Caro Presidente Mattarella,

Come ogni anno, anche quest’anno si festeggia la liberazione di Auschwitz e commemoriamo milioni di morti, vittime dello sterminio nazifascista. Come ogni anno centinaia di ragazzi partono verso la Polonia per visitare il luogo simbolo dell’orrore e per realizzare e imparare che quell’orrore di cui è capace l’essere umano non ha confini e limiti. In questo periodo dell’anno ci commuoviamo con le testimonianze di sopravvissuti, guardiamo in televisione documentari e film, facciamo dibattiti e incontri per prometterci e riprometterci che quell’orrore non si deve mai più ripetere.

Eppure, caro Presidente, i nostri occhi che guardano con così tanto dolore indietro nel passato fanno fatica ad aprirsi e vedere davanti al proprio naso quello che ci accade oggi. I cervelli di tanti italiani hanno escogitato modi sicuri e comodi per parlarne, per guardare al passato come se fosse una cosa che in fondo non ci riguarda, non ci coinvolge direttamente.

Com’è possibile, Presidente, che nello stesso momento nel quale spendiamo fiumi di parole per descrivere gli orrori del passato se ne spendano altrettante, simili a quelle che allora provocarono e giustificarono gli stessi orrori, oggi, contro i migranti, contro gli zingari, contro gli omosessuali?

Portiamo in vacanza i nostri figli a fare il bagno e a sguazzare nel mare che è una tomba di migliaia di uomini, donne e bambini disperati. Ci hanno convinto che è giusto! La loro disperazione, la loro povertà, la loro morte è solo colpa loro. Chi cerca di salvare quelle vite è un criminale da fermare con ogni mezzo. Accettiamo che i nostri soldi, i soldi dello Stato italiano, vengano impegnati in veri e propri campi di concentramento in Libia dove quegli uomini, quelle donne, quei bambini devono essere imprigionati, torturati, stuprati: qualsiasi cosa purché non arrivino da noi, purché non arrivino qui per rubarci il nostro benessere. O, come alcuni politici ormai senza remore dichiarano, purché non arrivino qui per “invadere “e “inquinare la razza bianca”.

Com’è possibile che il nostro Paese e le nostre città oggi siano governate da politici che invocano ancora forni crematori per gli stranieri? Com’è possibile che altri politici propongano di togliere i bambini da 0 a 6 anni a tutti gli “zingari”? Com’è possibile che si invochino ancora censimenti etnici? Com’è possibile che tutto questo faccia guadagnare voti e applausi e “like” di milioni di persone? Com’è possibile, Presidente, che un popolo, la più grande minoranza europea, la più discriminata in assoluto, quella che ha visto lo sterminio basato sulla razza, quella che è stata internata nei campi di concentramento fascisti in Italia, non ha nemmeno un riconoscimento formale da parte dello Stato italiano?

Perché a noi lo Stato italiano non ha potuto dare nulla di più che altri “campi”? Perché oggi l’Italia è l’unico Paese in Europa che continua a praticare la segregazione razziale per i rom? Perché i nostri figli sono terrorizzati dalle “ruspe”, sono terrorizzati di poter rimanere senza niente dall’oggi al domani, cacciati e perseguitati ovunque? Perché oggi rom e sinti hanno paura di dormire di notte perché temono che qualcuno venga a bruciarli o a sparargli? Perché i nostri figli, i cui nonni e bisnonni sono stati vittime dello sterminio e dell’internamento fascista italiano, quando a scuola si parla della Seconda guerra mondiale non sentono mai parlare di porrajmos?

Perché i bambini italiani non devono studiare anche questo pezzo della storia italiana che non riguarda solo rom e sinti, ma tutti gli italiani? Lo sa, Presidente, che i ragazzi invitati dal ministero dell’Istruzione ogni anno ad Auschwitz non visitano nemmeno lo Zigeunerlager? Se va bene, qualcuno forse menziona il porrajmos o invita qualche attivista rom a parlare del nostro sterminio negli spazi informali, sull’autobus o sull’aereo, o in albergo, forse per suonare una canzone “zingara” (perché quella da un po’ di sollievo).

Troppe domande e troppi perché. Anche noi ci interroghiamo, cerchiamo di capire per poter contrastare tutto ciò. Ci affidiamo alle ricerche, agli esperti, ai numeri. Ci parlano di “paura della gente”, della “crisi economica”. Ma in fondo, nel profondo dei nostri cuori, lo sappiamo: quelle sono giustificazioni, un tentativo di dare un perché rassicurante, proprio come avveniva nel passato. Anche allora le leggi razziali, l’internamento, lo sterminio, tutto aveva una spiegazione razionale e scientificamente dimostrabile. E le persone normali, come oggi, approvavano, applaudivano, acconsentivano.  

Caro Presidente, La prego di accettare questo doloroso sfogo e di considerarlo comunque come un contributo a quello che oggi, più che mai, è una questione di fondamentale importanza: la commemorazione della Giornata della memoria in Italia.

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