"È la prima volta che viene contestato il 416 bis nel Viterbese". Parola del procuratore aggiunto della Dda di Roma Michele Prestipino che ha coordinato l'operazione dei carabinieri. Agli indagati sono contestati a vario titolo anche estorsioni, danneggiamenti, furto, tentativi di rapina, lesioni personali
“È la prima volta che viene contestato il 416 bis nel Viterbese”. Parola del procuratore aggiunto della Dda di Roma Michele Prestipino che ha coordinato l’operazione dei carabinieri. “Finora contestazioni di questo tipo avevano riguardato il basso Lazio al confine con la Campania mentre il Nord della Regione era stato finora esente da questo tipo di fenomeni” ha aggiunto Prestitipino. Tredici persone sono state arrestate e sono ora indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso. Secondo gli inquirenti, nella provincia laziale si è sviluppata un’organizzazione dai connotati mafiosi, con solidi collegamenti con ambienti ‘ndranghetisti, che avrebbe imposto il proprio controllo su negozi compro oro, locali notturni, ditte di trasloco, oltre ad attività di recupero crediti.
A far scattare le operazioni dei carabinieri del comando provinciale di Viterbo, una serie di aggressioni e di atti intimidatori, esercitando l’azione di controllo del territorio tipica delle organizzazioni mafiose. Gli arrestati, tra le altre attività illecite, avrebbero anche dato fuoco a un’auto dei carabinieri. Per questi motivi sono scattate le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip di Roma su richiesta della Dda capitolina. Le indagini, cui hanno partecipato anche il raggruppamento Aeromobili di Pratica di Mare, le unità cinofile e i militari dell’8° reggimento laziale, hanno consentito di ricostruire “i tasselli di un mosaico che ha portato alla luce un pericoloso panorama criminale“, come spiegano i carabinieri stessi.
Ci sono state intimidazioni sia nei confronti delle vittime che delle forze dell’ordine. Agli indagati sono contestati a vario titolo anche estorsioni, danneggiamenti, furto, tentativi di rapina, lesioni personali, con l’aggravante di aver commesso questi delitti per agevolare l’associazione mafiosa o avvelendosi del metodo mafioso. Decine gli episodi di auto incendiate riconducibili all’organizzazione: in due casi si tratta di auto di carabinieri impegnati nelle indagini e di un tentativo d’incendio sventato della macchina di un poliziotto che aveva effettuato controlli e verifiche amministrative nei compro oro riconducibili a uno dei capi dell’organizzazione. In un altro episodio a un commercialista furono incendiate due auto e danneggiata una terza, recapitata una lettera minatoria con proiettili e fatto ritrovare la carcassa di un animale.
Stando alle indagini cittadini comuni si rivolgevano all’organizzazione per chiedere una “giustizia alternativa” in casi di controversie, contenziosi personali o recupero crediti come emerso dalle intercettazioni In un caso, ad esempio, il titolare di un centro estetico avrebbe chiesto aiuto per evitare una denuncia da parte di un cliente. E per ‘aiutarlo’ sarebbero state organizzate due rapine e un tentativo di sfregiare la vittima, non andato in porto grazie all’intervento dei carabinieri. “Adesso scendo e gli butto una bomba.… Stasera gli sparo tutte le vetrine. Ti aiutano gli sbirri… vedi che succede la guerra mondiale a Viterbo” dice uno degli indagati parlando di un imprenditore concorrente. La frase è contenuta nelle oltre 700 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma, Flavia Costantini. “Qui senza la nostra autorizzazione non si muove nulla”, dice un altro indagato in una conversazione intercettata.