Il sindaco di Palma Campania, alle porte di Napoli, per favorire, cosi dice, l’integrazione oggi ha fatto distribuire alla sua comunità bengalese un opuscolo “per insegnare a loro come si vive da noi”. Il decalogo, opportunamente tradotto, invita a “lavarsi i denti ogni sera, farsi una doccia al giorno, usare il sapone e il deodorante per il viso e per il corpo, lavare gli abiti che vengono indossati, tagliare i capelli ogni 4/8 settimane, pulire casa, tagliare le unghie di mani e piedi, coprirsi il naso e la bocca quando si tossisce e si starnutisce, non condividere rasoi, asciugamani o trucchi con altre persone”. Il giovane sindaco, Nello Donnarumma, spiega che “curare il proprio aspetto”, aiuta a vivere meglio e nega ogni intento razzista: “Intendo comunicare un codice di comportamento comunemente rispettato dagli italiani. Ed è giusto che i nostri ospiti lo sappiano e si adeguino”.
Al sindaco facciamo i nostri complimenti: la pulizia innanzitutto. Consigliamo però, se volesse riflettere sul tema e allargarlo anche ad altri aspetti, che una società puzza non solo per via della saponetta che non c’è. Perché è possibile, per esempio, che negli uffici pubblici i visi siano puliti, le unghia tagliate e i capelli in ordine, ma le mani comunque sporche di mazzette. E può sempre darsi che sui nostri balconi si senta il profumo dei gerani e delle rose, ma se esistono le discariche abusive l’aria pulita non sarà. Trovandosi, il sindaco e anche i suoi colleghi di tutt’Italia, potrebbero ricordarci – con un decalogo di pari cortesia – che la Costituzione, sulla quale pure giurano, dice che le tasse devono essere pagate da tutti, per avere la coscienza pulita e non sporca. E infine, se proprio volessero essere pignoli, che chi ha le mani zozze di sangue, come gli affiliati ai numerosi clan che compongono la geografia criminale del nostro bel Paese, dovrebbero essere esclusi dal consesso civile, emarginati, condannati. Che la dignità non è biodegradabile, non può essere salvata con una doccia quotidiana.