Gli avvocati difensori, Federico Cecconi e Stefano Tizzani, hanno rinunciato all’udienza preliminare. Lo scorso giugno il gup aveva restituito le carte alla procura con l'indicazione al pm di riscrivere il suo atto d'accusa precisando la questione dell'appartamento nella Torre Velasca di Milano
Inizierà l’8 aprile 2019 in Tribunale a Milano il processo a Silvio Berlusconi e all’ex infermiera Roberta Bonasia, di Nichelino (Torino), per corruzione in atti giudiziari in relazione al caso Ruby Ter. Gli avvocati difensori, Federico Cecconi e Stefano Tizzani, hanno rinunciato all’udienza preliminare e hanno richiesto il giudizio immediato. Lo scorso giugno il gup di Torino, Francesca Christillin, che avrebbe dovuto pronunciarsi sul rinvio a giudizio del leader di Forza Italia aveva restituito le carte alla procura con l’indicazione al pm Laura Longo di riscrivere il suo atto d’accusa precisando la questione dell’appartamento nella Torre Velasca di Milano.
Per l’accusa l’ex infermiera di Nichelino (Torino), in cambio di circa 80mila euro, avrebbe testimoniato il falso in tribunale, a Milano, su quanto avveniva durante le ‘cene eleganti’ di Arcore: niente statue con il pene sproporzionato, niente ragazze che improvvisavano spettacoli erotici. Il fascicolo era stato preso in carico dagli inquirenti di Torino dopo lo spacchettamento del fascicolo per ragioni di competenza territoriale: l’ultimo assegno fu incassato nel capoluogo piemontese. La difesa, su questo punto, aveva dato battaglia: “Si tratta di un assegno circolare – spiegava l’avvocato Federico Cecconi – e il reato, per costante giurisprudenza, si considera compiuto nel luogo di emissione”.
Il giudice Christillin aveva ordinato alla procura di concentrarsi sulla Torre Velasca. E in particolare all’appartamento al 22/o piano di cui la Bonasia, per un certo periodo, ottenne il comodato gratuito. L’immobile venne preso in affitto (con canone versato formalmente da un “uomo di fiducia” di Berlusconi) nel 2008. Ma Roberta conobbe il premier solo nel
2010. E la locazione terminò il 2 febbraio 2016. Per la pm Longo la circostanza non era essenziale, tanto che nel capo d’accusa iniziale non aveva nemmeno citato la Torre Velasca.