Sono un cinefilo a tutti gli effetti, metteteci anche l’effetto notte, e quindi mi accingo a dire la mia sul cinema italiano attuale. Non faccio distinzioni tra cinema industriale e cinema di poesia,
anche un film industriale può essere contaminato da schegge di poesia, allo stesso modo un film dichiaratamente poetico può essere mancante di poesia. La poesia è imprevedibile, spira
dove vuole come il vento. Diciamo che c’è una categoria ben precisa che chiameremo cinema d’autore. Facciamo una panoramica veloce sugli autori: Giuseppe Tornatore, grande quando gira film a basso budget, piccolo quando gira film magniloquenti, così era anche Bernardo Bertolucci, questo è il mio personalissimo parere. Nanni Moretti, dovrebbe avere l’umiltà di girare un western, invece gira sempre su stesso come un trottola, solo Federico Fellini poteva permetterselo.
Marco Bellocchio, è dai tempi dei Pugni in tasca che non fa più un film sconvolgente, ed era il suo primo film. Paolo Sorrentino, tanti movimenti di macchina adolescenziali, La Grande Bellezza era La Dolce Vita del discount. Matteo Garrone, sempre a un passo dal girare un capolavoro, gli manca la naturalezza, ed è il suo peccato mortale. Gianni Amelio, il suo capolavoro è Il ladro di bambini, non ha fatto più niente degno di nota. Mario Martone, bravo e bravissimo, ma non mi convince del tutto: troppo intellettuale, e l’intelletto è gelido. Luca Guadagnino, estetismo raffinato, ma senza una vera sostanza cinematografica, non c’è densità, spessore, non arriva mai a essere intenso, “amaro”, con le sue immagini che ti lasciano sempre con lo zucchero negli occhi.
Dario Argento, è da decenni che non fa nulla di buono, praticamente è morto come regista, un morto vivente, è diventato uno zombie, ma fa sempre tenerezza vedere un grande talento senza più ispirazione, quindi gli vogliamo bene. Chi altri? Salvatore Mereu, il migliore secondo me degli autori della sua generazione, un sardo, con i suoi Ballo a tre passi e Bellas mariposas ha sfiorato la leggerezza di un Truffaut, non è poco. Non vedo altri autori significativi tra i viventi, ma ne dimentico certamente qualcuno, questo non vuole essere un elenco esaustivo ma impressionistico. Sorvolo su Silvano Agosti perché è un amico e non sarei obiettivo, ma è sicuramente un poeta.
Poi c’è la categoria del cinema industriale, il cinema che ha in mente il denaro e si nutre della mediocrità culturale del pubblico, quindi una valanga di commediole di infimo livello, buone
giusto per strappare una risata, spazzatura professionale. Comici che farebbero meglio a restare in tv, simpatici ragazzi che su YouTube funzionano con le loro pillole, ma sul grande schermo
fanno pietà. Non c’è coraggio e quando manca il coraggio non c’è arte, non dimentichiamolo mai: il cinema è un’arte.
L’ultimo film che mi ha emozionato è Un affare di famiglia, ed è il film di un giapponese. Ah, se i registi italiani avessero gli occhi a mandorla! Invece hanno perso uno sguardo vero, semplice, onesto, come ero lo sguardo di Roberto Rossellini. Forse il problema dei problemi è che la realtà non esiste più, è diventata un fantasma, e anche i registi sono diventati fantasmi di se stessi. Non è nemmeno una colpa, è solo una sconfitta.
Restano i documentaristi, in loro c’è ancora un’aderenza alla vita, ma anche loro vogliono fare gli autori, invece il mondo ha bisogno solo di uno specchio puro e cristallino, meno idee ci sono
e più vita riesci a cogliere, anche solo in un frammento. Sono troppo drastico? Non lo so, queste sono le mie sensazioni. Il più grande regista vivente per me è Ricky Farina, si nasconde in un piccolo canale YouTube, dona la sua vita, esce di casa e filma quello che vede, ha una purezza di sguardo che fa venire i brividi, racconta le persone, racconta i luoghi, non fa cinema, fa qualcosa di più: disinnesca l’apparente banalità del quotidiano e tira fuori perle visive dalla superficie che diventa magicamente abisso, nulla è profondo come la pelle.
Non ha un produttore, questo è il suo segreto, i suoi unici “finanziatori” sono Dio e la mamma. Ecco, Ricky Farina sono io, ma è solo un caso, ve lo assicuro, una semplice casualità. Un’ultima cosa, lo sapevate che Christian De Sica è imparentato con l’assassino di Lev Trcokij? Questo significa che la Rivoluzione Russa del 1917 e Vacanze di Natale hanno qualcosa in comune… Dio mio! La vita è meravigliosa, e anche il cinema!