parigi ci sono 36 auto per 100 abitanti come a Londra e a Berlino, a Barcellona 41, a Stoccolma e Vienna 38. Il risultato? Le nostre città sono soffocate dallo smog, con traffico, riscaldamento domestico e pratiche agricole tra le principali fonti di emissione. È quanto emerge da Mal’aria 2019, il dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in Italia. Nel 2018 in ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono). In 24 dei 55 capoluoghi il limite è stato superato per entrambi i parametri, con la conseguenza diretta, per i cittadini, di aver dovuto respirare aria inquinata per circa 4 mesi nell’anno. E il 2018 è stato segnato anche dal deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea in merito alle procedure di infrazione per qualità dell’aria e che costerà multe salate al nostro Paese.
LE MAGLIE NERE – La città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge è Brescia con 150 giorni (47 per il Pm10 e 103 per l’ozono), seguita da Lodi con 149 (78 per il Pm10 e 71 per l’ozono), Monza (140), Venezia (139), Alessandria (136), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo e Cremona (127) e Rovigo (121). Tutte le città capoluogo di provincia dell’area padana (ad eccezione di Cuneo, Novara, Verbania e Belluno) hanno superato almeno uno dei due limiti. La prima città fuori dalla pianura padana è Frosinone, nel Lazio, con 116 giorni di superamento (83 per il Pm10 e 33 per l’ozono), seguita da Genova con 103 giorni (tutti dovuti al superamento dei limiti dell’ozono), Avellino con 89 (46 per il Pm10 e 43 per l’ozono) e Terni con 86 (rispettivamente 49 e 37 giorni per i due inquinanti). Per quanto riguarda il Pm10, sono state 26 le città (circa un capoluogo su quattro) a oltrepassare il limite quotidiano fissato per legge a 50 microgrammi per metro cubo, come media giornaliera, da non superare per più di 35 giorni l’anno. Per l’ozono, invece, 53 i capoluoghi di provincia che hanno superato il limite di 25 giorni con una media mobile sulle otto ore superiore a 120 microgrammi per metro cubo. Un quadro preoccupante che per Legambiente, soprattutto se si pensa che ogni anno, in Europa, stando ai dati dell’Agenzia Europea per l’ambiente, sono oltre 422mila le morti premature all’anno per inquinamento atmosferico e l’Italia si colloca tra i paesi europei peggiori, con più decessi in rapporto alla popolazione (60.600 nel solo 2015).
L’IM-MOBILITÁ DELLE CITTÀ ITALIANE – I trasporti stradali – come ricorda l’Ispra – costituiscono una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane. Se i risultati in termini ambientali non fossero drammatici, ci sarebbe da sorridere ripensando alla celebre scena del film Johnny Stecchino in cui l’attore Paolo Bonacelli parlava a Benigni-Dante di come la piaga di Palermo fosse il traffico. La verità è che negli ultimi anni il tasso di motorizzazione medio dei capoluoghi italiani ha mostrato addirittura un incremento, passando da 62,4 a 63,3 auto ogni 100 abitanti e risulta stabile o in aumento in tutte le città. Nonostante l’auto sia il mezzo di gran lunga più diffuso per gli spostamenti, una ricerca condotta da Isfort (2016) segnala come il 41,3% degli abitanti delle grandi città italiane vorrebbe muoversi di più coi mezzi pubblici mentre, parallelamente, il 32,2% auspica di poter stare meno tempo al volante. A far crescere la voglia di scendere dall’auto è principalmente il tempo perso in coda negli ingorghi. Insomma tra gli italiani e le quattro ruote il rapporto è quello di odio e amore. “Eppure anche sul fronte del trasporto pubblico – spiega Legambiente – le città italiane sono lente e indietro rispetto alle sorelle europee. Senza contare i tagli, i tardi, i guasti e i disservizi legati al trasporto pubblico che i cittadini ogni giorno si trovano ad affrontare”.
LA MOBILITÀ SOSTENIBILE – Per questo per Legambiente la sfida importante che oggi deve affrontare il Paese è “quella di fare della mobilità sostenibile il motore del cambiamento e di ripensare le città per le persone, non per le auto”. Ed è questo il filo conduttore al centro delle proposte che l’associazione ambientalista ha riassunto in Mal’aria 2019 e incentrate proprio sul tema della mobilità sostenibile, già praticata da alcune città (come Bolzano, Firenze, Pisa, Torino e Milano dove il 50% degli abitanti usa i mezzi pubblici, cammina e pedala). Per Legambiente per far uscire l’Italia dall’emergenza cronica dello smog occorre realizzare in primis un Piano Nazionale contro l’inquinamento con misure strutturali ed economiche di ampio respiro. “A quasi nulla sono serviti – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – i piani anti smog in nord Italia scattati il primo ottobre 2018 con il blocco, parziale, della circolazione per i mezzi più inquinanti”. L’altra priorità è quella dei Pums (Piani urbani di mobilità sostenibile) “che ogni città dovrebbe redigere” e nei quali si ripensi all’uso “di strade, piazze e spazi pubblici delle città, creando ampie ‘zone 30’ e prevedendo nuovi spazi verdi nei centri urbani”. Inoltre è indispensabile ridurre il tasso di motorizzazione riportandolo ai livelli delle altre nazioni europee. “Gli incentivi sulle emissioni – spiega Legambiente – devono prevedere criteri sociali e per ridurre il parco circolante in Italia si dovrebbe prevedere un bonus di rottamazione per chi vuole rottamare l’auto inquinante senza acquistarne una nuova”