Ci potrebbe essere un bug nella riforma Orlando che ha anche modificato alcuni aspetti dell’accesso ai riti alternativi – giudizio immediato, giudizio abbreviato e patteggiamento – e da ieri un’ordinanza della III sezione della Corte d’Assise di Napoli fa giurisprudenza, risolve l’incertezza, incoraggia l’uso del giudizio abbreviato e dà ragione alla tesi di due avvocati, Giovanni Annunziata e Carlo Ercolino.
Sono i difensori di Pietro Polverino e Ciro Barretta, imputati di omicidio e camorra in un processo che deve ancora iniziare. Sono stati rinviati a giudizio con rito immediato, su richiesta però del pm. Può avvenire quando la Procura è convinta che ci sia l’evidenza della prova: in quel caso chiede di ‘saltare’ il filtro dell’udienza preliminare e se il Gip è d’accordo firma il decreto di giudizio immediato senza convocare le parti in contraddittorio. In questi casi gli imputati hanno facoltà, entro 15 giorni, di chiedere di essere processati con il rito abbreviato o di patteggiare. Passaggi delicati, fondamentali per la strategia difensiva: il rito abbreviato si celebra a porte chiuse, solo sui documenti raccolti durante le indagini, e in caso di condanna prevede lo sconto di un terzo della pena.
Gli avvocati Annunziata – che le cronache giudiziarie ricordano come difensore del maggiore dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto nell’inchiesta Consip – ed Ercolino hanno presentato nell’interesse dei loro assistiti una richiesta di rito abbreviato condizionato all’acquisizione di una cartella clinica, un articolo di giornale e una perizia medico-legale sulle condizioni di salute di un imputato al momento del fatto. Il Gip l’ha rigettata. Ed in seguito ha rigettato anche l’istanza di giudizio al rito abbreviato semplice, ritenendo scaduti i termini nel corso della presentazione della prima domanda. Un rigetto dipeso da una interpretazione restrittiva di una parte della riforma Orlando – che è andata a toccare un comma dell’articolo 438 del codice di procedura penale sul giudizio abbreviato – che gli avvocati hanno contestato, riproponendo la questione in prima udienza di Corte d’Assise. I giudici l’hanno accolta, rimandando gli atti all’ufficio del Gip.