La maggior parte delle prescrizioni matura in fase d’indagini e, addirittura, la riforma rischia di avere un ‘effetto boomerang’. La riforma del governo che stoppa la prescrizione viene criticata – o comunque ne viene ridotto l’impatto – dalle toghe di Firenze, Roma e Milano. Per il presidente della Corte d’appello di Firenze, “la percentuale più alta di prescrizioni matura nella fase d’indagini preliminari” a causa di una “mancata razionale riforma” del codice penale e delle leggi speciali. E la sospensione dei termini dopo la sentenza di primo grado “può produrre effetti opposti rispetto a quelli perseguiti”. Da Milano, arriva un monito simile, poiché la presidente della Corte d’appello sottolinea che nel suo distretto la prescrizione matura “nell’83% dei casi già nella fase delle indagini preliminari” e viene dichiarata con decreto di archiviazione del giudice. Mentre Luciano Panzani, presidente della Corte d’appello della Capitale, si dice “preoccupato” pur giudicando positivamente “in linea di principio” la riforma perché se la Corte d’appello “non è in grado di smaltire i processi pendenti e non vi è più la prescrizione a spazzar via i processi che si accumulano, si rischia di creare un montagna di fascicoli la cui semplice gestione fisica può paralizzare del tutto l’attività dell’Ufficio”. Ma le critiche non riguardano solo la riforma della prescrizione, difesa invece dal procuratore capo Francesco Lo Voi. Sempre dal capoluogo siciliano, tramite il pg Roberto Scarpinato, giungono critiche al decreto Sicurezza che – a suo avviso – ha “introdotto 9 nuovi reati” che “ingolfano i carichi” degli uffici giudiziari.

Bonafede: “Giustizia lenta non è giustizia giusta”
La presidente della Corte d’Appello di Firenze ha parlato alla presenza del ministro Alfonso Bonafede, che nel suo discorso ha sottolineato come una “giustizia lenta non è una giustizia giusta”. Il Guardasigilli ha spiegato che “la ricerca della verità e l’esigenza di assicurare una giustizia non solo teorica ma anche sostanziale hanno ispirato la scelta di sospendere la prescrizione dal primo grado di giudizio” perché “l’idea costituzionale di ‘giusto processo’ è stata troppe volte tradita da pronunce prive di una valutazione del merito della vicenda processuale, risolvendosi di fatto in una forma di denegata giustizia”. La riforma, ha spiegato il ministro, entrerà in vigore “allorquando sarà già stata completata la riforma del processo penale, i cui criteri, inseriti in un disegno di legge delega che sarà presentato nel prossimo mese di febbraio, saranno ispirati ai canoni di speditezza, efficienza e snellimento per garantire la piena attuazione dell’articolo 111 della Costituzione”. Un “processo giusto” deve “avere durata ragionevole ma senza pregiudicare l’accertamento della verità e della conseguente certezza della pena”. Non vi è l’intento, ha aggiunto, “di pregiudicare la garanzia del diritto all’oblio rispetto a comportamenti risalenti nel tempo quanto piuttosto di raggiungere un risultato ambizioso”. Una “giustizia lenta, farraginosa, eccessivamente burocratizzata non è una giustizia giusta”, ha aggiunto Bonafede specificando che “occorre dunque operare una rivoluzione del concetto stesso di amministrazione della giustizia, per restituire centralità al cittadino, rendendolo protagonista dei processi di cambiamento”. 

“Riforma può produrre effetti opposti”
L’attacco più duro sulla riforma voluta dal ministero della Giustizia: “Contrariamente ad un’opinione diffusa, la percentuale più alta di prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari – scrive nella sua relazione per l’apertura dell’anno giudiziario, Margherita Cassano – Ciò non dipende dallo scarso impegno dei magistrati requirenti e giudicanti addetti a tale fase, ma dalla mancata razionale riforma, a circa novanta anni dalla sua entrata in vigore, del codice penale e dalla mancata revisione delle leggi speciali per adeguare le previsioni di reato alla mutata sensibilità sociale e contenere il numero dei reati”. La presidente della Corte d’appello fiorentina entra quindi nel merito della riforma: “Può produrre effetti opposti rispetto a quelli perseguiti”, dice nella relazione.

“Come si concilia stop con giusto processo?”
A suo avviso, può infatti “indurre una minore attenzione dei pubblici ministeri in ordine ai presupposti per il rinvio a giudizio, provocare la conseguente saturazione dei Tribunali con processi non adeguatamente istruiti, un allungamento dei tempi di definizione in primo grado, determinare un minore impegno dei magistrati nella celere definizione dei processi in appello e in Cassazione“. Ed è quindi “legittimo chiedersi – continua – se la paventata, ma inevitabile dilatazione dei tempi conseguenti alla sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado possa conciliarsi con la ragionevole durata sancita dall’art. 111 della Costituzione, con un giusto processo incentrato sul metodo dialettico nella formazione della prova, con la effettività di un diritto di difesa destinato ad esplicarsi a distanza di molti anni dal fatto”.

“Numero norme incompatibile con forze disponibili”
La “proliferazione normativa”, conclude il presidente della Corte d’Appello di Firenze, si riflette “negativamente” sul “corretto svolgimento del processo penale, sui suoi tempi, è oggettivamente incompatibile con le forze disponibili e rischia di attribuire improprie funzioni selettive all’Autorità giudiziaria”. In particolare, “nella fase del giudizio, sulla maturazione dei termini di prescrizione incide in maniera determinante la cronica e patologica mancanza del personale amministrativo”. Di conseguenza, quindi, “la pena rischia di venire espiata a distanza di molti anni dalla commissione del reato con conseguente vanificazione delle finalità retributive e di prevenzione generale e speciale, delle aspettative delle vittime dei reati, delle prospettive di reinserimento dei condannati, demotiva le forze dell’ordine impegnate nel contrasto della criminalità”.

Milano: “83% prescrizioni durante indagini”
Un’annotazione sulla prescrizione è arrivata anche dalla presidente della Corte d’appello di Milano, che nella sua relazione ha specificato come “nell’83% dei casi maturi in fase d’indagini preliminari”. La riforma, quindi, inciderebbe al massimo sul 17% dei procedimenti. Se “per ragioni mai sufficientemente indagate” i tempi di prescrizione nell’83 per cento dei casi matura già nel corso elle indagini preliminari, si legge nella relazione, “il restante 17% circa è, più o meno, equamente ripartito tra primo grado e secondo grado”. Tutto ciò con la precisazione “che in appello, a differenza che in primo grado, i processi per i reati prescritti in cui vi sia costituzione di parte civile vanno comunque fissati e celebrati per la decisione in ordine alle statuizioni civili“.

Ma Lo Voi: “Sono favorevole”
Favorevole al blocco, “quanto meno nei casi di condanna”, si è detto il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi. “Peraltro sono in buona compagnia proprio recentemente in occasione di una riunione che ha visto la partecipazione di tutti i dirigenti degli uffici del distretto non uno si è espresso in termini contrari”, ha aggiunto. “Quanto meno in questo distretto – ha concluso – siamo tutti d’accordo. Anche perché nel distretto con riferimento alla prescrizione i risultati sono abbondantemente incoraggianti come il presidente ha ricordato”.

Pg di Milano: “Da ministero non adeguata attenzione”
Non sulla prescrizione ma su risorse e attenzione da parte di via Arenula ha invece incentrato il suo intervento il procuratore generale, Roberto Alfonso, spiegando che “non appare soddisfacente, né può definirsi adeguata, l’attenzione finora posta dal ministero sulle criticità segnalate”. Nel suo discorso, il pg ha ricordato la “grave situazione” per le carenze negli organici e quindi chiesto al ministero della Giustizia di trovare “soluzioni adeguate, idonee a reperire le risorse necessarie”. È “indispensabile che il Ministero supporti adeguatamente gli uffici giudiziari riservando a essi l’attenzione che meritano, necessaria per conseguire i risultati utili a rendere il Paese più competitivo”, scrive Alfonso specificando che “le decisioni del Ministero in qualche occasione sono andate in direzione opposta rispetto alle esigenze prospettate”.

“Anticorruzione e prescrizione? Non valutabili ora”
A suo avviso, però, il giudizio sulle nuove norme anti-corruzione e sulla riforma della prescrizione va sospeso. Per quanto riguarda le operazioni sotto copertura e la non punibilità di chi collabora con l’autorità giudiziaria, a suo avviso, non possono essere ancora valutate nei loro effetti e si potrà dire “con la relazione del prossimo anno se le nuove disposizioni hanno reso più efficace il contrasto alla corruzione, fenomeno criminale sicuramente molto grave e assai diffuso”. Lo stesso discorso vale sulla riforma della prescrizione, con lo stop dopo il primo grado, dato che “entrerà in vigore l’1 gennaio 2020, perciò, circa gli effetti che essa provocherà sulla ragionevole durata del processo, non è ancora possibile alcuna riflessione”.

Il ministro: “Con me giustizia priorità del Paese”
Bonafede, da Firenze, ha parlato anche degli interventi per supplire alle carenze d’organico: “Non nascondo la mia soddisfazione per aver fatto della giustizia, finalmente, una priorità di questo Paese: si consideri che il bilancio di previsione per il 2019 nell’area giustizia, prevede un aumento rispetto all’anno precedente di oltre 324 milioni” di euro. “Grazie a questo sforzo – ha proseguito il Guardasigilli – vi annuncio con orgoglio che è prevista l’assunzione di 3000 unità di personale amministrativo e giudiziario, che troveranno poi una collocazione omogenea sul territorio ispirata ai criteri che valorizzino le peculiarità dei vari uffici giudiziari; l’assunzione di 360 magistrati già vincitori di concorso; il primo aumento della pianta organica dopo quasi vent’anni, pari a 600 magistrati nel prossimo triennio”.

Scarpinato: “Dl Sicurezza ingolferà uffici giudiziari”
A Palermo, invece, la relazione del pg Roberto Scarpinato, è stata incentrata sul decreto Sicurezza. Ricordando come “sono state approvate leggi che hanno introdotto un flusso continuo di nuove fattispecie di reato e che hanno ingolfato i tribunali, vanificando nel tempo gli scopi che si volevano conseguire”, il procuratore generale ha specificato: “Basti ricordare che con il decreto sicurezza sono state introdotte ben nove nuove figure di reato, tra cui la sanzione per l’accattonaggio che prevede l’arresto e la sanzione al parcheggiatore abusivo”. Queste norme, a suo dire, “ingolfano i carichi degli uffici giudiziari”.

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