Nel Rapporto sulla politica di bilancio 2019 l'organismo indipendente sottolinea che alle clausole di salvaguardia è "interamente affidato" il raggiungimento degli obiettivi di deficit/pil. Ma trovare coperture alternative non sarà facile a meno di non intervenire sulle tax expenditure, cioè detrazioni e deduzioni
Appare “perlomeno di realizzazione complessa” l’obiettivo di disinnescare le clausole di salvaguardia da 23 miliardi nel 2020 e 29 miliardi nel 2021 inserite in legge di Bilancio, alle quali è “interamente affidato il raggiungimento del rapporto deficit/pil programmatico”. A metterlo nero su bianco è l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’organismo indipendente che ha il compito di verificare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del governo. Nel Rapporto sulla politica di bilancio 2019 l’Upb sottolinea che per evitare gli aumenti Iva si rischia di dover tagliare la spesa sanitaria.
Infatti, nota il dossier, “gli interventi di riduzione della spesa non dovrebbero verosimilmente interessare, se non in maniera limitata, le voci concernenti gli investimenti, che si vogliono potenziare; quelle riguardanti le prestazioni sociali, che si aumentano tramite la manovra attuale; i redditi da lavoro che verranno incrementati dai rinnovi contrattuali. Tenuto conto di tali esclusioni, la spesa residua aggredibile, rappresentata in buona parte dalla spesa sanitaria, sarebbe oggetto di riduzioni consistenti. Un ambito di intervento potrebbe riguardare – come sostenuto da anni – le cosiddette tax expenditure, anche se la legge di bilancio ne proroga alcune”.
Per quanto riguarda il 2019, “il quadro di finanza pubblica presenta caratteri di transitorietà, per una serie di interventi una tantum sulle entrate e temporanei sulle uscite, e soprattutto – come testimoniato dall’accantonamento di 2 miliardi a garanzia della tenuta del saldo – di incertezza, in particolare riguardo al disegno effettivo e alla realizzabilità delle misure, ad esempio per quanto riguarda il programma aggiuntivo di dismissioni immobiliari. Le variazioni introdotte nell’iter parlamentare hanno inoltre modificato la qualità della manovra, determinando un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa in conto capitale. Nel 2019 secondo la versione iniziale della manovra tale spesa veniva aumentata di circa 1,8 miliardi rispetto agli andamenti tendenziali, mentre nella versione definitiva viene ridotta di 2 miliardi“.
Dal lato delle coperture finanziarie” della manovra “poco più del 50 per cento derivano da maggiori entrate, all’interno delle quali sono previsti, tra l’altro, aumenti di gettito provenienti dalle imprese, soprattutto bancarie, e sui premi assicurativi, l’abrogazione dell’imposta sul reddito imprenditoriale (IRI) il cui avvio era previsto nel 2019 e delle deduzioni per l’aiuto alla crescita economica (ACE), nonché l’aumento della tassazione su giochi e tabacchi“. Per il biennio 2020-21, “ai maggiori effetti di molti degli interventi di incremento delle spese – in particolare per quelle in conto capitale – si sommano l’insieme di impatti crescenti e proroghe di misure già previste nel 2019 con ulteriori misure concernenti le agevolazioni fiscali”, si legge nel rapporto. E “per quanto riguarda il reperimento delle risorse di copertura, aumenta l’incidenza delle maggiori entrate rispetto al 2019, in particolare a causa dell’aumentato impatto delle clausole di salvaguardia e degli introiti, crescenti nel tempo, conseguenti alle misure per il contrasto all’evasione e ai condoni contenuti nel DL 119/2018. Data la manovra, il conseguimento dei nuovi obiettivi programmatici di finanza pubblica è esposto a una serie di elementi di criticità”.