Avevano colpito almeno 40 volte in quattro mesi a Como e nei paesi vicini. Rapine, estorsioni, furti, ricettazioni. Una vera e propria baby-gang, composta da una ventina di persone, alcune minori di 14 anni e quindi non imputabili. Così in 17 sono finiti indagati dalla Procura per i minorenni di Milano che ha chiesto e ottenuto misure cautelari per tutti: in 5 sono finiti in carcere, 7 sono stati affidati a una comunità e altri sette sono obbligati alla permanenza in casa. Hanno tutti tra i 14 e i 17 anni.
Le indagini – svolte dalla polizia e dai carabinieri – sono riuscite a ricostruire almeno 40 episodi tra luglio e ottobre scorsi e vedono coinvolti, in alcuni casi, minori già raggiunti da precedenti misure cautelari per altri reati. Per il procuratore della Repubblica, Ciro Cascone, “l’elemento di connessione tra tutti gli episodi criminosi considerati è rappresentato dalla circostanza che gli
indagati hanno dato vita ad un vero e proprio fenomeno di micro-criminalità diffuso ormai da qualche mese nel territorio del Comasco”, con una “pericolosa escalation nella gravità delle condotte antisociali, alimentata dal diffuso senso di impunità”. La baby-gang, stando a quanto ricostruito dall’accusa, si era via via ingrossata, coinvolgendo sempre più ragazzi, “talvolta anche infraquattordicenni”, attratti “dalla prospettiva di conquistarsi un “prestigio sociale” nei confronti dei coetanei, oltre che un ruolo di supremazia nel gruppo” dei coetanei.
“Si tratta sostanzialmente – continua Cascone – di una degenerazione degli schemi di aggregazione tipici dell’età evolutiva, caratterizzata da un codice di appartenenza che consiste nell’assumere comportamenti antisociali, distruttivi verso le cose, deturpanti verso l’ambiente, umilianti e prevaricanti verso le persone, specialmente quelle più deboli, oppositivi ed insofferenti nei confronti” delle forze dell’ordine. I minori coinvolti – accusati a vario titolo di furto aggravato, rapina, estorsione, resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione e lesioni – provengono “per lo più da contesti familiari problematici, caratterizzati dall’assenza di validi ed adeguati modelli educativi di riferimento, con un percorso evolutivo contrassegnato da disinvestimento scolastico e condotta irregolare”, conclude Cascone.