Era stato espulso dal Movimento 5 Stelle perché, secondo i vertici grillini, non avrebbe dichiarato “la sua pregressa militanza all’interno del partito politico Italia dei Valori” al momento della candidatura alle primarie online per la scelta dei candidati consiglieri in Campidoglio nel 2016. Ma la XVI sezione civile del Tribunale di Roma, in una sentenza emessa lo scorso 21 gennaio dal giudice Guido Romano ha stabilito che l’espulsione di Mario Canino è ‘nulla’. E ha condannato l’Associazione Movimento 5 Stelle del 2009 e quella del 2012 (entrambe ‘presiedute’ da Grillo) a versare circa 22mila euro a Canino come rimborso per le spese di lite. Canino, prima di essere escluso dalla corsa, aveva ottenuto 124 preferenze.
Come si legge nella sentenza, il Tribunale “ritiene che, sia ai fini dell’iscrizione al movimento politico che ai fini della partecipazione alla procedura di selezione dei candidati alla carica di consigliere comunale di Roma Capitale, non era richiesto, dal ‘Non Statuto’ e dal bando, il presupposto di non avere ‘mai’ partecipato ad altri movimenti o partiti politici, ma esclusivamente l’attestazione di non essere – evidentemente, all’attualità – iscritto a detti movimenti e partiti all’atto della candidatura“.
Per Lorenzo Borrè, legale di Canino, “la sentenza ha valenza politica perché conferma la illegittima mattanza di candidati avvenuta in occasione delle comunali romane, senza che alcuno battesse ciglio”. Annullando l’espulsione di Canino il Tribunale “condanna la convenuta, Associazione MoVimento 5 Stelle, costituita nel 2009, e la intervenuta, dell’Associazione Associazione Movimento 5 Stelle costituita nel 2012 (cf. 95162920102), in solido tra loro, alla refusione, in favore di parte attrice, delle spese della presente procedura che liquida in complessivi euro. 15.600,00, di cui euro. 15.000,00 per compensi ed euro. 600,00 per esborsi oltre rimborso forfetario per spese generali, iva e cap come per legge”.