Da Chanel fra tante celebrities in prima fila, da Sofia Coppola a Marion Cotillard, un’assenza eccellente quella di Karl Lagerfeld, 85 anni, che per la prima volta non fa il giro finale di passerella. Comunicato ufficiale: troppo stanco. E il mondo della moda si interroga sulle sue condizioni di salute
La chiamano Milano Men Fashion Week, ma, in tempi di crisi, si è ristretta a un lungo e farcito week end. Molte griffe preferiscono sfilare insieme alla Collezione Donna che riceve più grancassa mediatica. Come ha già fatto Moschino, la sua sfilata Uomo e Donna, fuori calendario a Roma, è stata fastosa. Onirica. Il defilé trofeo negli studios di Cinecittà, in mezzo a capitelli giganteschi e colonne spezzate, è stato un omaggio a Fellini e ai suoi personaggi di Satyricon, 8 e 1/2 e Casanova. E visto che Moschino osa e osa sempre di più, in cerchio intorno a una gigantesca torcia dell’antica Roma, il più sbalorditivo dei modelli era il clone/marajà con tanto di fascia fasciante i fianchi in taffetà giallo/oro, turbante e orecchini pendenti da ex voto.
Si vestirà così il maschio urban? Indosserà anche il papillon/bijou in maglia metallica di Dolce & Gabbana, felpa oversize e cardigan ultra/leggeri in cotone anti/pilling da street style di Luca Larenza (si definisce campano doc e writer che intreccia fili e colori), kimono svolazzante e parka in pvc riciclabile del new talent Marcelo Burlon. Per l’instagramer Lorenzo De Caro che fa tendenza quasi come Fedez sono un must to have.
E consoliamoci che il fatturato della moda maschile sia in crescita: con un rialzo del 3,4 % e l’export che cresce del 5,2%. “La Fashion week milanese sta comunque dando segnali incoraggianti – mi dice Alan Prada, osservatore di mode e modi e vicedirettore di Vogue -. Per le sfilate direi che ce ne sono state molte interessanti. Zegna ha sfilato in stazione Centrale con un uomo anti-classico che però ha dato prova di forza e coerenza, Marni dove Francesco Risso ha portato in passerella un uomo eccentrico ma reale, Prada e i suoi cortocircuiti poetici fatti di contrasti à la Frankenstein, Emporio Armani elegante, fluido, l’essenza dello spirito del marchio. E poi ancora Versace, Msgm oltre che il brand in ascesa Sunnei!”.
Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, da Montedidio, il quartiere dove è nato, Alessandro Dell’Acqua ne ha fatta di strada, ex enfant prodige, a soli 23 anni direttore creativo di Jenny, oggi spazia dal suo headquarter meneghino di 1500 metri quadrati a flagship store a Tokyo, Hong Kong, Pechino e Seul. Vedendo le sue creazioni non si ha mai il sentore del già visto e il suo fatturato è in crescita del 114%.
Anche il Just Cavalli si mette in ghingheri ma i suo fronzoli sono canterini e si chiamano Gianluigi Lembo & band che esportano il sound caprese di “Anema e core” e farebbero ballare tammurriate e tarantelle anche ai tavoli. Altro portatore sano di napoletaneità è Gianluca Isaia che con sapienza sartoriale firma una collezione dedicata al Teatro San Carlo.
Ma Parigi azzarda di più: l’uomo Louis Vuitton sfila con fluttanti gonne plissettate fino ai piedi e dall’orlo asimettrico e massicci cappotti imbottiti in un allestimento che strizza l’occhio al sociale ma che comunque fa spettacolo: bidoni della spazzatura, graffiti, materassi da barboni, gruppo jazz e passi di danza alla Michael Jackson. Fra le cinquanta e oltre sfumature dell ’Haute Couture al Gran Palais si alza il sipario su Chanel in un soleggiato scenario mediterraneo tra palme, prati pettinati e piscina. Gonne a coda di pesce e vaporose acconciature alla Marie Antoinette. Tra tante celebrities in prima fila, da Sofia Coppola a Marion Cotillard, un’ assenza eccellente quella di Karl Lagerfeld, 85 anni, che per la prima volta non fa il giro finale di passerella. Comunicato ufficiale: troppo stanco. Da Amburgo si trasferì a Parigi nel 1953 dove Madame Zereakian, la veggente armena di Christian Dior, gli disse che avrebbe avuto successo nella moda. Ha avuto ragione.
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