In economia esiste una narrazione fallace che è particolarmente difficile da combattere e riguarda l’idea che l’innovazione tecnologica possa distruggere più posti di lavoro di quanti riesca a creare e che costituisca, a tendere, una minaccia per i lavoratori meno istruiti o in generale meno capaci di riconvertirsi alle nuove esigenze del mercato. Il successo di questa impostazione è dovuto anche al ruolo strumentale che può avere nel promuovere l’intervento dello Stato nell’economia e per questa via, la ricerca di consenso mediante propaganda politica.
L’esempio più ovvio è il reddito di cittadinanza promosso dal Movimento 5 stelle come strategia preventiva rispetto alla “fine del lavoro” preconizzata dalla Casaleggio e associati per il 2054. Quali evidenze ci sono a supporto di questa accattivante teoria? È abbastanza certo che l’introduzione dell’automobile come mezzo di locomozione abbai senz’altro ridotto drasticamente la quantità di personale richiesto per la gestione di cavalli e carrozze. Ma è altrettanto evidente che, nonostante l’elevato impiego dell’automazione industriale e delle altre innovazioni, questo settore occupi lavoratori in un numero molto maggiore rispetto all’epoca degli spostamenti a trazione animale.
A questo proposito, l’economista Pietro Ichino ha di recente evidenziato via Twitter come l’occupazione in Italia sia cresciuta da 19 a 23 milioni di unità nel corso degli ultimi 40 annni caratterizzati da una forte crescita dell’automazione.
RISPOSTA A CASALEGGIO, che sostiene che entro il 2054 (non il ’55!) i robot produrranno un tasso catastrofico di disoccupazione: nell’ultimo quarantennio, di forte sviluppo dell’automazione, la forza-lavoro italiana è aumentata da 19 a 23 mln. Certo, non c’erano i 5S al governo. pic.twitter.com/mmLpAbsVVp
— Pietro Ichino (@PietroIchino) 18 gennaio 2019
Dunque quello che si può osservare è che nel corso della storia, per effetto del progresso tecnologico, mentre alcuni lavori sono scomparsi, altri ne sono stati creati e il numero dei secondi ha sempre superato quello dei primi. Inoltre, nella transizione dai impieghi vecchi ai nuovi, le condizioni dei lavoratori sono sempre migliorate, si pensi per esempio al passaggio dall’agricoltura all’industria e dall’industria ai servizi. Dunque il primo punto segnato dal rasoio di Occam nei confronti delle previsioni più catastrofiste è il seguente: innovazione e progresso hanno finora portato più lavoro e migliori condizioni di vita, in assenza di elementi radicalmente nuovi, l’ipotesi più logica e più semplice è che anche in futuro avvenga lo stesso.
Per argomentare che “questa volta sarà diverso” si sostiene tipicamente che:
1. oggi sussistono maggiori difficoltà di transizione dai lavori vecchi ai nuovi, ad esempio un benzinaio ha difficoltà a posizionarsi come ingegnere elettronico
2. che l’estensione dell’automazione alle attività intellettuali, resa possibile dall’intelligenza artificiale, possa amplificare il numero dei lavori persi, portandoli a superare quelli creati.
A ben guardare il punto 2 viene in soccorso del punto 1. Non troppi anni fa, per utilizzare un computer o un macchinario industriale era necessario conoscere complicati linguaggi di programmazione, oggi invece esistono interfacce alla portata di tutti ed è ormai possibile “parlare alle macchine” quasi come si fa con gli esseri umani. Dunque lavori che prima erano riservati tecnici super esperti, oggi sono alla portata di chiunque abbia integrato l’educazione di base con un veloce corso di formazione.
Quanto al rapporto tra posti di lavoro persi e creati, anche nelle professioni intellettuali, la soluzione più semplice appare ancora una volta la più convincente, il beneficio diretto per alcuni, si traduce in un beneficio indiretto per altri: se una parte della popolazione diventa più ricca e ha una quantità maggiore di tempo libero, potrà dedicarsi a nuove attività che costituiranno opportunità di lavoro e di guadagno per tutti gli altri. È questo il secondo punto in base al quale il celebre metodo proposto da Guglielmo da Occam, smonta le terrificanti previsioni formulate dalla Casaleggio e Associati.
Da sottolineare, infine, come anche se i più grandi guadagni economici si concentrano su un numero limitato di persone in valore assoluto (nuove élite tecnologiche e super ricchi incumbent), in termini relativi sono proprio i più poveri registrare il miglioramento più grande rispetto alla posizione di partenza. Un aumento di ricchezza da mille miliardi non modifica sostanzialmente la vita di Jeff Bezos o di Mark Zuckerberg, mentre la mera possibilità di accedere ai corsi a distanza di coursera.org può letteralmente cambiare la vita di chi vive in un Paese in via di sviluppo.