Il reddito di cittadinanza non deve essere richiesto nei centri per l’impiego, ma su un sito dedicato oppure direttamente alle Poste. Così è stabilito nel decretone, il testo che introduce reddito e quota 100 per la pensione pubblicato lunedì in Gazzetta Ufficiale. Un modulo per compilare le domande però ancora non esiste. Luigi Di Maio ha annunciato, entro la prossima settimana, l’arrivo di un sito internet che spiegherà intanto quali e quanti documenti serviranno. A predisporre il modulo sarà l’Inps che ha anche il compito di verificare l’effettivo possesso dei requisiti indicati nell’articolo 1 del decreto. Se il richiedente ha le carte in regole, deve poi tornare alle Poste per avere la Carta con caricato il beneficio che gli spetta, da spendere tutto ogni mese. Solo a questo punto entrano in gioco i centri per l’impiego: il beneficiario deve prima fare una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, poi stipulare un Patto per il lavoro o per l’inclusione sociale. Da questi ultimi derivano una serie di obblighi, tra cui ad esempio quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue. Per chi non li rispetta, sono previste sanzioni che vanno dalla decurtazione di una mensilità fino alla decadenza del beneficio.
La platea dei beneficiari – Il reddito è riconosciuto a chi ha la cittadinanza italiana o di un Paese Ue, oppure ha un permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Inoltre deve essere residente in Italia da almeno 10 anni. Il nucleo familiare deve avere inoltre un Isee inferiore a 9.360 euro. Il patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non deve superare i 30mila euro. Per quanto riguarda il valore del patrimonio mobiliare, deve essere invece inferiore alla soglia di 6mila euro, che sale di 2mila per ogni componente fino ad un massimo di 10mila euro, incrementato di ulteriori mille euro per ogni figlio successivo al secondo. I massimali sono ulteriormente incrementati di 5mila euro per ogni componente con disabilità. Il reddito familiare, infine, non deve superare i 6mila euro annui moltiplicati per la scala di equivalenza, quindi fino ad un massimo di 12600 euro. Soglia incrementata a 7.560 euro per la pensione di cittadinanza e a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in case in locazione. Inoltre, con riferimento ai beni durevoli, nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario di auto immatricolate la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di auto di cilindrata superiore a 1.600 cc o moto di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolate la prima volta nei due anni antecedenti. Nessun componente, infine, deve essere intestatario di navi e imbarcazioni da diporto.
Non hanno diritto al Rdc, invece, i nuclei familiari che hanno tra i componenti un soggetto disoccupato che si è licenziato volontariamente nei dodici mesi precedenti, fatte salve le dimissioni per giusta causa. Inoltre, i coniugi separati e divorziati restano nello stesso nucleo familiare se continuano a risiedere nella stessa abitazione. Così come il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa ancora parte del nucleo familiare dei genitori se è di età inferiore a 26 anni, è a loro carico a fini IRPEF, non è coniugato e non ha figli.
La richiesta – Il Rdc può essere richiesto, dopo il quinto giorno di ciascun mese, alle Poste, in modalità telematica oppure ai Caf, centri di assistenza fiscale, quando avranno stipulato un accordo con l’Inps. Le informazioni contenute nella domanda vengono poi comunicate all’Inps entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta. Un modulo di domanda del reddito e un modello di comunicazione dei redditi ancora non esistono, ma verranno predisposti dall’Inps entro fine febbraio. Così come il ministero del Lavoro è incaricato di individuare possibili modalità di presentazione della richiesta del Rdc anche contestualmente alla presentazione della Dichiarazione sostitutiva unica a fini ISEE e in forma integrata.
Il riconoscimento – Il Rdc è riconosciuto dall’Inps. Ai fini del riconoscimento del beneficio, l’istituto verifica, entro cinque giorni lavorativi dalla data di comunicazione, il possesso dei requisiti sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate. In ogni caso, il riconoscimento da parte dell’Inps avviene entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda all’istituto. Resta invece un compito dei comuni la verifica dei requisiti di residenza e di soggiorno.
L’erogazione e la Carta – Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc che verrà emessa dalle Poste. Oltre al soddisfacimento delle esigenze previste già nella carta acquisti, la Carta Rdc permette di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile di 100 euro, moltiplicato per la scala di equivalenza. Ma anche di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di affitto o dell’intermediario che ha concesso il mutuo. In ogni caso, è vietato utilizzare il beneficio per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità. I movimenti sulla Carta Rdc sono messe a disposizione delle piattaforme digitali. La consegna della Carta Rdc negli uffici delle Poste avviene esclusivamente dopo il quinto giorno di ciascun mese.
L’obbligo di spendere – Il beneficio viene liquidato sulla Carta entro il mese successivo a quello di erogazione. L’ammontare non speso o non prelevato, ad eccezione di arretrati, viene sottratto, fino a un massimo del 20%, nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso. Inoltre, viene effettuata una verifica in ciascun semestre di erogazione, al termine del quale viene comunque decurtato dalla disponibilità della Carta Rdc tutto quanto complessivamente non speso nel semestre, fatta eccezione per una mensilità di beneficio riconosciuto.
La dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro – L’erogazione del beneficio è condizionata alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni che non sono esclusi da tale obbligo. Da questa consegue l’adesione a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale o di completamento degli studi. La dichiarazione va fatta tramite la piattaforma digitale dedicata, negli istituti di patronato convenzionati o nei centri per l’impiego, entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio.
Il Patto per il lavoro – Entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio, il beneficiario è convocato dai centri per l’impiego e, qualora non lo abbia già fatto, deve rendere la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro. Stipulerà con il centro un Patto per il lavoro, nel caso in cui appartenga a un nucleo familiare in cui vi sia almeno un componente, tra quelli tenuti agli obblighi, in possesso di almeno uno di questi requisiti: assenza di occupazione da non più di due anni, età inferiore a 26 anni, essere beneficiario della Naspi ovvero di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria o averne terminato la fruizione da non più di un anno, aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego.
Il Patto per il lavoro prevede l’obbligo di registrarsi sull’apposita piattaforma digitale, da consultare quotidianamente. Inoltre il beneficiario deve svolgere ricerca attiva del lavoro, compresi corsi di formazione e riqualificazione professionale o per favorire l’imprenditorialità. E deve anche sostenere colloqui e prove finalizzate all’assunzione. Infine, vi è l’obbligo di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue. Nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio, la prima offerta è congrua se entro 100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici. I chilometri diventano 250 per la seconda offerta, mentre la terza può essere collocata ovunque nel territorio italiano. Passati dodici mesi, è congrua un’offerta entro 250 chilometri di distanza dalla residenza nel caso si tratti di prima o seconda offerta, ovunque nel territorio italiano se si tratta di terza offerta.
Il Patto per l’inclusione sociale – Il richiedente che non soddisfa le condizioni per stipulare il Patto per il lavoro, entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio, è convocato dai servizi competenti per il contrasto alla povertà dei comuni. Nel caso in cui, dopo una valutazione preliminare, i bisogni del nucleo familiare riguardino solo la situazione lavorativa, i servizi competenti sono comunque individuati nei centri per l’impiego e i beneficiari sottoscrivono il Patto per il lavoro, entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui il bisogno sia complesso e multidimensionale, i beneficiari sottoscrivono un Patto per l’inclusione sociale e i servizi si coordinano in maniera da fornire risposte unitarie nel Patto, con il coinvolgimento, oltre ai centri per l’impiego e ai servizi sociali, di altri servizi territoriali. Nel Patto sono inclusi, se ritenuti opportuni, gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà già previsti dalla norma sul Reddito d’inclusione.
Le piattaforme digitali – Per attivare e la gestire i Patti per il lavoro e per l’inclusione sociale, ma anche per finalità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo del Rdc, il decreto istituisce due piattaforme digitali dedicate, una presso l’Anpal servizi e l’altra presso il ministero del Lavoro, per il coordinamento dei comuni. Le piattaforme sono pensate come strumenti di condivisione delle informazioni sia tra le amministrazioni centrali e i servizi territoriali sia, nell’ambito dei servizi territoriali, tra i centri per l’impiego e i servizi sociali.
Le sanzioni – Chiunque rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio è punita invece con il carcere da uno a tre anni. Alla condanna in via definitiva per questi reati o per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, consegue l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva: il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito e potrà richiedere il reddito solamente passati dieci anni dalla condanna. Quando viene accertata la falsità delle dichiarazioni e delle informazioni, viene comunque disposta l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva.
Il beneficio decade, inoltre, quando uno dei componenti del nucleo familiare, come detto, non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, non sottoscrive il Patto per il lavoro o per l’inclusione sociale. Inoltre, viene punito con la decadenza del reddito anche chi non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, chi non aderisce ai progetti nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti, chi non accetta almeno una di tre offerte congrue, chi non effettua le comunicazioni di variazione della condizione occupazionale, chi non presenta una Dsu aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare e chi venga trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle autorità competenti, a svolgere un altro lavoro.
Inoltre sono previste altre sanzioni per chi non si presenta, senza una giustificazione, alle convocazioni nell’ambito del Patto. Alla prima assenza viene decurtata una mensilità di reddito, alla seconda diventano due. Mentre alla terza assenza non giustificata il beneficio decade definitivamente. Meccanismo simile anche per quanto riguarda le iniziative per la ricerca attiva del lavoro: alla prima assenza vengono decurtate due mensilità. In caso di ulteriore assenza, è prevista la decadenza della prestazione. Inoltre, se un minorenne non rispetta gli impegni previsti nel Patto per l’inclusione sociale, quindi la frequenza dei corsi di istruzione o di formazione, si applicano ulteriori sanzioni, che vanno sempre dalla decurtazioni delle mensilità fino alla decadenza del beneficio. L’irrogazione delle sanzioni è effettuata dall’Inps che dispone anche la disattivazione della Carta Rdc. Il reddito può essere richiesto nuovamente solo passati 18 mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza. Il periodo viene accorciato a 6 mesi nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilità.