Un’operazione antimafia nella Vallée come mai se ne erano viste. Imprenditori, politici e amministratori in manette con presunti criminali. Questa mattina i carabinieri del Gruppo Aosta e del Raggruppamento operativo speciale hanno arrestato sedici persone, alcune delle quali ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta e legate alla famiglia Nirta-Scalzone di San Luca (Reggio Calabria), da anni al centro di indagini, processi e confische. L’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino ha un nome evocativo ispirato alla Bibbia: si chiama “Geenna”, come la valle vicino a Gerusalemme che era stata maledetta per il culto di Moloch, a cui venivano offerti sacrifici umani.
Associazione di tipo mafioso e concorso esterno, estorsioni tentate e consumate, tentato scambio elettorale politico-mafioso, traffico illecito di droga, detenzione e ricettazione di armi, favoreggiamento personale: sono molte le accuse verso i sedici indagati nei confronti dei quali il gip di Torino – su richiesta della Dda – ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare. Le indagini sono state avviate nel 2014 dai carabinieri di Aosta e del Ros nei confronti di alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese residenti ad Aosta. Secondo quanto diffuso dall’Arma, l’inchiesta ha rivelato “uno scenario di pervasiva infiltrazione nel tessuto economico-imprenditoriale” e di documentare l’esistenza di un’associazione finalizzata al narcotraffico di matrice transnazionale tra Spagna e Italia. Secondo gli inquirenti la “locale” di Aosta era guidata da Marco Di Donato in qualità di capo, mentre Bruno Nirta e Antonio Raso erano i promotori e gli organizzatori. L’inchiesta ha anche accertato che l’organizzazione di traffico internazionale di cocaina tra Italia e Spagna (dove nel giugno 2017 è stato ucciso Giuseppe Nirta, nominato nell’indagine sull’ex procuratore di Aosta Roberto Longarini).
L’inchiesta però non si è fermata soltanto agli episodi di criminalità, ma ha scandagliato la “zona grigia” che coinvolge imprenditori e, soprattutto, i politici locali, gli amministratori. In carcere sono finiti un consigliere regionale dell’Union Valdotaine Marco Sorbara, ex assessore comunale di Aosta. Il sodalizio ‘ndranghetista sarebbe stato in grado di far eleggere nel Consiglio comunale di Aosta uno degli associati, supportando l’azione politica e ricevendo vantaggi dagli eletti. Inoltre le indagini hanno anche documentato un chiaro tentativo di “scambio elettorale politico-mafioso” effettuato da Antonio Raso nei confronti di un referente regionale di partito. Tra gli arrestati, poi, ci sono anche Monica Carcea, assessore comunale di Saint-Pierre (Aosta) e Nicola Prettico, consigliere comunale di Aosta.
In carcere a Vercelli è finito un avvocato del foro di Torino, Carlo Maria Romeo, noto soprattutto come legale di molte persone a processo per fatti di criminalità organizzata. La Dda lo accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, concorso in estorsione e concorso in falso ideologico in atti d’ufficio. Romeo avrebbe fatto da intermediario nella cessione di mezzo chilo di cocaina dal presunto boss Bruno Nirta a Bruno Trunfio, l’ex assessore comunale di Chivasso (Torino) condannato nel processo “Minotauro”. Inoltre il legale avrebbe messo in guardia la locale sui rischi dovuti alle dichiarazioni di un pentito.
L’origine dell’inchiesta
È cominciata nel 2014 questa indagine, quando i carabinieri cominciano a tenere sotto stretta osservazione due fratelli, Bruno e Giuseppe Nirta, il primo arrestato stamattina a San Luca dal Ros e dai “Cacciatori di Calabria”, il secondo morto nel giugno 2017 in Spagna. Li seguono, osservano i locali che frequentano, tra cui la pizzeria La Rotonda, intestata a un altro presunto partecipe dell’organizzazione, Vincenzo Raso. E poi vanno a fondo. D’altronde, come ha ricordato il procuratore vicario Paolo Borgna, certi cognomi “sono nomi di famiglie che conosciamo da sempre, alla seconda o alla terza generazione. Le conosciamo dai primi anni Ottanta”. Per proseguire l’indagine i sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Torino, Stefano Castellani e Valerio Longi, hanno studiato gli atti di alcune inchieste passate, le recenti “Tempus venit” e “Hybris”. In “Minotauro” erano emerse informazioni sull’esistenza di una locale di ‘ndrangheta ad Aosta.
La scalata al mondo che conta
È soprattutto l’indagine “Lenzuolo” del 1999 a dare un elemento importante: “Alcuni indagati avevano ipotizzato una modalità organizzativa concretizzata nella locale di Aosta”, ha spiegato la coordinatrice della Dda, Annamaria Loreto. Caratteristica di quella strategia era la ricerca di contatti con il mondo politico (con eletti “disponibili a dare all’organizzazione tutti i vantaggi derivanti dall’attività amministrativa: lavori pubblici, concessioni, appalti”, aggiunge Loreto), imprenditoriale e non solo. La locale di Aosta aveva fatto eleggere un suo componente, Nicola Prettico, nel consiglio comunale di Aosta nel 2015. Altri politici, come Sorbara e Carcea, avevano avuto l’appoggio dei due presunti “promotori” della locale, Marco Fabrizio Di Donato e Antonio Raso. Quest’ultimo aveva anche proposto il suo appoggio all’attuale sindaco di Aosta, Fulvio Centoz, che però ha rifiutato.
I Nirta, per gestire il loro traffico di cocaina, erano entrati in affari con Gerardo Cuomo e il suo “Caseificio aostano”, quello al centro dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex procuratore reggente di Aosta Pasquale Longarini. Non è tutto. Per espandere il loro dominio sulla Vallée due esponenti della locale di Aosta avevano cercato di instaurare rapporti con le logge massoniche, si apprende da fonti investigative. In particolare da una conversazione intercettata emerge l’intenzione di scalare le gerarchie di una loggia per poi fare iscrivere imprenditori e professionisti.