Stando a fonti interne della maggioranza, il Carroccio contesta due punti (o meglio gli effetti di due commi) dell'emendamento M5s: l'aumento del gettito legato all’aumento dei canoni, ma anche il rischio di mega-ricorsi per lo stop alle concessioni. E i No Triv denunciano la scomparsa del no alla tecnica di ricerca che mette a rischio la flora marina
Quello che era stato presentato come un compromesso, col passare delle ore si è rivelato un accordo unilaterale. Il motivo è semplice: l’emendamento al Dl Semplificazioni presentato dal capogruppo M5s in Senato Patuanelli e con primo firmatario il grillino Castaldi non piace per niente alla Lega di Salvini. Lo si è capito nella tarda serata di ieri, 22 gennaio, quando il capogruppo del Carroccio in Senato Massimiliano Romeo si è trincerato in un “stiamo lavorando” alle domande sull’accordo in tema trivelle annunciato dagli alleati di governo. Romeo, nella fattispecie, pur confermando che un compromesso è vicino ha aggiunto che la riformulazione presentata dal M5s potrebbe non essere quella finale. Non la pensa così Patuanelli, che in mattinata ha specificato: “L’emendamento così è e così resta”. Parole che sembrano anticipare l’ennesimo scontro nell’esecutivo.
Stando a fonti interne della maggioranza, il Carroccio contesta due punti (o meglio gli effetti di due commi) dell’emendamento M5s: l’aumento del gettito legato all’aumento dei canoni, ma anche il rischio di mega-ricorsi per lo stop alle concessioni. In tal senso, è il ragionamento della Lega, le aziende che si vedessero sospesa la concessione per prospezione, ricerca e coltivazioni potrebbero presentare ricorsi stimati in centinaia di milioni di euro. Anche per questo motivo, come sottolineato dai salviniani, si lavora ancora al testo finale che, quindi, con tutta probabilità non sarà quello annunciato da Patuanelli. In mattinata, poi, è arrivata l’ennesima conferma della distanza tra i due alleati di governo. Dal palco del convegno di Confindustria energia sulle infrastrutture energetiche, il sottosegretario al Mise Andrea Cioffi (M5s)ha ammesso che sul tema le posizioni di Lega e M5s “non sono conformi”, ma – ha aggiunto il senatore della Lega Paolo Arrigoni – “trattative sono in corso”.
A introdurre il tema è stato proprio Arrigoni il quale, strappando l’applauso della platea di addetti ai lavori, ha definito “sbagliato” il blocco dell’upstream: “Sospendere permessi già rilasciati o revocarli dopo tre anni – ha detto – significa cambiare le regole in corsa, quindi minare la credibilità dell’Italia rischiando la perdita di posti di lavoro e la chiusura delle imprese”. Non solo: “Il gas – ha ricordato – nel 2030 sarà ancora protagonista della strategia energetica e rischiamo così di fare gli interessi di Total e di Macron“. Cioffi ha invece sottolineato che “di fronte al cambiamento epocale che sta avvenendo nel mondo dobbiamo agire in maniera forte, ma non è attraverso l’utilizzo di quel poco petrolio della Basilicata, pari ad appena il 6% dei consumi nazionali, che cambiano le cose. Quella deve essere considerata una riserva strategica da non utilizzare per nuove esplorazioni“. Secondo lo studio presentato da Confindustria Energia, invece, “l’utilizzo delle riserve di idrocarburi nel Canale di Sicilia, nell’Adriatico settentrionale e in Basilicata contribuirà a soddisfare la domanda nazionale, riducendo la quota di importazione di gas e di petrolio con un positivo impatto sulla bilancia commerciale e sulla sicurezza degli approvvigionamenti“.
Sulla questione e sui contrasti con la Lega è intervenuto anche il senatore Gianluca Castaldi (M5s), primo firmatario dell’emendamento che secondo Panutanelli doveva rappresentare il compromesso con il Carroccio. “Non facciamo proprio quello che vogliono i No-Triv, lo vorremmo fare ma non siamo da soli – ha detto – La cosa importante è che arrivi il Piano delle aree” e nel frattempo “blocchiamo 36 concessioni quest’anno e 31 l’anno prossimo, e alziamo i canoni”. Le parole di Castaldi sono arrivate dopo le critiche del Coordinamento No Triv, che nella serata di ieri, tramite un post del costituzionalista Enzo Di Salvatore sulla sua pagina Facebook, ha spiegato quale sarebbe “l’effetto pratico” dell’approvazione dell’emendamento in salsa grillina: “Per esempio la concessione ‘Val d’Agri’ in Basilicata – la cui scadenza è prevista per il prossimo ottobre – non scadrà affatto e, pertanto, l’Eni potrà continuare ad estrarre tranquillamente per altri dieci anni ancora. E così pure altrove”. Di Salvatore, poi, ha ricordato come “nel dicembre del 2017 la richiesta dell’Eni era stata fortemente criticata proprio dal M5S che, attraverso le parole del suo portavoce in Parlamento europeo Pedicini”, secondo cui “continuano le strategie e le forzature dell’Eni per tentare di proseguire le attività petrolifere in Basilicata senza dare conto dei drammatici danni che sta provocando al territorio e ai cittadini. L’ultima trovata della multinazionale riguarda la richiesta al ministero dello Sviluppo economico, per ottenere il rinnovo decennale della concessione petrolifera Val d’Agri, ben due anni prima dalla scadenza prevista a ottobre 2019″. “Una bella trovata – ha sottolineato Di Salvatore – da attribuire, però, non all’Eni, ma a Mario Monti e che ora si prepara a ricevere il lasciapassare definitivo del M5S”. Sempre Di Salvatore, poi, ha sottolineato anche un altro aspetto da chiarire: nella bozza del decreto circolata nella serata del 21 gennaio, infatti, è letteralmente sparito il comma che vieta l’utilizzo dell’air gun.