Lo spot Gillette ha sollevato una serie di polemiche semplicemente perché interviene su una questione che negli Stati Uniti viene dibattuta da un bel po’. Dopo tanti spot in cui si dice che l’uomo non deve chiedere mai o che l’uomo deve restare sul divano mentre lei spazza e lava, ecco una pubblicità che racconta un altro modello di mascolinità che si contrappone a quello che viene definito come derivato da una mascolinità tossica.
Il concetto di mascolinità tossica è stato definito da uomini che vogliono raccontare se stessi in modo migliore. Fu utilizzato infatti per la prima volta dallo psicologo Shepherd Bliss negli anni 80 e 90. Mascolinità Tossica è quella di chi pratica bullismo su un ragazzo fragile. Quella di chi non tollera che un uomo pianga. Ancora: quella di chi non fa altro che assumere come proprio l’atteggiamento molesto nei confronti delle donne. Ci sono molti uomini migliori di così, che trovano mille ostacoli lungo il proprio cammino proprio perché sono visti come traditori del “branco” maschile. A me piace chiamarli disertori del patriarcato, ovvero coloro che hanno dismesso la divisa, gettato via le armi e iniziato a guardare il mondo attraverso i propri occhi, liberi da qualunque influenza patriarcale.
È un percorso lungo quello che stanno compiendo, e il coraggio che mostrano è assolutamente da ammirare. Dall’altra parte trovano oppositori che hanno elaborato nuovi modi per definire i vecchi modelli di mascolinità per poi proporli come innovativi, riferimenti per quelli che si sentono persi e non trovano uno spazio nel mondo. Questi oppositori non fanno però altro che alimentare odio nei confronti delle donne e nei confronti di chiunque non interpreti la loro ideologia.
In questo si riassumono tutti gli stereotipi dai quali deriva ogni forma di sessismo, non solo rivolta a donne, gay, trans, lesbiche, ma anche agli altri uomini, quelli che vogliono essere diversi. Quelli che rivendicano la possibilità di esprimere la propria mascolinità fragile. La definisco così come è stata definita da quelli che hanno partecipato alla campagna di Abbatto i Muri proprio sulla mascolinità fragile. In tutte le loro narrazioni si vede bene che il vero nemico è il maschilismo e la cultura patriarcale, chiunque sia a veicolarla. Le donne che crescono i propri figli chiamando zoccole tutte le donne che gli si avvicinano non sono meno maschiliste di certi uomini. Sono veicoli attivi di sessismo della peggior specie e spesso non lo fanno per obbedienza ai mariti, ma per fedeltà ai valori triti e ritriti che gli sono stati inculcati nell’infanzia. Ecco perché è necessario che nelle scuole si facciano corsi per il rispetto dei generi: contro ogni forma di bullismo e per prevenire la legittimazione della violenza di genere, che deriva da un’educazione mirata a creare solo nuovi affiliati alla compagnia che pratica la mascolinità tossica.
Di recente l’Apa (American psychological association) ha collegato l’ideologia maschilista all’omofobia e alla misoginia. Al di là della patologizzazione (il maschilismo non è una malattia, ma la più dannosa forma di oppressione), quello che emerge è il fatto che il maschilismo sia percepito finalmente come dannoso per tutti, uomini inclusi. Questa è secondo me una grande evoluzione ed è per questo che siamo di fronte a un fenomeno di resistenza così massiccia da parte degli uomini che non vogliono perdere i propri privilegi. Di fatto non solo negano di fruirne, ma dichiarano di essere vittime delle donne.
Se non ci muoviamo presto, quello che potrebbe aspettarci è una controriforma con i controcavoli e noi sappiamo quanto reazionario e rischioso possa essere lasciare emergere il backlash gender che in ogni Paese del mondo, oggi, favorisce il ritorno di rappresentanti autoritari, chiaramente fascisti, i quali non fanno che mettere in discussione la libertà di scelta delle donne. Sono a rischio le nostre libertà ed è per questo che dobbiamo munirci di informazioni valide per impedire che ci riportino indietro di mille secoli.