Secondo l'accusa si trattava di una cellula dell’organizzazione criminale mafiosa nigeriana di matrice cultista denominata Vikings. Agli indagati è contestata l’aggravante dell’aver commesso il reato al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso
Associazione mafiosa, traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e violenza sessuale aggravata. Queste le contestazioni a 19 ospiti del Cara di Mineo (Catania) per cui la Dda ha firmato un decreto di fermo. Secondo l’accusa si trattava di una cellula dell’organizzazione criminale mafiosa nigeriana di matrice cultista denominata Vikings. Agli indagati è contestata l’aggravante dell’aver commesso il reato al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso. Nell’operazione anche un clamoroso errore di persona: il gip, accogliendo la richiesta formulata dal difensore Dario Pastore, non ha convalidato il fermo ed ha ordinato la immediata remissione in libertà di Paulinus Chukwubuike, di 31 anni, per errore di persona. Indagato per traffico di droga e associazione mafiosa con altri nigeriani è stato scarcerato su richiesta della stessa Procura dopo la squadra mobile ha accertato che non era lui la persona da fermare, ma un altro nigeriano.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania hanno permesso di ricostruire struttura e ruoli dell’organizzazione caratterizzata dalla suddivisione sul territorio italiano in gruppi, con competenza su specifiche porzioni del territorio. In particolare la cellula operativa a Catania e provincia, con base operativa nel Cara, “imponeva la propria egemonia sul territorio, opponendosi e scontrandosi con gruppi cultisti rivali al fine di assumere e conservare il predominio nell’ambito delle comunità straniere presenti all’interno di quel centro di accoglienza, creando un forte assoggettamento omertoso“. Nel corso delle indagini sono stati intercettati dei rituali dai quali emergeva la fedeltà dei membri dell’organizzazione alla confraternita. “È mia intenzione chiudere il Cara di Mineo entro quest’anno. Più grossi sono i centri più facile è che si infiltrino i delinquenti” ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in un’intervista radiofonica a RTL. Una intenzione più volte espressa dal responsabile del Viminale che però nei mesi scorsi ha solo ridotto i posti del 20%.
Le indagini sono scattate a settembre a seguito della denuncia di un cittadino nigeriano, ospite del Cara, per aggressioni e una rapina subita a opera di suoi connazionali presenti nel centro. Secondo gli investigatori gli indagati appartenevano tutti alla cellula denominata ‘Catacata M.P. (Italy Sicily) – De Norsemen Kclub International’. Le intercettazioni hanno permesso di registrare, in diretta, un rituale caratterizzato da canti che inneggiavano all’unità della confraternita durante il quale ciascun singolo esclamava “voglio essere Norseman“. Dalle registrazioni sono emersi particolari del culto segreto, la peculiare forma di giuramento che sancisce la fedeltà all’organizzazione e la ferocia degli appartenenti al gruppo, in base alla regola del ‘Baga kills baga’, secondo cui se un Viking fa del male a un altro sodale, la reazione può essere l’omicidio.
Al vertice dell’organizzazione, sempre secondo gli investigatori, spiccava la figura di William Ihugba, alias ‘Unoma’ o ‘Oyoma’, a capo del gruppo in Italia, al quale è contestato il ruolo di promotore, e ritenuto capo supremo con potere di nomina dei capi (detti ‘executioner’) dei gruppi territoriali esistenti sul territorio nazionale. Il presunto capo attuale del gruppo operante a Catania e provincia sarebbe invece Kingrney Ewiarion, detto ‘Jogodò’ o ‘Geghedé’. Tra gli altri indagati, emerge Anthony Leonard Izedonmi, detto ‘Phyno’, punto di collegamento, secondo gli inquirenti, con le altre cellule della medesima confraternita presenti sul territorio nazionale, il quale, trasferitosi in provincia di Bergamo, è stato costantemente monitorato sino all’arresto.
Durante l’inchiesta è emerso anche un grave episodio di violenza sessuale di gruppo ai danni di una giovane donna nigeriana proprio al Cara di Mineo. Nel settembre 2018 gli aggressori hanno fatto irruzione nell’alloggio della vittima e, armati di machete, minacciandola di morte, l’hanno violentata ripetutamente. Inoltre è stato accertato un traffico di sostanze stupefacenti, in entrata e in uscita dal Cara: in questo modo, secondo quanto emerso, il centro di accoglienza si sarebbe trasformato in un importante snodo per l’approvvigionamento dei pusher nigeriani presenti nelle ‘piazze’ di spaccio di Catania, Caltagirone e Caltanissetta.
Nel corso dell’inchiesta la procura distrettuale antimafia ha potuto avvalersi, dalla fine di novembre 2018, dell’aiuto di un cittadino nigeriano ospite del Cara che ha avviato un percorso di collaborazione con la giustizia, rendendo dichiarazioni alla Dda di Catania che confermavano le risultanze investigative. L’uomo ha anche descritto il rituale del giuramento denominato ‘oath’, che prevede che l’aspirante cultista beva il sangue di un Viking – il quale si taglia un dito con un rasoio o con pezzi di ossa, – secondo il principio del ‘blood for blood’. Tre destinatari del decreto di fermo risultano al momento irreperibili e sono attivamente ricercati. I fermati sono stati portati nelle carceri di Catania – Bicocca, Siracusa, Messina e Bergamo.