SE LA STRADA POTESSE PARLARE di Barry Jenkins. Con Kiki Layne, Stephan James, Regina King. Usa 2018. Durata 119. Voto 3/5 (DT)
Harlem, primi anni settanta, Fonny e Tish sono giovani, innamorati e afroamericani. Lui scultore aitante e bohemienne, lei un groviglio di innocenza e bellezza. Cresciuti insieme, famiglie litigiose ma vicine, i due sognano un futuro di normalità e libertà. Nessuno vuole affittargli l’appartamento perché neri, le storie di ordinaria violenza subite dai ragazzi della comunità afro di New York, poi lo strapiombo, il dramma, l’ingiustizia. Fonny accusato di aver stuprato una ragazza finisce in carcere. Intanto Tish scopre di essere incinta. “La partita è truccata” a priori, spiega il regista riprendendo il romanzo di James Baldwin. La zavorra razzista è ineliminabile, anche in un contesto urbano come la democratica New York. Jenkins condensa emozioni, liturgie familiari, love story, dialoghi oltre il vetro del carcere, in un raffinato, ricercatissimo ed estetizzante quadro autoriale dove l’attenzione del taglio di luce, del colore delle tende e degli abiti è pari al riguardo per l’intensità recitativa e per il rimescolamento suadente di piani temporali e spaziali delle vicende narrate. Il palco, come negli altri lavori di Jenkins, è solo afroamericano. I primi piani fronte macchina con soggettiva impossibile sono oramai Jenkins touch.