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‘Ndrangheta in Valle d’Aosta, il presunto boss: “Il capogruppo regionale del Pd in Calabria? Lo abbiamo aiutato noi”

Nelle pieghe dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Silvia Salvadori, infatti, spunta un capitolo dedicato ai rapporti tra i politici calabresi e Antonio Raso Raso, originario di San Giorgio Morgeto e accusato di essere uno dei promotori dell’associazione mafiosa. Il politico di cui parla in una intercettazione non risulta indagato: "Pretendo che si vada sino in fondo, non si tralasci nulla, si ispezioni ogni mio respiro"

Il capogruppo del Pd al Consiglio regionale della Calabria? “Lo abbiamo aiutato noi”. Parola di Antonio Raso, uno degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Geenna”, coordinata dalla Dda di Torino. Nelle carte dell’operazione antimafia non ci sono solo i legami tra la ‘ndrangheta e gli esponenti politici valdostani. Nelle pieghe dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Silvia Salvadori, infatti, spunta un capitolo dedicato ai rapporti tra i politici calabresi e il presunto boss Raso, originario di San Giorgio Morgeto e accusato di essere uno dei promotori dell’associazione mafiosa.

Gestore della pizzeria “La Rotonda”, considerato un punto di incontro di soggetti che “avevano legami con ambienti della criminalità organizzata”, Raso è considerato il “regista di operazioni di assoluto rilievo ed impatto sulla comunità calabrese residente in Valle d’Aosta, al fine di acquisire ulteriore prestigio ed importanza sia a livello personale, sia, di conseguenza, per il sodalizio mafioso di cui fa parte”. È lui stesso che, intercettato nel maggio 2016, parla di Sebi Romeo (che non è indagato dalla Procura di Torino e risulta estraneo all’inchiesta, ndr) come se fosse un suo grande elettore. Durante la campagna elettorale per le amministrative di San Giorgio Morgeto, infatti, Raso si è sentito al telefono con Domenico Gargano, candidato nella lista “Obiettivo Comune” e futuro assessore del piccolo Comune della Piana di Gioia Tauro. “La telefonata è molto lunga – riassumono i magistrati nell’ordinanza di arresto – e tocca diversi temi. In particolare Gargano chiede l’appoggio di Raso Antonio per sé e per la lista elettorale d’appartenenza dicendogli che hanno anche fatto arrivare a San Giorgio Morgeto un rappresentante del Pd a livello regionale quale Romeo Sebastiano detto Sebi”.

“Guarda noi rapporti li abbiamo. – sono state le parole di Gargano per convincere il boss a sostenere la sua candidatura – Verranno qua… sono venuti… non (so, ndr) se ne hai contezza. Comunque è venuto Romeo, il capogruppo è venuto già una volta e torna. Probabilmente verrà…”. “Chi Romeo?”. “Il capogruppo regionale del Pd”. Collegato il nome al politico del Partito democratico, Raso non ha dubbi: “Ma quello guarda che lo abbiamo aiutato eh! Lo abbiamo aiutato 285 voti gli ho fatto arrivare”. Il futuro assessore comunale di San Giorgio Morgeto insiste: “Sebi Romeo è in contatto continui con noi e verrà a fare campagna elettorale”. E Raso ribatte: “Allora gli dici… se Sebi Romeo conosce quelli di Aosta, quelli che gli hanno dato una mano”.

Gargano trova morbido e si gioca la carta “Romeo”: “Lui è più forte di prima, è diciamo nel momento di maggiore forza come gruppo anche perché adesso devono arrivare anche una caterva di finanziamenti”. È a questo punto della conversazione che esce fuori il “Raso pensiero”. Per le comunali del suo paese d’origine, dove si erano presentate due liste, una guidata da Andrea Carpentiere e l’altra da Salvatore Valerioti (che poi ha vinto), il presunto boss emigrato in Valle D’Aosta ha cercato di fare tutti contenti. “Non si è mai schierato apertamente a favore dell’uno o dell’altra lista, – è scritto nell’ordinanza – mantenendo un atteggiamento equidistante ed appoggiandole entrambe”.

Siccome io sono nel commercio, sono di tutti. – spiega Antonio Raso – Perché non mi posso esporre né da una parte, né dall’altra perché qua rompono i coglioni dopo. Siccome io già sono in un momento di merda perché qua… tutti vengono a bussare qua poi sembra che… quello che posso faccio… però sono di tutti, però so io come fare”. Gargano ha capito il ragionamento e per assicurarsi l’appoggio di Raso si avventura in discorsi politici che vanno oltre il piccolo Comune di San Giorgio Morgeto: “Si fa un ragionamento aperto con fasce di gente che non è stata coinvolta in prima persona nelle elezioni però può dare una mano e se facciamo sta cosa va bene. Poi i rapporti, come hai detto tu, noi per fortuna li abbiamo in questo momento. Siamo alla Provincia perché c’è Falcomatà che…praticamente… adesso con la città metropolitana e Falcomatà… siamo in Regione, siamo al Governo, se non riusciamo a prendere niente ci meritiamo fucilate per dire capisci? La rete dei rapporti più forte l’abbiamo noi… ce l’ha il Pd capito?”. “E infatti”. Romeo promette ma non si sbilancia: “Che vinca il migliore… se i sangiorgesi sono stupidi vuol dire che…”.

Nella mia vita non sono mai stato in Val d’Aosta, come facilmente riscontrabile da un qualsiasi controllo su alberghi, pedaggi autostradali, aerei, treni, tabulati telefonici e quant’altro potrebbe chiarire la mia posizione rispetto alle vicende narrate oggi da alcuni organi di stampa, anche nazionali. Pretendo che si vada sino in fondo, non si tralasci nulla, si ispezioni ogni mio respiro” dice Sebi Romeo. “Inoltre, – ha aggiunto il politico calabrese – non sono mai venuto a conoscenza di eventi a cui avrei dovuto partecipare in tale regione, di cui so giusto essere confinante con il Piemonte, né conosco imprenditori che lì risiedono. Se qualcuno ha utilizzato il mio nome per accreditarsi con chicchessia chiarirà a chi di competenza la sua posizione e la mia totale estraneità alle vicende narrate”. “Mi pare evidente, – ha concluso Romeo – soprattutto da quanto emerge dalle carte e dalla serietà con cui la Procura chiarisce che mai sono emersi contatti tra me e questi signori, che qualcuno ha tentato di scimmiottare l’inimitabile ‘Totó truffa’ nella vendita della fontana di Trevi”.