Nonostante "la situazione sembri migliorata" mancano ancora garanzie "a livello locale" sull'applicazione della legge 194. La valutazione è riferita a informazioni fornite dal governo precedente il 16 febbraio 2018. Necessario quindi un aggiornamento da parte del nuovo esecutivo Lega-M5s. Nel 2016 avevamo già ricevuto un richiamo per l'assenza di tutele nei confronti del personale sanitario non obiettore
“Ci sono ancora considerevoli disparità d’accesso all’interruzione di gravidanza a livello locale”. Secondo il Comitato per i diritti sociali del Consiglio d’Europa nonostante la “situazione sembri migliorata”, in Italia continuano a esserci problemi sull’applicazione della legge 194 per l’interruzione di gravidanza (qui l’inchiesta di Fq MillenniuM 40 anni dopo la legge). Nel documento, diffuso in risposta a un ricorso della Cgil, si rilevano “forti disparità a livello locale perché un numero di medici non obiettori non viene assegnato ai servizi di aborto o non funziona a pieno tempo”. Si segnala, inoltre, una situazione “non conforme” per quanto riguarda “la discriminazione contro le donne che desiderano porre fine alla gravidanza e la violazione del loro diritto alla salute a causa di problemi di accesso servizi di aborto” e “la discriminazione nei confronti dei medici non obiettori”.
La valutazione, si legge ancora nella nota, è riferita a informazioni fornite dal governo il 16 febbraio 2018. Il 16 gennaio scorso la ministra Giulia Grillo ha consegnato al Parlamento (in ritardo di 11 mesi) un report sullo stato dell’applicazione della legge 194 in Italia: nel testo si rilevava una diminuzione degli aborti del 5 per cento, mentre i ginecologi obiettori rimangono il 68 per cento del totale. Tra le richieste del Comitato all’Italia c’è anche quella di un aggiornamento da parte dell’esecutivo Lega-M5s che entro ottobre 2019 dovrà mandare una nuova relazione al Consiglio. L’Italia dovrà informare sulle misure introdotte sia per ridurre le disparità tra Regione e Regione e tra ospedale e ospedale sia per facilitare alle donne l’accesso all’interruzione di gravidanza. Inoltre dovrà dare atto delle iniziative per assicurare una distribuzione più omogenea dei medici non obiettori sul territorio nazionale e per “proteggere” il personale medico non obiettore.
Già nel 2016 il Consiglio d’Europa, su ricorso della Cgil, aveva richiamato l’Italia sia per le difficoltà di applicazione della legge, sia per la “discriminazione” subita da medici e infermieri. Nel 2017 a esprimersi era stato il comitato dei diritti umani dell’Onu che aveva sottolineato come gli ostacoli all’interruzione legale della gravidanza portassero solo a un aumento degli aborti clandestini. È la stessa legge 194, promulgata il 22 maggio 1978, che impone “l’espletamento delle procedure” di interruzione e garantisce “l’effettuazione degli interventi richiesti”.