Tre anni, tre governi: Renzi, Gentiloni, Conte. Il 25 gennaio 2016 al Cairo si perdevano le tracce di Giulio Regeni, che una settimana dopo veniva trovato cadavere sul ciglio di una strada. Evidenti sul suo corpo i segni delle torture subite. Da allora in Italia è cresciuta la richiesta di verità sulla tragica fine del ricercatore di Fiumicello, testimoniata da simboli, bandiere issate su edifici pubblici e manifestazioni pubbliche, come le fiaccolate che anche questa sera, a tre anni esatti dalla scomparsa, si terranno in molte città. Che cosa ha fatto la politica? La distanza tra le parole e i risultati è sotto gli occhi di tutti. Il richiamo dell’ambasciatore italiano è durato meno di un anno, mentre i leader, in patria, hanno sempre fatto la voce grossa, salvo tenere l’argomento Regeni ai margini degli incontri bilaterali con il presidente egiziano Al Sisi, che comanda un paese strategico per i rapporti commerciali con l’Italia, a partire dai giacimenti di petrolio. L’eccezione è quella del presidente della Camera Roberto Fico, che non ha mai fatto mancare il sostegno alla famiglia Regeni e che ha deciso di interrompere i rapporti tra la Camera dei deputati italiana e il parlamento egiziano. Una scelta simbolica, che però resta l’unica vera presa di posizione italiana a tre anni dall’accaduto. I presidenti e i principali esponenti di governo? Da Renzi a Gentiloni, da Salvini a Di Maio, ecco le loro più significative prese di posizione in pubblico a proposito della richiesta di verità, in questo blob volutamente non cronologico di Manolo Lanaro
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