La questione Tav diventa il tema più caldo dopo giorni di dossier, controdossier, dichiarazioni contrastanti e stilettate. Una settimana cruciale che si apre con la discussione delle mozioni delle opposizioni, pronte ad approfittare della diversità di vedute nel governo, tentando di stanarlo o comunque mettendo a nudo le contraddizioni della Lega, che da un lato spinge per la realizzazione ma dall'altra deve trovare una sintesi con il M5s
Le mozioni del Pd e di Forza Italia per aprire la settimana, con il presidente della Regione Piemonte che tira per la giacca Matteo Salvini e lo invita a votarle dopo che il ministro ha ripetuto più volte che la Torino-Lione va fatta: “Allora voti con noi – l’invito di Chiamparino – e dimostri concretamente da che parte sta”. Poi, probabilmente venerdì, la visita del leader della Lega al cantiere di Chiomonte, per ribadire quel che ha già detto in diverse occasioni: “Farò di tutto perché l’Italia si collegata con il resto del mondo”. Nel mezzo, la chiusura dell’analisi costi-benefici, forse, così da permettere al ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, di presentarla all’omologa francese, Elisabeth Borne, e alla commissaria Ue ai Trasporti, Violeta Bulc, che lo attende a Bruxelles. Il condizionale è d’obbligo, perché sul documento la commissione incaricata non sembra ancora essere arrivata ad una sintesi.
La questione Tav diventa il tema più caldo sul tavolo del governo dopo giorni di dossier, controdossier, dichiarazioni contrastanti e stilettate come quella di Stefano Buffagni. “Sui numeri, vista la sua precedente gestione dei soldi, la Lega non è affidabilissima”, così il sottosegretario, sabato, ha pungolato gli alleati sul processo per i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali. Mentre Toninelli, rispondendo a Il Giornale, è andato giù dritto: “Quelli che oggi sono ‘Sì Tav’ con lo stesso spirito critico con cui furono ‘Sì Ruby nipote di Mubarak”, ha messo nero su bianco parlando del quotidiano della famiglia Berlusconi su un voto che venne appoggiato anche dai leghisti.
Una settimana cruciale, insomma. Condita oltretutto dall’arrivo in Giunta per le autorizzazioni del Senato della richiesta di processo per Salvini sul caso Diciotti: altro argomento destinato a surriscaldare le due anime della maggioranza. E le opposizioni sono pronte ad approfittarne, tentando di stanare (improbabile) il governo o comunque mettendo a nudo le contraddizioni della Lega, che da un lato spinge per la realizzazione ma dall’altra deve trovare una sintesi con il Movimento Cinque Stelle.
L’occasione è servita dalla discussione alla Camera di tre mozioni depositate sul Tav da parte di Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il testo degli azzurri, a prima firma Claudia Porchietto, sottolinea che “nel corso di questi mesi lo scontro sociale e tra le forze politiche, anche interne alla maggioranza di governo, si è ulteriormente acuito, anche a causa del sistematico utilizzo di prassi dilatorie poste in essere con l’intento di procrastinare le decisioni” e l’ipotesi di indire un referendum, ipotizzata proprio da Salvini, tra le popolazioni interessate “sia pure benvenuta in termini di chiarezza, comporta ulteriori impegni temporali”.
Al governo, Forza Italia chiede quindi di chiarire quali iniziative intende adottare per “consentire lo sblocco delle gare per l’avvio dei lavori definitivi della” Torino-Lione e propone all’esecutivo di “rafforzare l’intervento in favore delle aree e delle popolazioni interessate dalla realizzazione dell’opera”, incrementando fino a 150 milioni di euro l’impegno a carico dello Stato per le opere compensative. Misure da coniugare a “ulteriori incentivi e defiscalizzazioni”, fino alla “possibilità di istituire una zona franca nell’area geografica interessata”.
Mentre il neo-segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ripete che di avere “dubbi” e “perplessità” sull’opera, ma di dover tenere “conto di cosa pensa la maggioranza” del sindacato che non è contraria grandi opere, nella mozione firmata dal capogruppo Graziano Delrio e sottoscritta anche da Maurizio Lupi, esponente di Noi con l’Italia, il Pd ricorda invece che “le dinamiche sull’opera” in seno al governo “hanno provocato gravi incertezze sul futuro dell’opera (…) sollevando la preoccupazione di soggetti istituzionali, economici e sociali e in un ampio movimento di opinione favorevole alla realizzazione dell’opera” sfociato nelle due manifestazioni in piazza San Carlo a Torino. “Le confuse dichiarazioni relative all’analisi costi-benefici, la cui commissione appare già in partenza fortemente orientata in una direzione ostile all’avanzamento dell’opera – sottolinea il Pd – hanno ulteriormente accresciuto le richiamate preoccupazioni”.
Delrio rimarca che “la fase di stallo rischia di avere costi economici e sociali elevatissimi per l’Italia e per la mobilità di persone e merci per l’intero continente europeo, finendo per privilegiare irrazionalmente il trasporto su gomma“. Proprio uno dei punti sul quale ha puntato il “controdossier” della Lega, che contesta il calcolo fatto sulle accise del gasolio dei tir da parte della commissione guidata dal professor Marco Ponti. E di conseguenza la mozione dem impegna il governo “a adottare le iniziative di competenza per autorizzare Telt alla pubblicazione dei bandi di gara” per la realizzazione del tunnel di base sotto il Moncenisio.
“Se Salvini vuole difendere l’ambiente spostando le merci dai tir al treno voti sì. Tutto il resto sa di manovra dilatoria per non scontentare gli alleati pentastellati, allungare il brodo e arrivare alle elezioni senza decidere”, è stato l’invito di Sergio Chiamparino alle affermazioni del ministro dell’Interno. “Quali sprechi vogliono tagliare? Solo sulla tratta nazionale ci sono state ben tre revisioni del progetto che hanno ridotto il costo da quasi 5 miliardi a 1,7 – dice il governatore del Piemonte Chiamparino – In ogni caso basta parole, servono fatti: lunedì dimostrino concretamente da che parte stanno”.