“Ho deciso di fare causa allo Stato italiano. E’ una questione di giustizia“. Esordisce così, ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, Maria Fida Moro, figlia primogenita di Aldo Moro, giornalista ed ex senatrice.
E spiega: “Posto che la legge delle vittime sul terrorismo, legge del 2004, è stata applicata per tutti tranne che per la mia famiglia, al 15mo tentativo di farla applicare volevo ricorrere, per chiara discriminazione, alla Corte europea dei diritti umani dove però potrò andare solo dopo aver tentato tutte le strade in Italia. Ma non è finita: la Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro ha trovato l’80% della verità e centinaia di migliaia di documenti. Poi ha secretato tutto per i prossimi 50 anni. Questo è un po’ inquietante. Avevano il diritto giuridico di farlo, ma perché hanno aperto una nuova commissione d’inchiesta se poi viene tutto secretato per 50 anni?”.
Maria Fida Moro aggiunge: “Oltre a questo, ci sono sono tanti comportamenti che non vanno bene. Ad esempio, i familiari delle vittime erano stati invitati a vedere la fiction con Michele Placido, che non mi era piaciuta per niente come tutti i film e le fiction sul caso Moro. Mi piace un po’ il film ‘Piazza delle Cinque Lune’ di Renzo Martinelli, che almeno distingue tra la parte romanzata e quella di cronaca. Comunque, ci invitano alla prima di questa fiction con un comunicato terribile che diceva: ‘Sarebbe meglio se non veniste’. Questo accade perché noi richiamiamo all’attenzione della coscienza del popolo sovrano la parte dolente di questa ingiustizia conclamata che è il caso Moro. Possono parlare tutti e dire le peggiori stupidaggini, tranne noi. Tutti vogliono trovare un posto in questa vicenda, ma non nel dolore e nella verità, ma nella fama”.
Poi entra nel dettaglio della legge inapplicata: “Mio padre è emblema delle vittime del terrorismo, ma per lui la legge non vale. A me, figlia maggiore, ex senatore della Repubblica, non possono applicare la legge. Con questa legge ti viene data una pensione virtuale che aggiunge degli anni virtuali a quelli che tu hai effettivamente fatto. Mio padre ha dato tutte le sue indennità parlamentari ai bambini poveri perché potessero studiare. Era un grillino ante litteram, però nello spirito iniziale, io sono stata al secondo V-day di Torino nel 2008, una delle più belle manifestazioni a cui io abbia partecipato, e mi chiedo dove sia finito quello spirito. Lo Stato, come fa in tutti gli altri casi di vittime, prende gli applausi, ma ricordo un ministro che a una celebrazione ridacchiava con un altro (Alfonso Pecoraro Scanio con Vasco Errani ai funerali dei militari morti nell’attentato di Nassiriya nel 2006, ndr). Questi” – prosegue – “non devono venire alle celebrazioni. Non servono le ricorrenze, le corone di fiori, il giorno della memoria. Servirebbero un silenzio rispettoso e l’applicazione delle leggi dello Stato. Hanno negato l’evidenza in una maniera sovraumana. La Commissione parlamentare che ha secretato gli atti ha scoperto che la mattina del 13 marzo la Gdf è andata nel covo giusto e il portiere gli ha detto: ‘Non è qui’. Lo Stato si è girato dall’altra parte. Io non ho il potere di giudicare, chiedo solo conto allo Stato del suo comportamento”.
Battuta finale sulla solidarietà accreditata dai vertici democristiani alla famiglia Moro: “Dopo la morte di mio padre il mondo si è diviso in due: la gente della strada ci accoglieva, poi c’era il potere che ci disprezzava, ci ignorava. Andreotti stranamente quel poco che poteva fare l’ha fatto, ha risposto alle lettere, ha risposto al telefono, ha mandato a mio figlio Luca un violino il giorno del suo compleanno. che era di una corrente politica avversa a quella mio padre, almeno è stato gentile. Vogliamo parlare di Cossiga che era un amico di mio padre e si davano del tu? Cossiga cosa ha fatto? Niente“.
E chiosa: “Quando è stato eletto presidente della Repubblica, Cossiga mi ha chiamato al telefono dal Quirinale e mi ha detto: ‘La prima telefonata che faccio da presidente è per voi, sono a disposizione’. Poi è sparito nel nulla. Una volta gli chiesi di far visitare a un bambino malato la carrozza d’oro che sta nelle scuderie del Quirinale chiedendo che potesse andare fuori orario. La sua risposta è stata no“.