Sin dal principio le indagini sull’omicidio dell’attivista e consigliera comunale di Rio de Janeiro Marielle Franco si erano indirizzate verso  la zona est della città, in quell’area geografica e criminale dove da anni si verifica un cortocircuito istituzionale, con un intreccio tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. La colpa di Marielle Franco sarebbe stata l’essersi messa di traverso rispetto a una speculazione criminale immobiliare basata sull’illecita lottizzazione dei terreni: un volume di milioni di dollari di cui avrebbero beneficiato in tanti nelle zone grigie della città. La Franco avrebbe cercato di far saltare tutto, posizione che secondo chi indaga le sarebbe costata la condanna a morte, eseguita da sicari la notte del 14 marzo 2018. Non c’entrerebbero, quindi, il suo attivismo in difesa dei diritti della comunità Lgbt e neanche la sua battaglia contro la violenza istituzionale della polizia nelle favelas.

Ciò che apre uno scenario nuovo nelle indagini è lo stretto rapporto tra i vertici del gruppo mafioso paramilitare interessati al business (ovvero i presunti responsabili dell’omicidio) e l’attuale senatore ed ex deputato dello stato di Rio, Flavio Bolsonaro, figlio del neo presidente della repubblica. Rapporto tanto stretto da spingere il quotidiano O Globo – che ha unito con un filo rosso indagini, indiscrezioni e deduzioni politiche – a definire diretto il legame tra la morte di Marielle Franco e Bolsonaro.

La notizia che ha travolto la famiglia Bolsonaro è arrivata subito dopo la diffusione dei nomi dei componenti della milizia Escritorio do crime (Studio del crimine), finiti in carcere la scorsa settimana. I principali indiziati della morte di Marielle Franco sono i vertici dell’organizzazione mafiosa paramilitare, ovvero l’ex capitano delle forze speciali dalla polizia militare (Bope) Adriano Magalhães da Nóbrega e il maggiore della polizia militare Ronald Paulo Alves Pereira. Entrambi sono stati per anni nelle grazie di Flavio Bolsonaro, che per loro aveva proposto e ottenuto dall’Assemblea legislativa di Rio de Janeiro (Alerj) riconoscimenti ufficiali per il lavoro svolto nel contrasto alla criminalità. Un’amicizia che è ora sotto la lente degli inquirenti.

Magalhães da Nobrega nel 2005 era stato insignito della medaglia Tiradentes, la più alta onorificenza dello stato di Rio de Janeiro nel 2005. Nelle motivazioni Bolsonaro scrisse “nel corso della sua carriera, ha lavorato direttamente e indirettamente in azioni che promuovono la sicurezza e la pace per la società, ricevendo numerosi riconoscimenti. Impregnato di spirito comunitario, che ha sempre guidato la sua vita professionale, opera in conformità con il suo dovere di agente della polizia militare al servizio dei cittadini”. In precedenza, nel mese di ottobre 2003, il capitano aveva avuto anche una menzione d’onore “per i numerosi servizi resi alla società“. Alves Pereira invece, nel 2004 aveva guadagnato una menzione d’onore, sempre chiesta e ottenuta da Bolsonaro, per essersi distinto nel corso di un’operazione nella favela del Complexo da Maré dove “nel confronto armato con i criminali, tre di questi sono stati uccisi”. Al momento del riconoscimento, però, Alves Pereira era già indagato come l’autore del massacro di cinque giovani all’interno di una discoteca.

Le indagini sulle condotte criminali dei due ne avevano causato l’espulsione della polizia militare. Poco dopo sarebbero diventati i vertici della milizia “Studio del crimine”. Nonostante ciò i rapporti con il deputato Bolsonaro non erano finiti. Tutt’altro. Dalle indagini è emerso infatti che la madre e la moglie dell’ex capitano del Bope Adriano Magalhães da Nóbrega, hanno lavorato nella segreteria del deputato Bolsonaro presso l’Assemblea legislativa di Rio de Janeiro (Alerj) dal novembre 2010, fino allo scorso 13 novembre 2018. Raimunda Veras Magalhães, la madre dell’ex capitano, tra l’altro, è finita anche nelle indagini che il Consiglio delle attività finanziarie (Coaf) sta svolgendo sulle attività finanziarie e i movimenti bancari sospetti di Flavio Bolsonaro e del suo autista Fabricio Queiroz, accusato di aver movimentato 7 milioni di real negli ultimi due anni.

Nei retroscena, il coinvolgimento della milizia era emerso sin dalle prime ore dopo l’omicidio di Marielle Franco. Per il potere di fuoco, per le coperture politiche, per la sostanziale impunità garantita dalla prossimità, a volte vera integrazione, tra mafiosi miliziani e le forze di polizia. Nel 2007 Marielle Franco aveva partecipato alle ricerche disposte nell’ambito di una commissione parlamentare d’inchiesta, pietra miliare per la ricostruzione del fenomeno delle milizie, organizzazione criminale peculiare della città di Rio de Janeiro particolarmente attiva nella zona est. I componenti delle milizie sono infatti poliziotti militari o civili, militari, pompieri o agenti penitenziari riformati o in servizio: questi gruppi sono nati come ‘difesa comunitaria’ dei territori dai trafficanti di droga. Per questo motivo hanno iniziato a chiedere denaro alla popolazione, passando poi a imporre il pagamento del pizzo ai commercianti e a monopolizzare tutte le attività illegali e di contrabbando nelle zone da loro controllate.

Grazie al terrore generato nelle popolazioni, a causa del loro agire contemporaneamente dentro e fuori dalla legge, le milizie hanno guadagnato nel corso del tempo un potere enorme, molto simile a quello delle organizzazioni mafiose italiane anche per la capacità di controllo del territorio e di infiltrazione nell’imprenditoria. E sarebbe proprio in questo ambito che l’opposizione di Marielle Franco avrebbe, secondo le indagini, spinto le milizie a intervenire eliminando la consigliera. Lo scorso novembre la procura di Rio aveva avviato una serie di controlli sul fenomeno della speculazione criminale immobiliare basata sull’illecita lottizzazione dei terreni: la “grilagem de terras”. Il fenomeno consiste nell’accaparramento di terreni tramite la falsificazione di documenti e l’occupazione illegale di terreni vacanti o di terzi, per essere poi divisi e venduti. Nel corso degli ultimi mesi prima di essere uccisa, Marielle Franco si era opposta a una serie di operazioni nella quale erano coinvolti anche altri due consiglieri comunali della zona est della città. Ed è a partire dalle indagine su di loro che è arrivata poi la svolta con l’arresto dei vertici dell’Escritorio do crime. Il coinvolgimento di Flavio Bolsonaro nella complessa vicenda politico giudiziaria ha fatto storcere il naso a molti. In particolare i militari, il cui peso nel governo di Jair Bolsonaro è notevole, hanno chiesto al presidente di posizionarsi in maniera critica nei confronti del figlio, tanto che l’ex capitano ha dichiarato “Se ha sbagliato deve pagare”.

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